GRAND
TOUR, OGGI COME IERI:
UN TESTO
GUIDA PER UN GIUOCO TEATRALE
di
Alberto Macchi
“Ogni uomo civile ha
due patrie:
la sua propria
naturale e l’Italia, madre delle Arti e delle Scienze, alla quale tanto deve
tutta la cultura europea”.
(Bronisław
Biliński, La motivazione di una dedica, [in:] ‘Strenna dei Romanisti’, Ed Roma
Amor 1980, Roma 1996, pagg. 59-73)
Questo mio testo nel prossimo
futuro, per qualcuno, potrebbe costituire un suggerimento per un nuovo giuoco:
divertirsi, istruirsi, vincere lo stress, dare un senso in più alla vita,
capire come eravamo, capire come dovremmo essere, stare bene insieme, imparare
ad amare ... l’arte, ... il teatro, ... la storia, ... la natura. Amare ...
Un tale giuoco, infatti, vuol rappresentare
un viaggio tra reale e ideale, a braccetto con alcuni personaggi del passato,
nei luoghi da loro visitati due-tre-quattrocento anni fa, con l’ausilio dei
testi teatrali allegati nelle note. Ma più specificatamente, questa guida, questo
vademecum, è un esempio generico, utile a chi volesse costruirsi un itinerario in
cui poter ripercorrere e rivivere almeno una 'giornata tipo' dei viaggiatori
del Grand Tour, ovvero dei monarchi, dei loro pupilli, dei nobili, degli
artisti, solitamente tutti collezionisti d’arte e studiosi, che dal Seicento
all’Ottocento sono approdati in Italia, provenienti da ogni parte d’Europa e
anche da altri paesi del mondo.
Se ci si attiene a questo
manuale, si possono sperimentare le stesse atmosfere nelle locande e taverne,
rimaste simili a quelle dei secoli del Barocco, dell’Illuminismo, del
Romanticismo, visitare quegli stessi luoghi, spesso rimasti intatti, assaporare
le stesse vivande di allora, Quindi per un giorno ci si può identificare con Re
Gustavo III di Svezia, con lo scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe, oppure
con la pittrice svizzera Angelica Kauffmann, con il Principe polacco Michał
Jerzy Poniatowski, con l’Ambasciatore inglese Sir William Hamilton, con la
pittrice francese Elisabeth Vigeé-Lebrun, con lo scultore islandese Betel
Thorvaldsen, con il pittore austriaco Anton von Maron, con il pittore olandese
Henrik Voogd, con l’Ambasciatore degli Stati Uniti d’America Thomas Jefferson,
con l’Abate spagnolo Juan Andrès o anche – perché no? – con il Re del
Portogallo. La vita senza l’immaginazione, senza il sogno, senza la fantasia,
si ridurrebbe sostanzialmente a lotta per la sopravvivenza!
Tutti viaggiatori del Grand
Tour che, attraverso i valichi delle Alpi o attraverso il Porto di Genova, sono
giunti in Italia dopo aver affrontato interminabili ed estenuanti viaggi con
carrozze ancora sprovviste di sospensioni, lungo strade sterrate e sassose e/o
con lenti battelli in balia delle tempeste, al fine di poter ammirare l’Italia
in generale, Pompei ed Ercolano in particolare, le due città appena venute alla
luce, quindi l'antichità greco-romana e, approfittando dell’occasione, per
visitare, lungo il percorso, dove possibile, alcune delle città europee e
italiane note al mondo, come Paris, Genève, Wien, München, Venezia, Genova,
Torino, Firenze, Roma “Caput Mundi” con la Città del Vaticano, Napoli, Palermo
e poi i vulcani, le coste, le isole, la vegetazione e le bellezze naturali in
genere; per degustare le diverse cucine con i vini regionali, nelle taverne e
durante i pic-nic nei parchi sempreverdi o nelle assolate campagne, per
ammirare i monumenti antichi, le vestigia romane, le necropoli etrusche, le
rovine italiche, oltre alle innumerevoli opere dei più grandi artisti,
letterati e scienziati d’ogni epoca, sparse su tutto il territorio del “Bel
Paese”, per assistere agli spettacoli folcloristici nelle piazze, per
partecipare ai banchetti e alle danze fra le delizie dei giardini nelle ville o
allo splendore dei palazzi nobiliari, per frequentare i salotti più rinomati,
le accademie più prestigiose, popolate da letterati, da poeti improvvisatori,
da scienziati, da musicisti illustri; le botteghe dei pittori, degli scultori e
degli architetti più famosi; per visitare i luoghi più pittoreschi, come la
campagna romana con le sue immense distese di paludi o gli esplosivi vulcani,
per godere delle più svariate rappresentazioni negli eleganti teatri, regno dei
comici della “Commedia dell’Arte” più rinomati, ma soprattutto per assistere ai
concerti dei maestri più insigni, ai balletti dei più raffinati danzatori o
dove ascoltare i cantori e le cantatrici del “Bel Canto” italiano, ormai
diffuso e apprezzato in ogni dove.
Come si viaggiava nel
Settecento? Nel passato, in genere, i viaggiatori dovevano affrontare il
problema dello stato disastrato delle strade, del pericolo dei ladri, delle
carrozze che frequentemente si danneggiavano, delle imbarcazioni precarie,
delle inclemenze del clima, con i problemi della lingua, della moneta, delle
dogane e delle quarantene nei vari stati e staterelli che incontravano durante
il percorso. C’era il problema della velocità: (di media si percorrevano 80 km
al giorno), dei cambi dei cavalli, dei costi (quindi viaggiare era una
possibilità riservata a pochi: ai nobili come Poniatowski, e ai ricchi
commercianti come Fugger, agli artisti e ai letterati come Dürer o Mozart, di
soito inviati in Italia per studio e per ricerca.
Poteva, comunque, succedere
che intraprendessero viaggi anche persone comuni, come i pellegrini animati
dalla Fede. Questi, però, per raggiungere la Basilica di San Pietro a Roma e i
diversi santuari, disseminati qua e là in Italia, spesso procedevano ancora con
più scarsi mezzi, se non addirittura a piedi), prevalentemente ripercorrendo
l’antica “Via Francigena”. Quello che i ‘grandtouristi’ essenzialmente
cercavano in Italia era l'antichità greca-romana; per cui costoro quasi
ignoravano Giotto, Raffaello, Michelangelo, Leonardo, Caravaggio, Bernini e
tutta l’arte rinascimentale o barocca, come anche non s’interessavano alla
situazione politica dei vari stati italiani. Alcuni, poi, non visitavano
neanche la Basilica di San Pietro.
Il periodo preferito di
soggiorno in Italia era quello compreso tra dicembre e giugno in modo da poter
vivere il Natale (con le sue usanze), il Carnevale (con le sue maschere), la
Pasqua (con le sue cerimonie) e la Festa di San Pietro (con i suoi fuochi
d'artificio a Castel Sant'Angelo). Johannes Wolfgang Goethe, proveniente dalla
Germania, nella seconda metà del Settecento, annotava sul suo diario durante il
primo viaggio, pressappoco questo pensiero:
Conosci il paese dove fioriscono i limoni, dove tra verdi foglie
splendono arance d'oro, dove un vento soave spira dall’azzurro cielo, dove
tranquillo è il mirto e sereno è l'alloro? Lo conosci abbastanza tu? Ebbene,
laggiù, laggiù, io vorrei, o mio amato, con te andar!
Poi, però, durante il secondo
viaggio, riportava ancora nel suo diario, qualcosa come:
L'Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere nelle strade,
ancora truffe al forestiero. La si presenti come si vuole, ma l’onestà tedesca
qui la cercherai ovunque invano. C'è vita e animazione qui, ma non di certo
ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, e quindi, ognuno dell'altro diffida.
E anche i capi dello stato pensano soltanto per sé. Bello è il paese! Ma
Faustina, ahimè, più non ritrovo. Non è più questa l'Italia che lasciai con
dolore.
Charles Dickens, invece,
appena giunto in Italia dalla Gran Bretagna, nella prima metà dell'Ottocento,
faceva all'incirca, questa considerazione:
La vita per le strade non è pittoresca e sorprendente neanche la
metà di quanto i nostri sapientoni giramondo vorrebbero farci credere.
Ma poi, ripartendo, affermava
qualcosa come:
Ci separiamo da questa Italia di miserie e di contraddizioni, con
tutto il nostro affetto: ancora affascinati dalle bellezze naturali e
artificiali di cui abbonda fino a traboccarne e inteneriti dalla sua gente
disponibile per indole, dal suo popolo paziente e mite. [...] L’Italia ci
imprime nella mente la convinzione che la Ruota del Tempo gira per uno scopo
ben preciso: affinché gli esseri umani migliorino sostanzialmente di giorno in
giorno, divenendo così sempre più rispettosi, più tolleranti, accrescendo,
peraltro, a mano a mano che questa ruota gira, la speranza nel futuro.
Ecco ora i primi tre giuochi:
PROGRAMMA GRAND TOUR N. 1:
TIVOLI (*) / VILLA GREGORIANA / TEMPIO DELLA SIBILLA
Escursione "nello spazio
e nel tempo" nell’arco di un giorno:
Ore 10,00 / partenza in treno
per Tivoli, dalla Stazione “Termini” di Roma.
Ore 11,30 / ingresso a Villa
Gregoriana. I° percorso, discesa a in fondo alla valle.
Ore 13,30 / picnic e relax tra
la rigogliosa vegetazione, tra grotte, cascate, e laghetti.
Ore 14,00 / lettura Rime degli
Arcadici e performance teatrale in costume. Commenti.
Ore 14,30 / 2° percorso,
risalita della valle, uscita da Villa Gregoriana.
Ore 17,30 / visita Tempio
della Sibilla, della locanda settecentesca, del borgo antico.
Ore 18, 30 / partenza in treno
per Roma dalla Stazione di Tivoli.
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(*) Tivoli, da Tiburto, esule
greco approdato nel Lazio, fondatore della città, con le Ville Adriana, d’Este
e Gregoriana, con le Cascate dell’Aniene, nome questo derivato dal Re Etrusco
Anio, la Valle dell’Inferno con gli alberi tartarizzati dalle acque albule e il
Tempio di Vesta (nel Settecento creduto il Tempio della Sibilla), nei cui
pressi è ancora oggi attiva la taverna della Sibilla, dove si possono ancora,
come allora, gustare le “sagne”, con il “vino amabile” e l’”uva pizzutella”,
prodotti caratteristici di questo territorio.
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PROGRAMMA GRAND TOUR N. 2:
ROMA (*) / PARCO DELLA CAFFARELLA / FONTE DI EGERIA
Escursione "nello spazio
e nel tempo" nell’arco di un giorno
Ore 10,00 / incontro alla
fermata della Metro A “Colli Albani”.
Ore 10,30 / ingresso al Parco
della Caffarella. 1° percorso, a piedi alla Fonte Egeria.
Ore 13,30 / picnic e relax tra
la rigogliosa vegetazione, tra grotte e torrenti.
Ore 14,00 / lettura Versi di
G. Briccio e G. Belli e performance teatrale. Commenti.
Ore 14,30 / 2° percorso,
attraverso il Boschetto Sacro, in direzione Appia antica.
Ore 17,30 / visita Tomba di
Cecilia Metella e Scavi Archeologici di Capo di Bove.
Ore 18, 30 / saluti al
capolinea del bus diretto alla fermata Metro A “Colli Albani”.
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(*) Roma,
da Romolo, la Città Eterna, nel Settecento, durante il Grand Tour, ha visto
arrivare viaggiatori da ogni parte d’Europa e il Parco della Caffarella con il
Ninfeo di Egeria, a quei tempi, uno dei siti più visitati in assoluto, anche
se, per un calcolo di distanza dalle Mura Aureliane, confuse con quelle
Repubblicane, questa territorio silvestre era stato erroneamente scambiato per
il Bosco delle Camene governato dalla Ninfa Egeria, mentre invece nella realtà
questo sorgeva un miglio e mezzo indietro, ossia tra Terme di Caracalla, Monte
Celio, Circo Massimo e inizio della Via Appia. Luogo da visitare: gallerie
sotterranee di tufo leonino e di pozzolana, materiale con cui è stata eretta
Roma.
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PROGRAMMA GRAND TOUR N. 3:
ROMA (*) / GROTTE DI TOR CERVARA E CARNEVALE DEGLI ARTISTI A ROMA
Escursione "nello spazio
e nel tempo" nell’arco di un giorno
Ore 10,00 / incontro alla
fermata della Metro B “Stazione Termini”.
Ore 11,00 / uscita stazione
“Rebibbia” continuare a piedi per circa 1 Km e mezzo fino alle Cave.
Ore 10,10 / ingresso al “Parco
delle Grotte di Tor Cervara” 1° percorso, al laghetto.
Ore 13,30 / picnic e relax tra
la rigogliosa vegetazione, tra le Grotte e il Fiume Aniene.
Ore 14,00 / lettura Versi di poeti
tedeschi del XVIII e XIX secolo e performance teatrale.
Ore 16,00 / visita al “Casale
di Tor Cervara” del XVII secolo, noto come “Castello della Quiete”.
Ore 17,00 / visita al “Casale
della Cervelletta” del XVII secolo e alla “Torre” del XIII secolo.
Ore 18,00 / saluti e ritorno a
piedi alla fermata Metro B “Rebibbia”.
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(*) Questo
nome della zona deriva dalla “Tenuta di Cerbaro”, luogo di epoca romana, dove
si cacciavano i cervi. Altri luoghi da visitare sono: le Cave di Tufo Rosso dell’Antica
Roma, presso il fiume Aniene, l’Antica Villa Romana di età repubblicana, la Villa
del Fosso di Tor Sapienza e la Necropoli di Tor Cervara, del II secolo.
VIAGGIO IN ITALIA - TRAVEL IN
ITALY - VOYAGE D’ITALIE - ITALIENISCHE REISE - VIAJES EN ITALIA:
Il Grand Tour propriamente
detto, si potrebbe collocare approssimativamente tra la prima metà del
Settecento e i primi due decenni dell’Ottocento. Però, circa duemila anni
prima, a cominciare da Ulisse e da Enea, genti di tutto il mondo allora
conosciuto, già raggiungevano l’Italia, non proprio con lo stesso identico spirito
del Grand Tour, però anche loro, in qualche modo, animati dal desiderio di
vedere la bellezza di questo paese e successivamente la maestosità della
capitale dell’Impero, che conservava già le vestigia delle precedenti
popolazioni etrusche e italiche e che, man mano che i secoli passavano,
appariva sempre più affascinante perché sempre più ricca di monumenti e
riferimenti storici; forse qualcuno animato anche dalla speranza di poter
apprendere le arti e le lettere dai più famosi maestri e di poter forse
diventare un giorno Civis Romanus . Dal medioevo in poi, invece, parecchi
pellegrini provenienti da tutta Europa, dopo aver attraversato mezza Italia
lungo la Via Francigena, approdavano a Roma magari per ammirare lo splendore
delle sue gloriose rovine, oltre che per rendere omaggio al Pontefice, Capo
della Cristianità. E, come, tra gli altri, testimonia Lassels nel suo “Voyage
of Italy” del 1670, anche nel Cinquecento e nel Seicento abbiamo esempi di
viaggiatori, per lo più artisti, che si recavano in Italia, sì per poter
studiare, ma certamente anche per poter osservare da vicino le magnificenze
storiche, artistiche e naturali di questo paese e principalmente quelle di Roma
Caput Mundi. Ma, tolti coloro che potevano permettersi di sopportare le spese che
un tale viaggio comportava, per gli altri i governi delle varie nazioni europee
avevano dovuto istituire apposite iniziative e programmi per favorire così i
meno abbienti. I francesi, ad esempio, venivano a Roma per il Grand Tour grazie
al premio intitolato “Prix de Rome”. Coloro che superavano il concorso e
vincevano il premio, venivano ospitati dal loro Re presso l’Accademia di
Francia a Roma, per tre anni, a scopo di studio. Questo concorso era annuale.
Il pittore Fragonard fu uno dei vincitori del premio nell’anno 1752. Gli
inglesi meno agiati invece, potevano venire a Roma grazie all’aiuto di
istituzioni pubbliche o di singoli mecenati. Tutti quei viaggiatori, che nel
medioevo viaggiavano a piedi, su carri, su cavalli, su muli o su asini,
successivamente viaggeranno su carrozze e calessi, vetture non sempre dotate di
sospensioni, lungo strade dissestate, spesso polverose, sassose o fangose. In
caso di avaria per rottura degli assali, dovevano procedere a piedi e i più
ricchi e fortunati venivano trasportati in portantina dai loro servi. Tutti
erano provvisti di passaporti e di salvacondotti per poter attraversare le
molte frontiere della penisola frantumata in stati e staterelli. Alcuni si
imbarcheranno sui battelli in mare e sulle feluche lungo i fiumi. A causa delle
frequenti epidemie capitava sovente che questi viaggiatori, appena passata una
frontiera, venissero rinchiusi, per cautela, dentro un lazzaretto, in
quarantena. Le altre antiche civiltà del Mediterraneo, come quella fenicia, la
Grecia, Bisanzio o l’Egitto erano molto meno conosciute di Roma, che invece
rappresentava per tutti la quintessenza dell’antichità. Poi Atene e Bisanzio in
particolare, anche se avevano fatto parte dell’Impero Romano, al tempo del
Grand Tour erano inglobate nell’Impero Ottomano, quindi risultavano
praticamente inaccessibili. Ecco le ragioni per cui queste aree vennero quasi
totalmente ignorate dal Grandtourismo. Come già hanno affermato parecchi
scrittori, tra cui Herman Hesse, anch’io, che sono da sempre un ricercatore ed
un viaggiatore, oggi posso dire che “il senso della ricerca sta nel cammino
fatto e non nella meta. E il fine del viaggio è il viaggiare e non il viaggio
di per se stesso”.
Fin dall’inizio della seconda
metà del XVIII secolo, presso le varie accademie di Roma non si prendeva quasi
mai in esame l’“antico”. Si studiavano, invece, prevalentemente le arti, le
lettere e le scienze sviluppatesi in quella fascia di tempo compresa tra il
barocco e il periodo contemporaneo. Ad esempio, agli studenti d’architettura
venivano proposti disegni del Bernini, del Borromini, di Juvarra, del Vignola o
del Palladio, da copiare, mentre nessun maestro conduceva mai i propri allievi
ad osservare dal vivo i vari monumenti romani o greci che erano presenti in
città e disseminati in tutta Italia. Dopo il 1738, invece, quando emerse
Ercolano da sotto un terreno di proprietà del Duca d'Elboeuf e dieci anni dopo
nelle zone limitrofe, Pompei, poi Stabia e altre città ancora; dopo la
creazione d'un Museo nella Reggia Borbonica di Portici con i vari reperti
provenienti dagli scavi archeologici e; dopo l’esplosione del fenomeno del
Grand Tour (1), ecco che allora venne a diffondersi l’interesse per l’“antico”.
Anche tra i grandtouristi, collezionisti, archeologi e studiosi, subito accorsi
in Italia attratti appositamente dalle vestigia romane e greche, si accrebbe in
loro, col passar degli anni, l’interesse per le antichità in genere, ossia
anche per quelle di altri paesi; tanto che parecchi di loro si spinsero ben
oltre la Campania, raggiungendo gli Anfiteatri in Sicilia, i Templi in Grecia,
le Piramidi in Egitto, arrivando perfino in Asia Minore, a Cirene in Libia e a
Palmira in Siria.
(1) Sono da
considerarsi grandtouristi, nel Settecento, non solo i viaggiatori europei, ma
anche coloro che giungevano da ogni parte del mondo e tutti quegli italiani
che, come gli stranieri, s’avventuravano alle pendici del Vesuvio per poter
ammirare le antiche Ercolano, Pompei Stabia e Oplonti, come pure tutte quelle
altre città, a sud-est del vulcano, venute alla luce.
DUE PROPOSTE: UNA NELLA
CAMPAGNA ROMANA E L’ALTRA IN CAMPANIA
Prima proposta – Visita fuori della città / Durata nell’arco d’un
giorno: Attendiamo la stagione ideale, poi, il giorno stabilito,
indossiamo un abito o un elemento che ricorda, sia pur vagamente, quelli del
Settecento, come un mantello, un cappello tricorno, una borsetta, un ventaglio,
una livrea. Ci attrezziamo quindi di un cestino con dentro del pane,
dell’acqua, frutta (esclusi i prodotti come il Kiwi che in quel secolo non
esistevano), verdura (esclusi i pomodori che nel 600 e nel 700 erano ritenuti
tossici, anche se alcuni nobili francesi ne consumavano di tanto in tanto
perché li consideravano afrodisiaci), vino conservato in bottiglie anonime, una
zuppa, dei formaggi, degli insaccati, spiedini di carne e della frutta, tutti
prodotti nostrani, senza gli involucri delle ditte produttrici, badando bene di
portare ancora, dentro una valigetta, posate, bottiglie, una pentola, una
padella, piatti e bicchieri, tutti oggetti rigorosamente di legno, di metallo e
di vetro: evitiamo in modo assoluto qualsiasi oggetto di plastica. Non
dimentichiamo un cavalletto con una tela, dei colori e dei cartoncini, per
dipingere ad olio o a tempera o per disegnare a lapis o a carboncino e fogli di
carta su cui prendere appunti al fine di redigere poi, la sera stessa, in bella
copia, a casa o in albergo, un diario di viaggio su un elegante taccuino,
magari di carta tipo pergamena, scritto a matita o, con una penna d’oca, ad
inchiostro. Possiamo attrezzarci anche di un seggiolino di legno pieghevole, di
un bastone e/o di un cuscino se lo desideriamo. Quindi partiamo in autobus o in
treno, in aereo o in battello, con un vecchio sacco o borsone, che contenga
tutte le nostre cose, possibilmente assieme ad una persona cara animata dalle
nostre stesse intenzioni e raggiungiamo la località di destinazione. Evitiamo,
per quanto possibile, di usare la nostra auto, la nostra moto o qualsiasi altro
nostro mezzo. Una volta arrivati sul luogo prescelto, compatibilmente con le
distanze, dalla stazione stessa degli autobus o da quella ferroviaria, dal
porto stesso o dall’aeroporto, oppure dal parcheggio, prendiamo un calesse o
una carrozza guidata da un vetturino esperto di quella zona, con il quale
magari ci siamo accordati preventivamente, perché ci segua ovunque e per tutta
la giornata, accompagnandoci dove
desideriamo, perché, all’occorrenza, ci faccia anche da cicerone, perché,
coperto con un mantello, ci apparecchi durante il pranzo, perché ci scaldi
eventualmente alcune vivande sopra un fuoco improntato lì per lì, con dei rami
e delle pietre, perché ci serva il pasto, per poi mangiare insieme a noi e
discorrere con noi, però esclusivamente di argomenti in tema con l’escursione e
con l’epoca. Ed ecco che qui ha inizio il nostro vero viaggio nel tempo!
Allora! Dal nostro vetturino ci facciamo accompagnare nel sito che ci interessa
visitare. Giunti sul luogo stabilito, ci sediamo sul nostro seggiolino, in
terra, sull’erba, sul cuscino o sopra un masso, se abbiamo scelto come prima
tappa uno spazio all’aperto, come il parco d’una villa, degli scavi o un campo
con dei ruderi. Se invece vogliamo incominciare la nostra giornata con
l’esplorare uno spazio chiuso, come un monumento, una chiesa, o un museo,
allora prima completiamo questa visita e poi raggiungiamo comunque un sito
esterno. Qui incominciamo ad osservare la natura e le antiche vestigia che ci
circondano. Poi, dopo una lunga contemplazione in silenzio, ci accingiamo a
leggere alcuni passi degli scritti riportati in questa guida, che riguardano la
storia, la letteratura e l’arte del Settecento. Quindi raccogliamo le nostre
cose e, a piedi, visitiamo i ruderi, i monumenti, le cascate e magari le grotte
caratteristiche di quei luoghi, finché non scegliamo un soggetto da ritrarre a
matita, ad olio o ad acquarello. Prima di terminare l’opera, facciamo una
comoda sosta per uno spuntino su un prato, utilizzando le nostre vivande, con
le nostre stoviglie, magari sotto un albero, tra il profumo dei fiori e il canto
degli uccelli. Una volta terminato il nostro disegno o dipinto, lasciamo quel
sito e raggiungiamo un’antica taverna o quantomeno una bettola, un’osteria con
cucina casareccia magari anche con annessa un’antica locanda, risalente almeno
al Settecento, dove abbiamo prenotato già nei giorni precedenti. Durante la
strada possiamo acquistare dipinti, disegni, schizzi, incisioni, medaglie,
oggetti, tutti originali o riproduzioni, che si riferiscono alle cose o ai
luoghi visitati. Liquidiamo il nostro ‘postiglione-lacchè’ e qui, in questa
caratteristica taverna, gustiamo i piatti tipici che mangiavano anche i
viaggiatori del Grand Tour. Poi, se vogliamo, possiamo concludere la nostra
giornata, restando a dormire per una notte nella locanda che magari conserva
ancora la mobilia e l’atmosfera magica di quei tempi. A questo punto ce ne
possiamo tornare alla vita di tutti i giorni. Se invece abbiamo un altro giorno
libero e vogliamo continuare a vivere l’atmosfera suggestiva del giorno appena
trascorso, il giorno successivo possiamo proporre in casa nostra, ad alcuni
amici, la lettura, magari drammatizzata, di qualcuno dei testi teatrali
allegati alla guida. Anche in questo caso però, dovremo aver previsto ogni
cosa, dalla convocazione degli amici, all’allestimento dello spettacolo, alle
prove della lettura, al buffet tutto settecentesco.
Seconda proposta – Visita dentro la città – Durata / nell’arco d’una
settimana: Premesso che, anche in questo caso, bisogna attenersi, per quanto
possibile, alle istruzioni di base della prima proposta, ora recatevi in una
città e organizzatevi in modo da visitarla per argomenti. Esempio, se
consideriamo Roma, una volta arrivati a Piazza di Spagna, rintracciate case,
bar, ristoranti, alberghi, abitazioni, palazzi, frequentati un tempo dai
turisti del Grand Tour. Sostate in uno di questi locali e gustate qualche
leccornia prodotta già nel Settecento, come ad esempio, del cioccolato caldo o
dei dolci come i “diavoletti”. Girate a piedi, sostate per i vostri pranzi nei
parchi, acquistate dipinti, disegni, schizzi, incisioni, medaglie, sculture od
oggetti come cammei, candelabri, piramidi, obelischi, tutti originali
dell’epoca o riproduzioni, delle cose o dei luoghi visitati. Recatevi in una
bottega d’antiquario, poi nei cimiteri come, ad esempio, quello acattolico,
dove alcuni dei grandtouristi sono ancora sepolti; andate nelle accademie da
loro frequentate, scovate i luoghi da loro visitati, come i musei della
Ceroplastica (vedi quello della Specola a Firenze), gli Uffizi o i templi di
Paestum, le fonti di acque solfuree dove veniva prodotta la cosiddetta Plastica
dei Tartari (vedi le pozze dei Bagni di San Filippo o le acque Albule dei Bagni
di Tivoli), laboratori dove ancora si producono opere ad intarsio di legno o di
marmo (vedi quelli vicino ai cimiteri), botteghe dove si dipinge ancora ad
encausto (vedi quella di Michele Paternuosto a Roma), manifatture dove si usano
ancora i telai in legno per la produzione di tessuti (vedi quella di San
Leucio), fornaci dove ancora si decora la ceramica a mano (vedi quelle di
Civitacastellana, di Faenza o di Castelli). Fate tutto questo, attraverso una
vostra ricerca e avvalendovi delle indicazioni di questa guida. Le notti
dormite in un albergo dell’epoca o in una locanda che in qualche modo ricorda
quelle di allora, oppure in una pensioncina che però, comunque, sia almeno
sistemata dentro un palazzo come minimo del settecento, che non sia, insomma, più
recente. Le coppie possono concludere la settimana cenando, a lume di candela,
in uno dei ristoranti dove magari cenò Goethe, con la sua bella Romanina.
CI SONO, INFINE, ALTRI MODI DI
VIAGGIARE NELLO SPAZIO E NEL TEMPO:
Quello di scrivere libri e
articoli o rappresentare testi teatrali sui Personaggi della Storia, sulla
Storia, sulla Storia dell’Arte, oltre quelli di visitare Musei e Monumenti, di
ricercare negli Archivi e nelle Biblioteche, o quello di partecipare alle
Ricostruzioni storiche in costume d’epoca.