venerdì 13 febbraio 2015

PATRICA: PARADISO DI POETI, MUSICISTI, FILOSOFI, SCIENZIATI, MA ANCHE DI PITTORI, ARCHITETTI E TEATRANTI ...

QUESTO È UN POST
IN WORK-IN-PROGRESS
FRUTTO DI CONTINUE RICERCHE

PRATICA-MENTE

Lì, dove riposan tutti gli affetti miei,
dove la memoria
corre dal Boschetto alla Curva, al Camposanto;
dove ancora
Piazza a ballo e gli Zumpo
sembran voler danzare,
dove Giggino porta San Rocco,
dove ancora
Juccio de' giorni miei,
o Pilade delle notti nostre
chiudon la piazza con la ciuitta;
Memmo e Adriano,
Padrono i Sotto.
L’orologio batte le ore:
arriva la corriera dei Cimini,
parte in moto il daziatore 
quando i gufi ancora sbuffano alla Fresta.
E le voci de’ gitanti pu Cacumo
rompono la Pace alla Madonna.
S’affaccian il Dottore, la Farmacista e l’Arciprete,
laddove un dì il Conte, Urbano il Podestà
e Dorotea la Levatrice solevano incontrarsi.
Così torno, anch’io, cu’ gli atri uttri,
a giocar a pippidille sotto la Loja,
a cercar ciammotte pu' lla via
mentre cantan le cicale
e i grilli suonano.
E intanto si fa notte per le lucciole,
s’accendono i forni,
si spengono i fornelli,
volteggiano i pipistrelli.
Poi, col riapparir del sole,
brillan le monete di Pinocchio sulla Citarella.
Così vedi i ciclamini nascosti
fra cardi vuoti, castagne e foglie secche,
i garofani inguattati nelle ferite delle rocce,
i fichi, le mandorle, le visciole e lu pruno
fra gli ulivi;
le nocchie giù alla Valle.
Mentre nonna conversa agli lavaturo con le commare,
zia prepara pu’ gli furno
la teglia di patate, di  zucchine e peperoni
e mamma va più volte con la conca e gli surriglio alla fontana, tra scife di conserva arsa al sole.
E continuano i botti pe’ San Rocco,
con la Banda, le ciammelle, la Corale.
E poi Acquata, caldarroste,
fini fini, zazzicchie e braciole di maiale.
Questo ed altro ancora tornami tutt’or
du PRATICA a la MENTE.
Alberto Macchi


 Patrica di giorno sotto il sole
(Foto da: Wikipedia)

Patrica di notte sotto la neve 
(Foto da: Aldo Conti, Pro-Loco Patrica)
 
PATRICA, PRATICA in dialetto. Comunità della Diocesi di Ferentino, a 450 metri sul livello del mare, dominante la Valle del Fiume Sacco, con un Territorio costituito da un Monte di 1.095 metri di altezza e un Colle, entrambi ricoperti di Boschi, principalmente di Castagni, nonché da una Pianura e una Valle, coltivate a Ortaggi, Ulivo, Vite e Frutta, come Fichi, Prugne, Mandorle e Nocchie. All’interno del comprensorio si allevano, maiali, pecore, capre, galline, oche, asini, muli, cavalli, mucche e buoi. Originariamente il territorio comprendeva anche Rocche, Castelli, ed altre Chiese, ma ormai queste costruzioni sono soltanto ruderi abbandonati. Il Paese, comunque, si presenta ancor oggi come un Borgo, con lunghe Scalinate di Roccia e Sampietrini, con Archi, Porte, Portoni, Finestre, Persiane e con Tetti a Coppi: un vero trionfo di Pietra Calcarea bianca, di Peperino Locale grigio, di Tegole di Laterizio rosso, di Legno di Castagno marrone. Questa zona conserva Fossili Preistorici, Ossa Umane, Utensili, Rovine d’Epoca Romana e Pre-romana, come Resti d’una Villa Patrizia, d’un Acquedotto e d’una Necropoli; e sono evidenti ancora tracce antichissime d’una Bonifica Idraulica e di Viottoli di Collegamento del Paese con il Colle Lo Zompo, con la Fonte Rava e con Cacume, l’antico Castrum Cacumen dei Romani. Nella “Descriptio Orbis Romani”, intorno all’anno 580, con il nome di Πατϱικία, la Terra di Patrica risulta far parte della Καμπανίαovvero della Campania Bizantina. Nel X secolo il Borgo è sotto il Governo della Chiesa e qui, proprio nel suo Territorio, su un costone ai piedi del Monte Cacume, San DOMENICO DI SORA o DOMENICO ABATE fonda un Eremo, che presto diventerà un Oratorio dedicato a San Michele Arcangelo retto successivamente dai Benedettini. Nel XIII secolo questo Monastero benedettino di San Michele Arcangelo risulta comprendere anche un’Abbazia, retta dall’Abate BERALDI di Ceccano. Questo nuovo comprensorio passa quindi sotto la protezione della Santa Sede, per effetto di un Atto di Papa ONORIO II, ovvero LAMBERTO SCANNABECCHI (Fiagnano/Bologna 9/2/1060 – Roma 13/2/1130), datato Anagni 6 ottobre 1223, confermato  da una Bolla del 10 giugno 1255, di Papa ALESSANDRO IV o RINALDO DEGLI JENNE (Sessa Aurunca/Caserta 1199 – Viterbo 25/5/1261), dietro la corresponsione di un censo annuale di una libra di cera. A riprova dell’esistenza di tale Cenobio, ormai andato quasi interamente distrutto, ancora oggi, sul costone al di sotto dei Ruderi, sgorga una sorgente chiamata Fonte Sant’Angelo e il toponimo ‘Capo Le Prata’, legato a quel luogo, sta a significare che i Benedettini esercitavano dei diritti nell’area e, di conseguenza, sugli abitanti del luogo. Nella zona di Patrica esistevano altre due comunità religiose, oggi scomparse. Una la si deduce dal toponimo, ancora presente, "Foresta Le Monache", che sta ad indicare l’esistenza d'un Monastero Femminile presso un Bosco e l’altra dall’"Eremo di San CATALDO in Montibus Patricanis" menzionato in alcuni documenti antichi e con i suoi Ruderi sulla strada verso Supino, ancora visibili. CECCO DE CECCANO che regna in quei Territori e in quelli limitrofi, mette a ferro e fuoco alcuni Castelli, risparmiando Patrica e Cacume. Allora gran parte dei Patricani decidono di seguire questo loro Signore; però, così facendo, vengono a contrastare Papa BONIFACIO VIII ossia BENEDETTO CAETANI (Anagni 1230 – Roma 11/10/1303), che offeso, immediatamente li scomunica. Nonostante ciò, quando i Patricani vengono coinvolti nella Guerra di Campagna, saranno fedeli ai Partigiani del Papa contro i COLONNA e contro gli Spagnoli. Patrica, poi, farà parte della Contea di Ceccano retta dalla Famiglia CONTI; ma, tra il 1371 e il 1373, tornerà sotto il dominio dell’Autorità Ecclesiastica. Passerà quindi sotto il governo dei MASSIMO. Poi, però, negli anni 1556 e 1557, durante la guerra detta "del Sale" tra PAOLO IV nato GIAN PIETRO CARAFA (Capriglia Irpina 28/6/1476 – Roma 18/8/1559) e gli Spagnoli del Vice-Reame di Napoli, la Rocca di Patrica viene occupata da MARCANTONIO COLONNA e dal Barone KASPAR VON FELTZ, Capitano del Re di Spagna FILIPPO II D'ASBURGO. Nel 1599 l’intero Territorio Patricano è acquistato dai SANTACROCE, per passare, qualche anno più tardi, ai COLONNA. Nell’Ottocento, cambiando la società, con la presenza degli SPEZZA, dei MAGNI, dei VITELLI, degli STELLA, dei PERSI e dei GIAMMARIA, viene a formarsi, in questa cittadina, una sorta di Borghesia Agraria. Patrica, con 2112 anime, è definita una Podesteria soggetta al governo di Ceccano, Distretto e Delegazione di Frosinone e antico Borgo della Diocesi di Ferentino, con l’Unità d’Italia, viene collocata in Provincia di Roma e vi resterà fino al 1927; ma poi, da quella data, passa in Provincia di Frosinone. 

ORIGINE DEL NOME. Patrica è un nome arcaico che ha origine da “Patrica”, la parola usata per definire l’atto di culto, l’iniziazione, la festa, il rito o la cerimonia in favore di Mitra, detto anche "Pater" o Sole, una Divinità dell'Induismo, della Religione Persiana e, successivamente, anche della Religione Ellenistica e Romana; un Dio che è stato adorato dal I secolo a. C. fino al V secolo d. C.. I Misteri Mitriaci infatti erano denominati “Patrichi”. Non è un caso, infatti, se dal sottosuolo del  territorio patricano sia emerso un Mitreo (oltre ad un eremo rupestre, un luogo di culto sotterraneo, una cripta ed una favissa). 


PATRICUM o “Cavizzo” sono due altri nomi con cui è definita "Patrica" (la cittadina nella Delegazione di Frosinone nella Campagna*), ma che non va confusa con "Patricum" o "Patrica" (l’attuale Lavinio, tra Anzio e i Colli Albani, divenuta feudo di Luca Massimo) e neanche con "Patricum" o "Pratica di Mare" (l’antica Lavinium fondata da Enea, divenuta feudo dei Borghese). Da notare: tutti e tre questi insediamenti urbani, nel passato, hanno assunto il nome di Patricum, che curiosamente, tradotto in italiano, come recita il titolo dell’antico Canto Religioso “Sit laus Patri cum filio”, sta per Padre con… Quando invece si incontra il termine latino Patricium, allora questo sta ad indicare un’area di Ville Patrizie Romane, come poi, nella realtà, testimonierebbero alcuni resti ritrovati in zona patricana. C’è da aggiungere, infine, che Patrica e Patricella, sono anche i nomi ottocenteschi di due Fiumi che bagnavano la Città di Taranto e che Patrico nell'Ottocento era un borgo nell'area di Spoleto. Scrive LUCIO FAUNO nel 1543: "[…] E più innanzi è Scurcula, Merulo, Supino, Patrica, Ceccano, e Castro, dove è un altro termine di questa contrada Latina, chiamata hora Cápagna. Ci resta dunque a gire per la terza strada Tiburtina. […]".

* CAMPAGNA. - Con questo nome (Campania nei documenti latini) s'indicava in passato la valle del Sacco, fino al confine col reame di Napoli. Il nome rappresenta un'estensione della Campania dell'età classica, verso nord, estensione della quale si ha traccia in documenti del periodo longobardo: essi indicano col nome Campania tutta la regione a nord del Garigliano (limite della pianura campana vera e propria), fra le propaggini dell'Appennino e il mare, fino ai Colli Albani. Più tardi, dopo la conquista franca, il nome si restringe, o meglio si scinde in due: la Campania in senso stretto (Campania napoletana) e una Campania inclusa nel territorio pontificio e limitata fra i Lepini e gli Ernici, dalle sorgenti del Sacco a Ceprano (la regione fra i Lepini e il mare assume invece il nome di Marittima). Questa regione, comprendente i centri di Segni, Anagni, Ferentino, Ceccano, Patrica, Frosinone e talora anche Veroli e Sora, costituì nel sec. XI un'unità amministrativa, retta da un ufficiale pontificio, col titolo di comes; dal sec. XIII fu eretta a provincia ed ebbe a capo un rettore. E il nome restò poi sempre a una provincia dello stato pontificio (spesso unita alla Marittima); il suo perdurare è dovuto anche al fatto che la regione ha una certa sua individualità economica, come territorio d'intensa e quasi esclusiva vita agricola, unificato anche dalla valle del Sacco (detto difatti, in talune carte, Fiume di Campagna), principale via di comunicazione col Napoletano. Ancora nella suddivisione dello Stato pontificio fatta da Pio VI nel 1816, è mantenuta la provincia di Campagna e Marittima, con capoluogo Frosinone; più tardi invece, nel 1833, Gregorio XVI staccò la Marittima costituendo con essa la nuova delegazione di Velletri, mentre il restante territorio - che si trovava a corrispondere alla Campagna dei secoli addietro - formò la delegazione di Frosinone. Da allora il nome è caduto in disuso; esso equivale solo in parte per estensione territoriale, a quello, tuttora vivente, di Ciociaria.  CAMPAGNA ROMANA. - Questo nome, invece, o quello equivalente di Agro Romano, si dà abitualmente, in senso stretto e più proprio, al territorio, vasto un po' più di 2000 kmq. limitato a O. dal Mar Tirreno, a N. dai Colli Sabatini, che circondano il Lago di Bracciano, a E. dai Monti Sabini e Prenestini, a S. dai Colli Albani. Ricoperta in buona parte da materiali eruttati dai vulcani Albani e Sabatini - lunghe colate di lave o più spesso tufi incoerenti o litoidi - la Campagna è traversata dal basso Tevere, dall'Aniene e da altri corsi d'acqua minori, che hanno scavato delle vallecole talora assai profonde, interrompenti l'apparente monotonia della pianura. Il clima della Campagna è caratterizzato, come quello di Roma, dalla lunga siccità estiva, a causa della quale molti tra i minori corsi d'acqua si prosciugano, e s'inaridiscono anche talune sorgenti, non rare nella Campagna, ma in generale esigue. Da ciò la difficoltà di mantenere colture stabili senza apporto artificiale di acqua, e da ciò l'aspetto che la Campagna aveva fino a pochi anni fa: una steppa poco coltivata e scarsamente abitata, divisa in numerose tenute, adibite principalmente a pascolo per ovini, disseminata di casali e di capanne abitate solo nell'inverno dai pastori, provenienti in genere dai monti dell'Abruzzo. Ma questo non fu il carattere predominante nella Campagna in ogni epoca, giacché fin dall'età classica si alternarono periodi di prosperità, nei quali - curandosi con opportuni lavori la raccolta delle acque - il territorio era ben coltivato e assai fittamente abitato, e periodi di abbandono; questi ultimi coincidenti forse anche con le epoche di particolare virulenza della malaria, flagello connesso con la presenza di aree occupate da acquitrini o da stagni, frequenti in passato, soprattutto in vicinanza del mare. Il sistema economico vigente nella Campagna fino a pochi anni fa risale già al principio dell'età moderna. Tentativi di bonifica idraulica e agraria e di ripopolamento, fatti già in varie epoche sin dal Medioevo, sono stati ripresi dopo il 1870, e in scala sempre più vasta, nel sec. XX, accompagnati da una lotta sistematica contro la malaria. L'opera di bonifica si è oggi estesa all'intero comune di Roma, che comprende quasi tutta la Campagna romana, e anche a taluni comuni limitrofi. (Roberto Almagià, Campagna e Campagna Romana [in:] “Enciclopedia Treccani”, Roma 1930)


CESARE CANTÙ scrive nella sua pubblicazione di Torino del 1845: Le ‘Agonalia’ in onore del Dio Giano, vennero istituite da Numa Pompilio e si celebravano tre volte l’anno. Più tardi s’introdussero le Feste ‘Mitriache’, vale a dire: la Festa ‘Leontica’ dedicata alla Costellazione del Leone, quella ‘Eliaca’ dedicata al Sole, quella ‘Persica’ alla Costellazione di Perseo, la ‘Griphios’ per la Costellazione del Grifone, la ‘Coracica’ per la Costellazione del Corvo e, infine, la Festa ‘Patrica’ dedicata ai Padri Patrati Sacerdoti del Dio Mitra.

BATTESIMO DEL DIAVOLO. Stando al Gran Dizionario della Magia stampato a Milano nel 1870, le Streghe, un tempo, spesso battezzavano, di sabato, alcuni rospi e bambini che erano appena nati. Ai rospi, i padrini facevano indossare, per la cerimonia, un manto di velluto rosso, mente i neonati li avvolgevano con un drappo di velluto nero. Il Diavolo, in quell’occasione, nascosto dietro una parete, doveva orinare, attraverso un foro, dentro un recipiente; dopodiché l‘officiante versava, con un aspersorio nero, quel liquido ‘lustrale’ sulla testa del rospo e su quella del bimbo, nel mentre con la mano sinistra faceva il segno della croce in senso contrario, pronunciando la formula seguente: “In nomine Patrica, Matrica, araguaco petrica, agora agora, Valenzia” che stava a significare “In nome di Patrica, Matrica, Petrica d’Aragona, a quest’ora a quest’ora, Valenzia”.

LEANDRO ALBERTI. Nel suo libro Descrittione di tutta l'Italia et isole pertinenti ad essa di Fra Leandro Alberti bolognese, pubblicato da PAOLO UGOLINO, a Venezia nel 1596. “Dopo Labici, Valmontone e Monfortino, più oltre troviamo i borghi di Zancato, Gavignano e Segna. Segue Scurcala, Merulo, Suppino, il Castello di Patrica, Ceccano e Castro. Qui termina il Latio. Tutte queste terre – descritte anche dagli Storici TATIO, LIVIO, STRABONE, CATULLO, TOLOMEO e PLINIO e amate dal Pontefice VITALIANO e dal Vescovo di Roma LORENZO GRANA – producono un ottimo vino; in special modo, apprezzato è quello di Signa. Passando, quindi, sulla via Tiburtina incontriamo Tioli o Tybur, città fondata dai Focesi”.

LEONARDO DA PATRICA. Canonico in una Chiesa in Sicilia, tenuto in gran considerazione dal suo Vescovo, per averlo sostituito e tirato fuori da un processo contro ASTASIO DUCTA, scomunicato dall’alto prelato; sostenendo che costui non era da ricinscersi sindacoma semplicemente il sostituto di MARCO CACHOLO, eletto sindaco dall'Università di Patti.

FABRATERIA VETUS, oggi Ceccano, città Volsca, già esistente nel 330 a. C., ricca di Circhi, situata lungo le rive del Fiume Sacco, il Fiume Trerus o Tolerus dei Romani, estesa fino alla località Tomacella, nel territorio di Patrica. Questa gente della valle, costituita in gran parte da gloriosi eroi dei giochi circensi, era la stessa che si oppose all’avanzata dell’esercito di Annibale, quando, diretto verso Roma, lo costrinse a cambiare via.

PATRICO. Prete vagabondo dei banditi nel periodo elisabettiano. La sua presenza nelle campagne aveva una funzione ben precisa: quella di operare tra i mendicanti in quanto, anche loro, dovevano avere un sacerdote a disposizione. In ogni siepe, pertanto, poteva sorgere una parrocchia.

CACCUME. CACUME in dialetto, dal Latino CACUMEN o Picco e dal Sanscrito KAKUD o Cima, data la sua composizione morfologica atipica, è oggetto di studio da parte di Geologi e Naturalisti. Infatti, le Argille Miocenee presenti alla sua base, contrastano con le Rocce Calcaree Cretacee che prevalgono invece sulla sua sommità: insomma, così, i giacimenti più antichi vengono a sovrastare quelli più recenti. Questa Montagna della Catena dei Monti Lepini nell'Anti-Appennino Laziale, in parte coperta di Boschi di Castagni e ricca di Grotte e di Sorgenti d’Acqua, si trova nella Regione del Lazio, in Provincia di Frosinone, nel Comune di Patrica; e confina con la Provincia di Roma e con la Provincia di Latina. Nel Medioevo, questa Vetta, malgrado sia particolarmente battuta dai venti, è raggiunta da gente della pianura e, dopo la creazione d’un Castello, viene abitata per un certo periodo. Dal 1906, invece, con l’edificazione della Chiesetta del Redentore e della Croce di Ferro, questo luogo diventa meta di pellegrinaggi specialmente da parte degli abitanti dei paesi confinanti, come Patrica, Villa Santo Stefano o Giuliano di Roma. I primi tempi qualcuno porta con sé un’arma, come un pugnale o un vecchio schioppo, per seppellirlo sotto la Croce, credendo così di redimere i loro peccati legati alla violenza perpetrata nei confronti del prossimo, altri, invece, lanciano grosse pietre nel vuoto, con particolare veemenza, convinti di conquistarsi in tal modo qualche Indulgenza. Lungo il percorso della salita tra il paese e la vetta, peraltro, qualcuno pone delle tavole scolpite con le Stazioni della Via Crucis; però queste immagini presto scompariranno misteriosamente. Durante la Seconda Guerra Mondiale, infine, la Cima di Monte Cacume, essendo divenuta, suo malgrado, un punto d’osservazione dell’Esercito Tedesco, è soggetta ai colpi dall’artiglieria alleata, per cui, ancora oggi, sulle travi di ferro della croce sono visibili alcuni fori provocati dalle schegge delle bombe. Sopra a Monte Cacume, all’altezza di circa 1.000 metri di quota, si trovano delle straordinarie grotte che custodiscono al loro interno un grazioso laghetto. Per ora è impossibile per chiunque accedervi perché, data la loro pericolosità, non è mai stato reso noto il loro preciso luogo di accesso. La Croce di Cacume, accanto alla preesistente Chiesetta, è un Monumento intitolato al Redentore, eretto per commemorare il Diciannovesimo Centenario della Nascita di Cristo. FEDERICO SIMONI e ICILIO SIMONI, due fratelli Sacerdoti, in occasione del Giubileo del 1900 inaugurato da Papa LEONE XIII, nativo di Carpineto sui Monti Lepini, si fanno promotori per la realizzazione dell’opera. La costruzione della Croce inizia già sul finire del 1899; suddivisa in pezzi, è trasportata sulla vetta del Monte Cacume, dal popolo di Patrica, parte a spalla e parte in groppa a muli e asini. Alta 14 metri del peso di circa 50 quintali, viene inaugurata nel settembre del 1903. La Croce viene collocata su quella cima, anche in conseguenza alla disposizione del Papa, di far innalzare, come segno di Redenzione, venti Croci, contemporaneamente, sulle vette più alte d’Italia. Questa Chiesetta è stata costruita sopra le Rovine del Castello Medievale di Cacume. Lì accanto, nello stesso periodo, viene eretta la Croce di Ferro. Abbandonata per circa un secolo, oggi è stata recuperata, ristrutturata e riconsacrata ed oggi è ancor più meta di pellegrinaggi.

GEOMORFOLOGIA. Le rocce più antiche nel basso Lazio sono i calcari del Giurassico Superiore, su cui poggia la gran parte del Paese di Patrica (e Castro dei Volsci). L’intero territorio di Patrica, poi, è costellato di Vulcani. Vulcano è il Monte Cacume o la stessa Collina dove sorge il Paese, ma quella terra rossa che compare, ad esempio, in Località La Cardigna, altro non è che il residuo di un'antica alluvione. Cosicché i prodotti vulcanici come il Peperino su cui poggia l’altra parte del paese o la Pozzolana e il Tufo, che sono presenti nella Valle del Sacco, sono assolutamente più recenti di quella terra rossa.

VULCANO. A N-E di Monte Cacume, a 564 metri sul livello del mare,sorge il Monte calcareo di Patrica. Questo è unito al Monte calcareo di Cacume da una costiera sempre calcarea, ma stranamente ricoperta da una coltre di tufo grigio vulcanico. Questa costiera, ad Ovest discende nella Piana del Sacco, mentre ad Est degrada nella cosiddetta Valle del Fosso dei Castelli dove da Ovest converge anche il Monte di Patrica, da Nord il Monte Cacume e da Est un lato di quel Monte dei Lepini su cui è arroccato Supino. La Valle del Fosso dei Castelli, poi, sfocia a S-O nella Piana del Sacco, proprio là dove ci fu un’eruzione. Ne sono prova i residui di tufo grigio disseminati qua e là dentro la valle, i tufi rossi, il peperino e una cava di lava sul fondo della valle. CIMITERI. Il Camposanto di Patrica ubicato alle spalle del Paese ha  origini ottocentesche, ma nei secoli antecedenti, era usanza riversare, attraverso una Botola, i corpi dei morti, considerata una Fossa Comune, costituita dallo spazio sottostante il pavimento dell’Abside della Chiesa di San GIOVANNI BATTISTA. Ancora oggi, in quei sotterranei, accatastate, sono conservate le ossa di quegli scheletri.

NECROPOLI o Sepolcreto d’Età Bizantina, di duemilacinquecento anni fa: nel sottosuolo che si estende in un’area di 2-3 ettari, in Zona Colle Lami o Lamia, sulla strada Patrica-Ceccano, vicino al Ponte Piainillo (da Piayanello, nome di una Contrada apparsa in un documento del 1488), tra strutture murarie medievali, nel 1883 è stata rinvenuta la Necropoli della Città dei Volsci Ecetra, con scheletri, raggruppati alla supina o di fianco, sepolti sotto coperture di mattoni, con anfore cinerarie di coccio. Tra queste tombe, poi, sono stati ritrovati alcuni chiodi, una tegola di terracotta, un cranio con infisso un chiodo, una moneta di bronzo non identificabile e un’altra invece risalente a GIUSTINIANO II. Tale Sepolcreto è stato raggiunto attraverso un cunicolo sotterraneo che si insinua sotto la Collina di Lami, situata tra le Località di Colle Forche, Colle della Corte con La Torretta e Colle dei Cocci.

ECETRA o LUCA. Antica città dei Volsci di cui oggi resta soltanto qualche rudere della sua Necropoli, era una delle più antiche ed evolute città di quella zona al confine con il Territorio degli Equi. Essa sorgeva nell'area dove oggi si trova la Località Tomacella in Territorio di Patrica, nei pressi del Fiume Sacco chiamato anche Tolero, dal suo antico nome latino Tolerus o Trerus. Questa Città, particolarmente evoluta, si estendeva in gran parte anche nel Territorio dell'odierna Cittadina di Supino ed era vicino a Satrico, un'altra importante Città del tempo. Non era cinta da Mura Ciclopiche come Norba. In zona Fontana Gelatina, l'antico Ninfeo che, nel II secolo d. C., i Romani trasformarono in Terme, oggi esiste ancora una Scala scavata nel tufo detta "Scalinata dei Saraceni". Qui è stato eretto dai Romani il Tempio di Asclepio. Spesso coinvolta nelle lotte tra i Volsci e i Romani, Ecetra nel 459 a. C. viene invasa dai Romani durante la battaglia contro gli Equi al Passo dell'Algido. Risparmiata dalla distruzione, ha assunto allora il ruolo di intermediaria fra i due popoli per ricondurli alla pace. Nell’anno 390 a. C., con l’nvasione dei Galli, però, inizia la sua decadenza, anche se, nel 378 a. C., è ancora parte attiva nella Campagna contro i Galli. GAIO PLINIO SECONDO, nel I secolo d. C., la menziona fra le Città del Lazio ormai scomparse. Questa Città, dunque, è stata fondata dai Volsci, ovvero da quel gruppo di Pelasgi appartenenti alle popolazioni Indoeuropee che, approdate dall'Epiro in Italia Centrale dopo l'Era Glaciale, fondendosi con le genti locali, avevano dato origine agli Equi, agli Osci, agli Ernici, ai Sanniti. In zona, infatti, sono stati rinvenuti, nel sottosuolo, utensili e punte di freccia di pietra scolpita, appartenenti all'Età della Pietra, Statuine ed Ex-voto Anatomici in Bronzo o in Terracotta, dell'Età Romana, all'interno d'un Ipogeo sotto un Favissa e nei suoi pressi. A Patrica in provincia di Roma, un’antica Necropoli rinvenuta nella Contrada Colle Lami e attribuita alla città di Ecetra viene riconosciuta nell’anno 1883. Questa notizia è apparsa sul “Notiziario degli Scavi di Antichità”, edito dalla Tipografia della Reggia Accademia dei Lincei a Roma nel 1904.


CIOCIARIA, è un nome, che si fa risalire al XVIII secolo, derivante dal termine “Ciocia”. FERDINAND GREGOROVIUS definisce le “ciocie”, pressappoco così: "Visibili da Anagni andando a sud (ma, in realtà, diffuse in altre regioni dell'Italia centrale e meridionale), come speciali sandali realizzati con un pezzo quadrato di pelle di asino o di cavallo, dove ai lati vengono praticati dei buchi in cui passare uno spago, in modo che questa pelle avvolga per bene il piede: la punta viene curvata all’indietro. La caviglia, fino al ginocchio, poi, viene avvolta con una tela grigia e ruvida, tenuta su con i lacci che avvolgono. Così il ciociaro può camminare nel campo di terra o sulle rocce mentre bada alle pecore e alle capre, avvolto in un mantello oppure indossando una giacca di pelo grigio. Porta con sé sempre una zampogna". Sembra anche – stando a quanto riporta Publio Virgilio Marone nel libro VII dell'Eneide, dove descrive i guerrieri dei monti Ernici e dell'Aniene, con indosso "un rozzo calzare di cuoio ruvido" – che l’uso delle ciocie risalga addirittura a quei tempi, ovvero al primo secolo a.C.. 

SAN CLELIO SILVERIOPontefice, nato nel V secolo tra Frosinone e Ceccano, più propriamente in una zona imprecisata tra Fontana Grande, la Tomacella e Campo Traiano dove scorrono i fiumi Cosa e Sacco (Qualcuno, addirittura, lo fa nascere ad Avella in Campania), è figlio del Pontefice San Celio Ormisda, nato nel IV secolo a Frosinone (o a Venafro in Molise?), figlio, a sua volta, di Giusto da Frosinone,

LUDOVICO PIO,’Imperatore dell'Impero Carolingio, durante il suo regno tra il 814 e il 840, dona, o meglio, restituisce Patrica alla Santa Sede, insieme a tutte le altre cittadine del Vescovado di Frosinone.(G.D.M.F., Saggio Istorico sull’antichissima città di Frosinone, De Romanis, Roma 1816)

ANTICHE MURA: - Qualche resto della Cinta Muraria con pianta a forma di trapezio del Castrum Cacuminis sulla cima del Monte Cacume. - Alcuni mattoni della Torre al suo interno, che sono stati utilizzati come basamento per la Chiesetta eretta all’inizio del XIX secolo (ora ricostruita per intero). - Vari residui di muri appartenuti ad alcune costruzioni lungo i pendii del monte. - Parte della Roccaforte in pietra detta “La Cittadella”, sulla sommità della collina dove è poggiato il paese risalente all’anno mille. - Residui delle Mura Difensive di Patrica costituiti da una parte del Mastio, da una parte della Cortina e da tre Torri cinquecentesche che si distinguono per le feritoie a bocca di lupo. Questa Cinta, che si estendeva dalla “Porta San Rocco” alla “Fresta”, oggi è, per la maggior parte, inglobata nelle case del paese o costituisce la facciata di alcune di esse, non escluso il Palazzo del Comune. - Tracce della Porta Principale ovvero della Porta San Rocco di accesso al paese, che comprende una Torre risalente al XV secolo. 

DOMENICO DI SORA (Foligno 951 – Sora 22/1/1031). Santo. Chiamato anche DOMENICO ABATE, DOMENICO DA CUCULLO o DOMENICO DA FOLIGNO, è figlio di GIOVANNI e APA. Nel 974 prende i voti; diviene quindi Monaco e poi Sacerdote Benedettino presso il Monastero di Montecassino. Predicatore, Fondatore di Cenobi e Riformatore dei Costumi in Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, opera prevalentemente nell'Appennino Centrale e in Ciociaria, fino in Campania e nelle Terre di San Benedetto. Gli si attribuiscono diversi miracoli. Su richiesta di AMATO DE' CONTI DI SEGNI, fonda un Romitorio, ovvero un Eremo, che presto diventerà un Oratorio dedicato a San Michele Arcangelo e poi un Monastero dei Benedettini. Tra i frati ivi residenti si distingue GIOVANNI DA PATRICA, il suo più fedele discepolo.

CONTI. È una potente Famiglia, d’origine Longobarda che, dalla Rocca di Ceccano, riesce a dominare una parte della Ciociaria e alcuni Territori limitrofi per circa mezzo millennio. Nella prima metà del 600, PETRONIO CECCANO è Console di Campagna. Nel 900 i CONTI DI CECCANO, LEONE, UBERTO e AMATO, donano molti beni all'Abbazia di Montecassino. AMATO, marito di Donna MARIA DI SANT’EUSTACHIO, in particolare, offre a San DOMENICO DI SORA, i fondi necessari per costruire un Cenobio sulle falde di Monte Cacume. Da citare ancora i GREGORIO CONTI, morto nel 1104, GIORDANO CONTI, Abate dell’Abbazia di Fossanova e, dal 1189, Cardinale, fratello di LANDOLFO CONTI, il cui figlio, GIOVANNI CONTI, divenuto Cavaliere, giura, nella Cattedrale di Anagni, fedeltà a Papa INNOCENZO III nato LOTARIO DE' CONTI DI SEGNI (Anagni 22/2/1161 – Perugia 16/7/1216) e devasta la Rocca di Morolo dei COLONNA. Suo fratello STEFANO CONTI succederà, come Abate di Fossanova, a suo zio GIORDANO CONTI e, come Camerlengo di INNOCENZO III, avrà diversi contatti in Europa e riceverà particolari riconoscimenti dal Re d’Inghilterra. In un Documento del XIII secolo, LANDOLFO assegna Patrica e Cacume al figlio GIOVANNI, vi sono elencati ben 13 testimoni, tra i quali c'è un tale GIOVANNI Arciprete di Patrica con due soldati di Patrica, DOMINUS BERTRAYMUS e DOMINUS ANDREAS de Iullano.

CAETANI, detti anche GAETANI o CAJETANI, è un'antica Famiglia Nobiliare, che ha origine dai Goti, discendente dai Duchi di Gaeta, con ruoli importanti nella Repubblica Marinara di Pisa, in Roma, nello Stato Pontificio e nel Regno delle Due Sicilie. Il fondatore della Dinastia è ANATOLIO I, Conte di Gaeta vivente nel 730. Nell'anno 917 GIOVANNI CAETANI viene nominato Duca di Gaeta dall'Imperatore del Sacro Romano Impero LOTARIO I. Nel XII secolo, un Membro del Ramo Pisano GIOVANNI CAETANI (Gaeta 1060 – Cluny 29/1/1119) diviene Papa col nome di GELASIO II. Nel 1294, un altro Membro della Famiglia, ma, questa volta, del Ramo Laziale, BENEDETTO CAETANI (Anagni 1230 - Roma 11/10/1803), è eletto Papa col nome BONIFACIO VIII. Questi si preoccupa subito di donare ai propri familiari i Territori di Sermoneta, di Bassiano, di Ninfa, di San Dnato e il Marchesato di Ancona. Il Re CARLO II D’ANGIÒ per ingraziarsi i favori del nuovo Pontefice, nomina suo fratello Conte di Caserta. I componenti della Famiglia DE’ CAETANI si dimostreranno, in genere, aspri guerrieri. Tra il XIV e il XV secolo sfidano spesso i COLONNA generando sommosse sia a Roma che in altre città del Regno dei Papi. Nel Cinquecento Papa ALESSANDRO VI nato RODRERIC LLANÇOL DE BORJA (Xàtiva 1/1/1431 – Roma 18/8/1503) sottrae ai CAETANI i loro Territori e li dona a sua figlia LUCREZIA BORGIA; ma molto presto essi ne tornano in possesso, e per vendetta radono al suolo la Rocca di Patrica, massacrando parecchi dei suoi abitanti, da sempre sostenitori del Papa.

MASSIMO. Sono una storica Famiglia di Roma, discendente dagli Antichi Romani. Il primo personaggio noto è LEONE MASSIMO, vissuto nel X secolo. Nel XV secolo emerge invece MASSIMO DI LELLO DI CECCO. Tra il XIV e il XV secolo, i MASSIMO possiedono un ingente patrimonio derivato da attività commerciali e professionali, per cui la Famiglia stringe alleanze matrimoniali con altre Casate Aristocratiche Romane, come i COLONNA o i SANTACROCE che succederanno a loro, nel governo di Patrica, dove, essi, nel XVI secolo, per un breve periodo, erano stati i Signori. Il loro titolo nobiliare, nel XIV secolo, è quello di Marchesi, nel XVI quello di Principi, nel XIX quello di Duchi. A questa Famiglia appartengono due Papi, poi fatti Santi, ANASTASIO I nato ANASTASIO DE’ MASSIMI (Roma 340? – Roma 19/12/401) e PASQUALE I (Roma 760? – Roma 11/2/824). Nel XVI secolo la Casata si divide in due Rami: il primo, quello dei Signori di Arsoli, detti "delle Colonne", il secondo, quello dei Duchi di Rignano detti "di Aracoeli". I MASSIMO stringeranno rapporti di parentela con Famiglie Reali Europee: vedi CRISTINA DI SASSONIA che sposa, nel 1796, CAMILLO MASSIMILIANO MASSIMO.  

SANTACROCE. Ha origini dagli Antichi Romani, infatti il nome completo è SANTACROCE PUBBLICOLA. È una Famiglia Romana di Baroni. I Santacroce sono storici alleati degli ORSINI, con i quali si imparentano tramite parecchi matrimoni. A causa di una lite di sangue con i MARGANI, Papa SISTO IV ovvero DELLA ROVERE (Pecorile/Savona 21/7/1414 - 12/8/1484), ordina la confisca dei loro beni, la demolizione delle loro case e la loro cacciata da Roma. Eletto Papa nel 1501 GIOVANNI BATTISTA CYBO (Genova 1432 -  Roma 25/7/1492) con il nome di INNOCENZO VIII, il Barone ANTONIO SANTACROCE riporta a Roma la Famiglia e fa ricostruire le alcune case demolite. Tra il XVI e il XVII secolo, i SANTACROCE acquistano per un breve periodo, il Borgo di Patrica e fra i componenti della Casata, vengono nominati tre Cardinali: PROSPERO, MARCELLO e ANDREA SANTACROCE. Nel 1711, CLEMENTE XI ovvero GIOVANNI FRANCESCO ALBANI (Urbino 23/7/1649 - Roma 19/3/1721), nomina SCIPIONE SANTACROCE Principe di Oliveto in Sabina.

COLONNA. Famiglia Patrizia Antica Romana. Il cognome deriva dal Castello di Colonna, Paese situato nella Zona dei Castelli Romani, che la Famiglia possiede fin dall'inizio dell'XI secolo; si dice anche che derivi dalla Colonna Traiana sita in Roma e, a tal proposito, fa riferimento l’episodio dell'incontro avvenuto a Parigi tra NAPOLEONE BONAPARTE (discendente, a suo dire, dalla Famiglia COLONNA attraverso la propria bisnonna) e il Principe COLONNA. In quella circostanza l'Imperatore, incuriosito appunto da questa storia dell’origine del nome COLONNA dalla Colonna Traiana, chiede al Principe, notizie intorno alla veridicità di questa leggenda e questi gli risponde con il sorriso sulle labbra, che così vuole la tradizione romana, ormai da 1800 anni. Il primo ascendente della Famiglia è il potentissimo Senatore Romano TEOFILATTO che ha una parte di rilievo nelle vicende legate a Papa GIOVANNI VIII - favorevole ai Carolingi Occidentali CARLO IL CALVO prima e CARLO IL GROSSO poi - e a Papa FORMOSO, a capo della Fazione Filo-Germanica. Il Senatore TEOFILATTO - divenuto Signore di Monterotondo, Poli, Anticoli Corrado, Guadagnolo, Rocca di Nitro, Rocca dei Sorci, Saracinesco, Segni, Valmontone, Alatri, Guarcino, Collepardo, Soriano, Paliano, Sora, Celano e Sonnino - sposa TEODORA e ha una figlia: MAROZIA. Cresciuta nel lusso, una volta diventata adulta, MAROZIA, per cupidigia, instaura in Roma quel regime detto ‘Pornocrazia’ di cui essa stessa è artefice, un sistema per assoggettare a sé magari l'intera penisola italiana. Grazie a questo suo specifico Metodo di Politica Sessual-Matrimoniale, che consiste nell’essere Concubina di Papi e contemporaneamente Sposa di Re, ella riesce a sedurre i Potenti di mezza Italia, per ben due decenni. Così facendo, infatti, ella diventa la donna più autorevole e ricca d'Italia. Dalla progenie di TEOFILATTO ha origine la Casata dei CONTI DI TUSCOLO che dà alla Chiesa ben cinque Pontefici. Con il cognome COLONNA, la Famiglia, invece, con OTTONE COLONNA (Genazzano 1368 - Roma 20/2/1431), vanta un solo Pontefice, MARTINO V, però una schiera di trentasei Cardinali. PETRUS, figlio di GREGORIO II Conte di Tuscolo, è il primo ad assumere, già dal 1101, il Predicato DE COLUMNA. La Famiglia, a metà del XIII secolo, possiede il Mausoleo di AUGUSTO e il Monte Citorio, a Roma; mentre, fuori Roma, possiede diversi Castelli tra cui: Colonna, Palestrina, Zagarolo, Capranica, Pietraporzia. Nel XVII secolo i COLONNA, ancora Signori di Marino, Paliano e di tanti altri Possedimenti nel Lazio, dominano sulle Terre di Patrica, dove FILIPPO I edifica il Palazzo COLONNA in Località Tomacella. Un altro Palazzo COLONNA-BARBERINI viene costruito sulle Rovine del Tempio della Fortuna Primigenia, a Palestrina. Un mazzo dj diverse scritture, intitolato n.o.n.o Patrica – instrumento in libro pergameno della Compra fatta dall'Ecc.mo S.re Don filippo Colonna, Contestabile, dal S.re fran.co Santacroce, della terra dj Patrica l’Anno 1626 ...

LICINIO GOFFREDO CLINIO ELPIDIO REFICE (Patrica 12/2/1883 – Rio de Janeiro 11/9/1954). Sacerdote, Compositore.  È tra i massimi esponenti italiani della musica sacra nel XIX secolo. I suoi lavori, come Cecilia, Stabat Mater, La Samaritana, Margherita da Cortona, ecc. e i suoi documenti sono esposti al Museo di Palazzo MAGNI-MORETTI a Patrica, insieme alle opere di LIBERO DE LIBERO e insieme ai documenti e agli strumenti di RICCARDO MORETTI. 

Ecco, qui di seguito, un frammento del testo teatrale "Licinio Refice" di Alberto Macchi, scritto a Roma nell’anno 2003, rimasto inedito e ancora mai messo in scena.

“Questo lavoro”, riporta una nota dell’autore, “l’ho scritto per l’amore che nutro per Patrica, un gioiello della Ciociaria, unico per il suo aspetto e per la sua gente, che ha dato i natali al M° Licino Refice, e anche a mia nonna Paola Simoni e a mia madre Clorinda Sottili. Questo paesino, che mi ha accolto durante le vacanze estive negli anni della mia infanzia e della mia gioventù, ... continua ancora oggi, come allora, ad affascinarmi”.

SCENA I: AUTUNNO
Rio de Janeiro 1 settembre 1954, Licinio Refice è seduto su una poltrona in salotto nella sua casa e sta conversando con una donna, sua amica e ammiratrice.

LEI: Io invece mi difendo proprio con la paura. Per me è la paura che fa muovere il mondo. Da sempre. La paura non è castrante come normalmente si crede. Essa è qualcosa che ci stimola, sì, non fosse altro, come anche il senso di colpa, a farci trovare delle soluzioni per uscire dai mali. Insomma è un sentimento dinamico, un fattore positivo.
LICINIO: Ecco, vedi, tu hai ragione, ma per me invece essenzialmente è la fantasia che fa girare il mondo.
LEI: Beh, voi non sareste un artista se non la pensaste così.
LICINIO: Io non sarei un artista se non avessi compreso che tutte quelle persone “diverse”, che da giovani solitamente la massa deride o ignora, poi appaiono, da vecchi, agli occhi di quella stessa massa, un'ancora di salvezza. Guardate Gesù Cristo!
LEI: Lo credete davvero; Maestro?
LICINIO: Certo, come credo che l’Italia sia da considerarsi "Terra Sacra" per le molte bellezze artistiche e naturali che la caratterizzano ma, devo però aggiungere che tra i molti artisti che vi sono giunti e che vi giungono per ispirarsi, sono sicuramente privilegiati i musicisti.
LEI: Allora i pittori, … allora gli architetti, allora i letterati e i poeti, …
LICINIO: Allora, allora, allora …! (Ride)

RENATA SCOTTO (Savona 24/2/1934). Soprano, nota a livello internazionale, legata a Patrica per aver interpretato l'Opera "Cecilia" di LICINIO REFICE. Membro dell'Accademia di Santa Cecilia in Roma, da molto tempo risiede negli Stati Uniti. È stata ospite a Patrica.

ADELAIDA NEGRI (Buenos Aires 11/12/1950). Soprano riconosciuto a livello mondiale. Ha cantato nei più importanti teatri europei. Ha eseguito opere accanto a tenori come PLACIDO DOMINGO e LUCIANO PAVAROTTI. È legata a Patrica per aver eseguito le due opere di LICINIO REFICE, “La Samaritana” e “Stabat Mater”, dirette dal Maestro GIOVANNI PANELLA (Patrica 1985), Compositore e Direttore d’Orchestra. È stata ospite a Patrica ed ecco una sua dichiarazione: “En Patrica, ALDO CONTI, de la Asociación Pro-loco Patrica, me presentó a GIOVANNI VALLE, músico y editor, y este a GIOVANNI PANELLA, un talentosísimo compositor y director de orquesta que, aunque muy joven, me impresionó por sus cualidades y su trabajo”.

RENATA TEBALDI (Pesaro 1/2/1922 – Città di San Marino 19/12/2004). Soprano. Il suo successo a livello internazionale ha inizio con il debutto negli Stati Uniti d’America del 1950 e LICINIO REFICE è tra i primi a intuire la sua grandezza. A Rio de Janeiro, l'11 settembre 1954, durante le prove dell'Opera "Cecilia", in cui ella è protagonista e mentre il Coro sta intonando «A morte! A morte!» indirizzato al personaggio di Cecilia, il Maestro LICINIO REFICE muore.

CONSERVATORIO DI MUSICAA Frosinone nel 1972 è stato fondato il Conservatorio di Musica “Licinio Refice”, musicista e compositore di Patrica, divenuto oggi uno dei più importanti Conservatori d'Italia, con centinaia di docenti e migliaia di studenti.

LA BANDA MUSICALE, creatasi a Patrica per accompagnare le processioni in paese, si costituisce agli inizi dell’Ottocento. Nei secoli precedenti le processioni di San CATALDO, dell’Assunta e di San ROCCO, venivano accompagnate da Suonatori di Liuti, di Pifferi, di Tamburi, Viole e di Zucche. La Banda Musicale di Patrica di oggi, intitolata al musicista LICINIO REFICE, nasce invece nel 1892, per partecipare alle feste patronali e ad altre manifestazioni religiose e civili in paese e fuori, finanche all’estero. Tra i suoi Maestri e Direttori figurano WALTER REFICE, fratello del Compositore, JSAIA BIASINI, NATALINO BUFALINI, MARIO BIASINI, fino a MARIO CIARNELLA e a LUCIANO BARTOLINI. L’attuale Presidente è SANDRO STEFANACCI. Questa banda musicale è composta da 35 elementi. Essa ottiene il primo posto al Concorso Nazionale “A.M.A. Calabria” di Lamezia Terme nel 2004; vince il primo premio nel Concorso Nazionale “La Bacchetta d’oro” di Frosinone; è stata insignita del “Premio Nazionale La Ciociara 2007”. Dal 1973, la Banda Musicale di Patrica è gemellata con la M. P. I. Band di Aliquippa in Pennsylvania, la cittadina fondata dai patricani emigrati negli Stati Uniti d’America.  La Corale di Patrica, ovvero l'Associazione Culturale Le Voci, è diretta dalla Professoressa ERNESTA PELLEGRINI. Al Pianoforte accompagna la Professoressa MARA BUFALINI. Costituitasi nel 1994 con lo scopo di diffondere la Musica in genere, ha portato al grande pubblico la Canzone “Pratica” scritta ed arrangiata da GIUSEPPE VALLECORSA.

MONUMENTO A LICINIO REFICE, ovvero il suo Busto in Bronzo che sembra affacciarsi ad una finestra, eretto in sua memoria sul muro di una casa nella via principale all’ingresso di Patrica, è stato realizzato dallo scultore MARTINI (… - …), su disegno dell’Artista PIA REFICE (Patrica … - …), nipote del Compositore di Musica Sacra. Una Lapide sotto la Scultura sembrerebbe affermare che il Maestro sia nato in quella casa, quando invece, in realtà, egli è venuto alla luce in una abitazione nei pressi della Chiesa di San PIETRO.

MICHELANGELO MERISI (Milano 29/9/1571 – Porto Ercole 18/7/1610), detto CARAVAGGIO, è un pittore che si forma tra Milano e Venezia e che è attivo a Roma, Napoli, Malta e in Sicilia tra gli anni 1593 e 1610. Per aver ucciso RANUCCIO TOMASSONI DA TERNI è condannato dal Papa alla morte capitale, per cui fugge da Roma e, grazie alla protezione del Principe FILIPPO I COLONNA che gli offre asilo all'interno dei suoi Feudi di Marino, Palestrina, Zagarolo, Paliano, … fino a Napoli, riesce a far perdere le sue tracce. Il Nobile Romano mette in atto anche una serie di depistaggi, grazie anche alla collaborazione degli altri componenti della sua Famiglia, i quali vanno comunicando la presenza del Pittore in diverse Città d’Italia, disorientando così le Guardie Papali che lo stanno ricercando dovunque.

Ecco, qui di seguito, una scena allegata a “L’Uomo Caravaggio” di Alberto Macchi, il testo teatrale pubblicato a Roma dalla Casa Editrice AETAS nel 1995 e messo in scena in Italia e in Europa.

“Questa scena aggiunta”, specifica l’autore, “è costituita da una lettera immaginaria di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, scritta da Patrica (dove, in verità, nessun documento afferma che qui egli abbia sostato!) ai Colonna, suoi protettori, per tenerli informati circa i suoi spostamenti nei vari possedimenti dove, di volta in volta, è da loro ospitato o in quelli di famiglie a loro imparentate o amiche, come i Carafa, i Santacroce o i Tomacelli. Caravaggio, che deve viaggiare in incognita, sotto falso nome, per aver ucciso a Roma Ranuccio Tommasoni, è inseguito dalle guardie papali giacché pesa sulla sua testa la pena capitale. Fuggito da Roma, risulta che si sia già rifugiato a Marino, Zagarolo, a Palestrina, a Paliano; quindi s’è diretto verso Napoli, città per lui più sicura in quanto fuori dalla giurisdizione dello Stato Pontificio”.

XIV SCENA: LETTERA
Patrica, anno 1606. Caravaggio, seduto ad un tavolo, a lume di candela, con una pergamena in mano, sta rileggendo a bassa voce, tra sé e sé, una lettera appena scritta ai Colonna. Il pittore s’è rifugiato in incognita, sotto la protezione di Tarquinio Santacroce, padrone di questo feudo, su richiesta della famiglia amica, dei Colonna.


CARAVAGGIO: (Legge) Eminentissimo Principe Filippo Colonna, ho lasciato da qualche tempo, anche questa volta in incognita, sotto le spoglie d’un pellegrino, la residenza della Vostra Famiglia a Paliano. Confortato, durante il soggiorno colà, dalla Vostra adorabile Sposa, Madama Lucrezia Tomacelli, alcuni giorni orsono, come da Vostra indicazione, mi son traferito attraverso la Strada Consolare Latina, nel prossimo paese più a sud, in direzione Napoli. Ecco che ora, pertanto, Vi sto scrivendo da Patrica fra i Monti Lepini, sotto Cacume, la montagna delle orchidee, menzionata, ahimè! finanche, da Dante Alighieri nel IV Canto del suo Purgatorio. Qui, a Patrica, in questo sito ameno, d’una quiete infinita, che dovrebbe ispirare pace e serenità, sono sì come immerso tra i silenzi più profondi, ma da dentro di me invece affiora soltanto amarezza. Infatti mi ripeto nella mente: “Chi avrebbe mai pensato che un giorno mi sarei ritrovato in un simile garbuglio per una lite, io che di liti ne ho affrontate, d’ogni genere, ogni giorno!” E son già fortunato ché son sotto la protezione di Vostra Signoria e della Vostra Nobilissima Famiglia, Casa Colonna, di parte imperiale - che, come me, sta con gli Spagnoli contra i Francesi e ‘l Papato - in questa Universitas di Patrica, oggi dominata dai Nobili Santacroce, ma che fu Feudo della Vostra Casata come parte del sistema difensivo nella Giurisdizione del Regno dei Papi. Et avegna che nel vivere esiliato in questa terra murata, dove ho da affrontare, come tutti qui, ogni giorno, le guardie alle porte dei bastioni, Guardie del Marchesato, ma pur sempre birri; e rispettare scrupolosamente, al suono della scarana, il ritorno seratino imposto dal Governatore, benché io sia ospite qui in questo borgo, grazie a Voi, del Vostro amabilissimo amico il Signor Marchese Tarquinio Santacroce. Non avendo molto da fare e, soprattutto, non potendo dipingere per non destare sospetti, mi ingegno ad osservare i comportamenti di questa popolazione. Qui, dentro le Mura del Feudo, la gente è costantemente impegnata con le faccende quotidiane e con il ruspo. Sotto la Loja, ogni venerdì del mese, sgozzano quegli animali che hanno acquistato giù nella piana, al mercato delle Quattrostrade. Chi invece vive fuori le mura, lontano dalle Torri Fortilizie, sono quelli del Castello di Monte Cacume, su un territorio scosceso, e quelli della campagna disseminati fino alla sponda del Fiume Sacco, in pianura. Questi, per lo più, si occupano di capre, di pecore, di mucche, ma soprattutto di asini e muli; dei campi d’ulivo, fichi, prugne e vite. E producono una infinità di caciotte, ricotte e caci vari. Posseggono oche e galline. Gli uomini incidono il legno della mobilia e delle madie, il rame delle conche e il peltro delle brocche; le donne lavano panni, preparano scife di ortaggi da essiccare al sole o teglie di patate e zucche da cuocere al forno con carni e zazzicchie, impastano semole e uova per preparar sagne, maccaruni fini fini o ciambelle e giglietti; raccolgono fascine per i camini, castagne, lavorano al tombolo. I ragazzi giocano in piazza alle pippirille, le ragazze alla campana Poi c’è chi si dedica all’abbrucio della legna nelle carbonare, alla fusione delle pietre di calcare nelle calocare, alla raccolta delle olive e delle uve, delle castagne, nonché alla produzione di farine al Mulino Baronale. Tutti vanno alla ricerca di cardi e ciclamini negli sconfinati boschi di castagni, orchidee e garofani fra le rocce, sempre impegnati nel pascolo e nel legnatico. E tutti frequentano le chiese, spettacolari come quelle di Roma. Pur tuttavia, dentro questo borgo chiuso, su questo colle in vista della Campania, la sensazione che ho è quella del carcere; anche se qui non ho da convivere con attaccabrighe, zingari, criminali o plebe di campagna, ma accanto a gente semplice, dignitosa e soprattutto pacifica, gente di chiesa, dedita alle processioni, profondamente devota a San Rocco. Credo, purtuttavia, sia giunta già l’ora che abbandoni questi luoghi. Magari oggi stesso! Ho appena conosciuto un mercante che sarebbe disposto ad accompagnarmi fin sul Tirreno perché possa affidarmi alla barca d’un pescatore, diretta a Napoli. E poi, in ogni caso, ritengo sia necessario che io mi trasferisca altrove, in quanto qui c’è già chi mi guarda con sospetto, che mi vede già come un criminale, un falso bordone, che potrebbe denunciarmi alla Guardie del Papa per riscuotere, in base al Bando Capitale, la taglia che pende sulla mia testa. Anche perché sento voci, sempre più insistenti, a favore del Pontefice contra gli Spagnoli, malgrado che, un tempo, questa gente ricevette la scomunica di Bonofacio VIII e, sento dire ancora, che i privilegi ecclesiastici, di cui gode la Vostra Nobile Famiglia, sono utilizzati in modo scellerato e spregiudicato: accusano, insomma, Vostra Signoria Eccellentissima di continuare ad esercitare il Suo potere su queste terre, come quello d’assegnare alli benefici chi più aggrada a Vostra Signoria e qualche volta addirittura alli forestieri, anteponendoli alli patricani, a soddisfazione di qualche servizio che avranno prestato, anche se in opposizione alla volontà dei Vescovi diocesani e tacitando, in certi casi, perfino i Santacroce, creando così disturbi e risse, malgrado la proverbiale tranquillità e discrezione di questi cittadini, tutti con le cioce ai piedi e le donne con i fazzolettoni, attorcigliati a ciambella, in capo, dove sopra usano portare conche o ceste contenenti di tutto, dalla prune marce pu’ gli porco, ai figli neonati. Allora, prima che qualcuno mi denunci alle guardie pontificie per avermi riconosciuto, sarà bene che fugga via, anche se qui l’acqua è speciale e puoi berla direttamente dal surriglio, come pure il pane, ottimo appena sfornato, ma anche se conservato nella madia. E che dire delle scife ancora calde ricolme di ogni ben di Dio, dal pasto, al postpasto, al companatico! Ma sarà meglio che abbandoni certi pensieri …  Il Vostro parentato, la Famiglia Carafa a Napoli, come m’avete già assicurato, non farà certo difficoltà ad ospitarmi. Vi ringrazio per aver messo in atto varie strategie, grazie anche alla collaborazione degli altri componenti della Vostra Famiglia che hanno benanche testimoniato la mia presenza in altre città d’Italia, facendo così perdere le mie tracce, depistando, insomma, chi mi sta inseguendo. Non dimenticherò mai quanto avete fatto e che state facendo per me. Vi avrò sempre nel cuore. In questo momento, in istrada s’odono voci di ragazzi che diffondono per le strade del paese, un bando cantilenato, dopo aver agitato una piccola campana appesa ad una croce. Ripetono, come una litania:

CORO: “Madri i padri, mannate i vostri figli a la Cuttrina a rènna conto a Dio!”.


CARAVAGGIO: Addio, mio Principe Signore! Vostro devotissimo per sempre Michel Angiolo Merisi.

LUIGI ORIONE (Pontecurone 23/6/1872 – Sanremo 12/3/1940). A quattordici anni frequenta l'Oratorio di Valdocco a Torino e viene notato da Don GIOVANNI BOSCO. È ordinato Sacerdote nel 1895. Fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza, verrà canonizzato da Papa GIOVANNI PAOLO II nel 2004. Intorno all'anno 1925 visita Patrica, dove è ospite del Professor RICCARDO MORETTI.

RICCARDO MORETTI (Patrica 1886 - Roma 1961): Medico di professione - Fondatore dell’Istituto Regina ELENA di Roma - e fisico per passione - inventore, tra le altre cose, del "radiotelefono magnetico" senza fili, l’antenato del telefono cellulare - figura tra i personaggi, nativi di Patrica, universalmente noti. I suoi strumenti e documenti sono esposti al Museo di Palazzo MAGNI-MORETTI a Patrica, insieme a quelli di LICINIO REFICE e di LIBERO DE LIBERO. Ospita a Patrica Don LUIGI ORIONE e nel su libro La Piccola Opera della Divina Provvidenza, pubblicato nel 1961, RICCARDO MORETTI ricorda che il 23 giugno 1925: “Alla Casa di Via delle Sette Sale [la Sede di Don ORIONE a Roma] era un andirivieni di Cardinali, Vescovi, Uomini di Stato, Diplomatici, Principi, Gentiluomini di Corte, Uomini di Scienza e poveretti colpiti da ogni sventura morale o materiale. Questa frequenza continua, che io stesso ho potuto notare per anni, è il monumento della sua carità e del bene che egli prodigava a tutti” e ricorda ancora che il 21 maggio del 1931 Don ORIONE scrive da Torino una cartolina, con l'immagine della Sindone, indirizzata alla Signora NANNINA MORETTI, sua moglie, e a lui, assicurando “ogni benedizione”, implorata per loro, nella preghiera davanti alla Sindone; e ricorda, infine, che il 12 marzo 1944, nella Chiesa di Santa CATERINA in Magnanapoli a Roma, mentre ricorreva il quarto anniversario della morte di Don ORIONE, il Gruppo de “Gli Amici di Don ORIONE”, come ogni mese,  si riunisce; e ad un certo punto egli interviene per rilanciare l’idea del voto, e dice : ”Sono tanti e tali i guai cui ci dibattiamo, che non v’è che un rimedio: ricorrere alla Madonna, come fece Don ORIONE nel 1917, quando fece fare un Voto al popolo di Tortona”.

Ecco, qui di seguito, una breve parte del testo teatrale "Da Valdocco a Zdunska Wola" di Alberto Macchi, scritto a Roma e a Varsavia nel 2001, rimasto inedito e mai messo in scena.

“Le due battute della scena che segue”, specifica l’autore, “raccontano di Don Luigi Orione a Patrica, quando fu ospite del Prof. Riccardo Moretti”.

SCENA VIII: AMICIZIA
Sera dell'8 marzo 1940 al Paterno di Tortona, Don Orione sta concludendo il suo discorso di saluto rivolto ai seminaristi. Il suo amico laico Paolo Marengo, un ingegnere di Genova, è lì accanto a lui.

PAOLO: Si, certamente. Ricordo mi dicevi sempre che Pio IX è stata la più grande figura dei nostri tempi, l'amico e il benefattore dei popoli. E che le sue opere saranno immortali. Ma tu sai che io non sono mai stato così convinto come te per tutto quello che egli ha fatto: non condivido ad esempio che egli si sia rifiutato, protetto dall'esercito francese, di cedere Roma a capitale di una Italia unita che s'era appena costituita dopo aver cacciato gli stranieri invasori; anche se egli si giustificava asserendo che il neonato popolo italiano non era ancora maturo per un tale evento.
ORIONE: Questo è il bello d'avere un amico laico. Tu, come il professor Moretti di Patrica e qualcun altro, per me rappresentate una finestra sul mondo di quella fetta di società che meno conosco. Vedi che meraviglia il nostro rapporto con opinioni a volte tanto lontane! (Sorride) Come quel giorno che ti raccontai del mio "collegetto" che volevo fondare senza il becco d'un quattrino.

Museo Riccardo Moretti.  Creato nel 2015, ristrutturando un antico edificio, oggi è uno spazio per Mostre, Conferenze e sede del Consiglio Comunale. Presenta affreschi dell'Ottocento.




Casa Patricia. Abitazione medievale, nel Centro Storico restaurata, oggi trasformata in un B&B accoglie turisti provenienti da tutto il mondo.




ROCCO DI MONTPELLIER (Montpellier 1346 - Voghera 1379). Pellegrino e Taumaturgo; è venerato come Santo dalla Chiesa Cattolica ed è Patrono di numerose città e paesi. Papa URBANO VIII o MAFFEO VINCENZO BARBERINI (Firenze 5/4/1568 – Roma 29/7/1644) approva il suo culto nel 1629. Patrono di Patrica, la sua Statua in Legno è esposta dentro una Nicchia dietro l’Altare Maggiore, nella Chiesa di San Rocco, mentre la sua Macchina, di fattura settecentesca, è conservata nella Chiesa di San Pietro Apostolo

Ecco, qui di seguito, un passo del dramma teatrale di Alberto Macchi dal titolo "San Rocco", scritto a Roma nel 2009 e rimasto a tutt'oggi inedito e mai rappresentato.

“Quest’opera teatrale”, dice l’autore, “ripercorre la vita straordinaria e avventurosa del Santo francese vista da diverse angolature ed esalta le virtù del protagonista, personaggio straordinario ed estremamente attuale”.

SCENA I: PROLOGO
Ai passo giorni nostri. Un professore, dentro un’Aula Magna, è in cattedra, davanti ad un folto pubblico. Si accinge a commemorare la figura di San Rocco da Montpellier.

PROFESSORE: Taumaturgo francese, San Rocco è ormai Patrono di moltissime città e paesi in tutto il mondo cattolico. È il santo più invocato, fin dal Medioevo, come protettore dalla peste, un santo che col passar del tempo è divenuto, nel mondo contadino, anche Patrono degli animali, delle catastrofi come i terremoti, le epidemie e le malattie inguaribili. E oggi, per tutti, rappresenta un esempio di solidarietà umana e di carità cristiana, quella d’un volontario instancabile, dedito a curare gli afflitti, in particolare i malati di malattie infettive, disposto a sacrificare anche la propria vita pur di poter alleviare dalle sofferenze anche un solo infermo.

La Processione di San Rocco. Fra botti d'artificio, suono di campane e scoppi di mortaretti, San ROCCO è portato in Processione, almeno dal 1565, con la sua Macchina, in giro per le strade del paese, il 16 agosto di ogni anno, alla ricorrenza della sua festa; e alcune donne procedono, ancora oggi, a piedi scalzi, portando in mano un grosso cero. Nel passato queste seguivano il Santo procedendo in ginocchio e con i cesti carichi sul capo. Al suo passaggio la gente urla di tanto in tanto, insieme a coloro che seguono, l'espressione "Aviva San Rocco!" e al termine del percorso i portatori per primi, e più fortunati poi, ricevono in dono le Ciambelle Benedette di San Rocco. Il Culto del Santo a Patrica, si intensifica particolarmente durante la Peste che scoppia a Sora e dintorni nel 1591.

FILIPPO I COLONNA (Sicilia 1578 - Roma 11/4/1639), figlio di MARCANTONIO COLONNA Principe di Paliano e di ANNA BORROMEO. È Gran Connestabile del Regno di Napoli. Sposa, nel 1597 LUCREZIA TOMACELLI che porta in dote diversi Feudi distribuiti nell'Itala meridionale. Egli intanto è già Signore del Feudo di Genazzano. Nel 1625, dopo la morte della sua sposa, eredita il Palazzo di Patrica e incomincia a prendersi cura delle sue proprietà. Così, nel 1627, a Marino, dentro il giardino del Casino COLONNA denominato "Villa delle Sirene" fa costruire un campo per il Gioco della Pallacorda. Qualche anno più tardi, a Roma, fa ornare di marmi la nuova Chiesa dei SS. Crispino e Crispiniano delle Carmelitane Scalze, a cui è affezionato. Infine, fa costruire un ingresso monumentale per accedere al giardino del suo Palazzo a Monte Cavallo, vicino al Quirinale.

LUCREZIA TOMACELLI COLONNA (Napoli 1576 - Genazzano 11/8/1622), figlia di GIROLAMO TOMACELLI, Signore di Galatro e di IPPOLITA RUFFO, nel 1597 sposa FILIPPO I COLONNA, IV Principe di Paliano e ha dodici figli; FEDERICO, ANNA, GIROLAMO, CARLO, MARCANTONIO, VITTORIO, GIOVANNI BATTISTA, PROSPERO, PIETRO, IPPOLITA e MARIA TERESA. Muore a Genazzano, ma viene sepolta nella cripta della Collegiata di Sant'Andrea a Paliano, dentro il Sepolcro dei COLONNA. Poi, in sua memoria, a Roma dentro la Cappella COLONNA nella Basilica di San GIOVANNI in Laterano - dove è sepolto Papa BONIFACIO IX o PIETRO TOMACELLI (Casarano/Lecce 1350 – Roma 1/10/1404), suo antenato - viene eretto un Monumento Funerario in Bronzo, opera di GIACOMO LAURENZIANI su disegno di TEODORO DELLA PORTA.


Cappella Colonna nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma 
con Monumento Funerario di Lucrezia Tomacelli

Il Palazzo Colonna. Sorge in Località Tomacella, nel Territorio di Patrica ed è prospiciente il Fiume Sacco, in un luogo strategico, in quanto lì era posto l’unico passaggio sul Fiume sorvegliato da una Torre già esistente nel Trecento. Attorno a questa costruzione, agli inizi del Seicento, FILIPPO COLONNA fa erigere un Palazzo in onore della moglie LUCREZIA TOMACELLI. Nel XVI secolo al Palazzo della Tomacella a Patrica, vengono ammaestrati i giovanetti nel leggere, nello scrivere e nella grammatica. Le fanciulle, invece, vengono accolte dalle Monache della Carità, dette “Monachelle”, in un Conservatorio sotto la Regola di Santa Chiara, in paese.  
I lavori Settecenteschi vengono diretti da DOMENICO SCHIERA. In seguito il Palazzo è acquistato dal Principe STANISLAO PONIATOWSKI, nipote di STANISLAO AUGUSTO PONIATOWSKI Re di Polonia.

STANISŁAW PONIATOWSKI (Varsavia 23/11/1754 – Firenze 13/2/1833). Politico polacco, Gran Tesoriere della Lituania, nipote di STANISŁAW AUGUST PONIATOWSKI, Re di Polonia. Ancora giovane si trasferisce da Varsavia a Roma. Qui si innamora di CASSANDRA LUCI, una bella popolana romana, dalla quale ha cinque figli. Uomo ricchissimo, Collezionista di grande cultura, acquista e rivende terreni, palazzi e interi paesi in mezza Italia, tra cui il Palazzo COLONNA a Patrica e possedimenti a Frosinone, a Ceccano e a San Felice Circeo. Nel 1822 va a vivere, con la sua famiglia, a Firenze e qui, prima di morire, sposa la sua compagna e riconosce i figli, abilitandoli così a godere delle prerogative e degli onori della Nobiltà.

CARLO PANATI (Macerata 1850 – Roma 1935). Scultore. Studia all'Istituto d'Arte di Roma. Partecipa, come Garibaldino, all'impresa di Mentana nel 1867 e, come Bersagliere, alla presa di Roma. Resta nel corpo dei Bersaglieri dove raggiunge il grado di Capitano. Realizza numerosi Monumenti Celebrativi e Funerari, sia a Roma che in altre città d'Italia, come il Monumento ai Caduti a Patrica. La Città di Macerata gli dedica una Strada.
 
"Madonna del Preziosissimo Sangue”. Tela da Pompeo Batoni (Originale e Copia)

Madonna del Preziosissimo Sangue. Madonna Auxilium Christianorum, Madonna delle Missioni o Madonna del Calice. Questo dipinto, posto in Piazza Mazzini, rappresenta una Madonna col Bambino che tiene sollevato un calice con la mano destra. È una copia della Madonna Auxilium Christianorum con Bambino di Pompeo Batoni (Lucca 1708 – Roma 1787). San Gaspare del Bufalo, devoto di questa immagine, avuta in dono da Papa Pio VII, fece aggiungere il calice in mano a Gesù Bambino. Oggi, il quadro originale è conservato al Museo delle Reliquie di San Gaspare del Bufalo in Albano Laziale.

La Chiesa di San Cataldo alla Tomacella. Viene abilitata al culto nell’anno 1671. Conosciuta con il titolo di Sant’ANNA, perché consacrata il 26 luglio, Festa della Santa, ancora oggi rievocata, ogni anno, da una Fiera di Merci e di Bestiame, è costituita da un unico ambiente e possiede un unico Altare. I suoi Affreschi risalgono al XVII secolo. La più Grande Campana di San FRANCESCO SAVERIO, voluta dai Missionari del Preziosissimo Sangue, quando è Direttore Generale Don LUIGI BIASCHELLI, è del 1899. La Fusione viene eseguita a Roma da GIOVANNI LUCENTI e l’offerente principale risulta il Canonico CESARE SPEZZA (Patrica … - … ...). La Mezzana riporta incisa la data del 1578. La piccola, infine, voluta dal Moderatore Generale dell’Ordine Don GAETANO CAPORALI, è del 1884. Nella Facciata, sopra il Portale, è posta una Scultura dell’Artista ELIO TURRIZIANI (Frosinone … - … ...).

Mura di Cinta, Torri, Bastioni e Porte Medievali. Una Torre d’Avvistamento è ancora ben visibile all'ingresso di Patrica, presso la Porta San ROCCO, posta lì a salvaguardia del Paese. Una seconda Torre, invece, è ormai inglobata dentro al Palazzo COLONNA nella Località Tomacella; essa era stata edificata in quel luogo a salvaguardia di tutto il Territorio di Patrica in caso di avvistamento d'un eventuale nemico che sopraggiungesse dalla Valle del Fiume Sacco. Una terza Torre è quella incorporata nel Palazzo del Municipio, quando questo fabbricato e tutte le case che si susseguono, alla sua destra, fino alla Porta San ROCCO e quelle, alla sua sinistra, fino a Porta San GIOVANNI BATTISTA, erano parte integrante delle Mura di Cinta del Borgo, che lì, nel XV secolo, aveva i suoi confini. A testimonianza di ciò, oggi sono ancora visibili, perché incastonati nei muri, alcuni enormi Blocchi di Peperino Grezzo e qualche grosso Arco d’accesso al Centro Abitato. Una curiosità: su uno di questi Blocchi è visibile la data graffita da qualcuno circa due secoli fa.
ANDREA SPEZZA (Arogno/Ticino 1580 - Jičín/Boemia 6/3/1628). Figlio di GIOVANNI SPEZZA e ELISABETTA BAGUTTI. Architetto di formazione lombarda, dal 1609 fa esperienza con GEORGE REINHALDT in Germania, dove è impegnato all'ampliamento e alla decorazione del Castello degli OLDENBUG. Dal 1610 si trasferisce in Polonia e qui lavora per i Camaldolesi e per i Carmelitani e al servizio della Nobile Famiglia LUBOMIRSKI. Presso Cracovia, a Bielany, erige una Chiesa e a Nowy Wiśnicz altre due Chiese; in quest’ultima Cittadina, inoltre, ristruttura il Castello di Età Medievale. Nel 1621 raggiunge la Boemia, dove, a Praga, cura la costruzione del Palazzo dei WADSTEIN, con i costruttori GIOVANNI PIERONI e NICCOLÒ SEBREGONDI.  Muore sette anni più tardi.

EDIFICIO ROMANO. Dopo i ritrovamenti di un'area sacra nell'anno 2015 appartenente all'antica Ecetra, nel territorio del Comune di Patrica, la Cooperativa Archeologia di Firenze, attraverso un drone dotato di macchina fotografica, ha rinvenuto nello stesso anno le strutture di un edificio romano di grosse dimensioni, con murature realizzate in pietra locale. 



OLIVA DI ANAGNI (Anagni ... - Anagni 3/6/492). Santa. Non desiderando sposarsi, si rifugia, ancora giovinetta, in un Monastero delle Benedettine nella sua Città di Anagni per consacrare la sua verginità a Dio. Qui vive reclusa e ha frequenti visioni celesti. Subito dopo la sua morte, tutti già la considerano una Santa. Il suo culto è legato alle sue Reliquie e la testimonianza della sua esistenza risulta dall’Epigrafe Commemorativa della Consacrazione dell’Altare a lei dedicato in Anagni il 7 settembre del 1133 dall’Antipapa ANACLETO II, ovvero PIETRO PIERLEONI. Sull’Urna Cineraria di Marmo di Epoca Romana, è incisa la scritta: HIC REQ(UI)ESCIT S(AN)C(T)A OLIVA. Nell’Iscrizione Commemorativa invece, si dice, in sintesi, che l’Antipapa, insieme al Vescovo RAONE, consacra l’Altare di Sant’Oliva nella omonima Chiesa fatta costruire da GIOVANNI DA PATRICA (un Signore, sicuramente molto credente e facoltoso!). Però nel 1564 questa Chiesa deve essere abbattuta; allora il Vescovo di Anagni MICHELE TORELLA provvede in tempo a far trasferire il corpo della Santa nella Cripta della Cattedrale facendo erigere, per l’occasione, un nuovo Altare. All’inizio del secolo XVIII, MICHAŁ ANTONI HACKI (L'Aja 1630 - Oliwa/Danzica 4.3.1703) Abate Cistercense dell'Abazia di Oliwa in Polonia dal 1683 al 1703 (*), eretta dai Monaci Cistercensi danesi nel 1188, appartenente alla Diocesi di Władysławowo, per valorizzare di più questa sua Chiesa dedicata a Święta OLIWA, pensa di arricchirla con una Reliquia della Santa Italiana, alla quale egli forse è particolarmente devoto, per cui si rivolge al Vescovo di Anagni PIER PAOLO GERARDI, conosciuto chissà! magari durante un viaggio in Italia, giustappunto ad Anagni, in occasione d’una visita al Sepolcro di Sant’OLIVA. Il Vescovo, forse gratificato dalla fervente fede del Prelato Polacco, acconsente subito, così ordina di aprire il Sepolcro e, fatto asportare un braccio della Santa dall’Urna, il giorno 27 marzo dell’anno 1703, lo fa spedire, ben protetto dentro una teca, al devoto Abate di Oliwa in Polonia. La Chiesa di Oliwa dal 1925 è stata elevata a Cattedrale della Diocesi di Danzica.
(*) Storia e elenco Abati della Cattedrale di Oliwa a Danzica http://www.dawnaoliwa.pl/opisy/daty/repertorium.html
“Monastero Olivense dell'Ordine Cisterciense della Diocesi Vladislavense presso Dantisco nel Regno di Polonia”. (Tommaso Terrinoni, I sommi Pontefici della campania romana: con notizie storiche, Cuggiani, Roma 1888)

STANISŁAW KOSTKA (Rostkowo 28/10/1550 – Roma 14/8/1568). Gesuita Polacco, morto a diciassette anni, proclamato Santo da Papa BENEDETTO XIII nel 1726. Ormai venerato in tutto il mondo, in Polonia è Patrono della gioventù. Nella Chiesa di San GIOVANNI BATTISTA a Patrica, stando a quanto riporta una scritta, incisa su una antica Targa Marmorea murata sulla parete a sinistra appena dopo l’ingresso, dovrebbe essere lì conservata una piccola Reliquia del Santo.

PAOLO DELLA CROCE (Ovada 3/1/1694 – Roma 18/10/1775) Santo. Nasce da LUCA DANEI e ANNA MARIA MASSARI. Il suo vero nome è PAOLO FRANCESCO DANEI. Divenuto Presbitero, fonda la Congregazione della Passione di Gesù Cristo e quella delle Monache Claustrali Passioniste. A Ceccano, sui resti dell’antica Badia Benedettina, crea il Convento dei Passionisti di Santa Maria di Corniano. Passa a predicare a Patrica nel 1751, ospitato dalla Nobile Famiglia STELLA: una lapide lo ricorda. Nel 1867 viene proclamato Santo da Papa PIO I.


AURELIO TIBALDESCHI (Ferentino 1516 – Roma 1585). Vescovo cattolico. Figli del nobile romano Giulio Cesare Tibaldeschi e della nobildonna Lorenza Ciocchi del Monte, è nipote del futuro Papa Giulio III e del Gran Maestro dell'Ordine di Malta Pietro del Monte. Viene mandato a studiare a Roma, dove la famiglia possiede terre e case. A Ferentino è nominato Cavaliere di San Giovanni di Gerusalemme, assumendo il nome di fra Aurelio. Il 30 aprile 1554, suo zio Giulio III lo consacra Vescovo di Ferentino. Durante la guerra di Campagna, che si protrae dal 1556 al 1557, Tibaldeschi divde gli alloggi del Palazzo Vescovile con Don Petro de Salinas de Sarmento, Cardinale spagnolo. Una volta terminata la guerra, fa restaurare il Palazzo Vescovile e la Chiesa di San Pietro in Ferentino e trasforma un arsenale in Oratorio. Durante il Concilio di Trento, Tibaldeschi riordina il clero della sua diocesi iniziando dal problema delle ordinazioni e delle prebende, per cui si fa sentire a Patrica, dove bisogna sanare la disastrosa situazione post-bellica.

AGOSTINO GOTTUZZI. Commissario della Camera Apostolica, dal 25 agosto al 16 dicembre 1561, a Patrica appartenente alla Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, il cui Vescovo era Aurelio Tibaldeschi. Un suo registro, oggi conservato in un fondo privato, offre molteplici dati sulla vita civile e religiosa del centro laziale e questi suoi “Atti” confermano che una delle cause di distruzione della operosa vita della Comunità di Patrica nel suo complesso fu la Guerra di Campagna, durante la quale il paese fu coinvolto due volte negli avvenimenti bellici. Ma la Lega dei Contadini di Patrica, poi, ricondusse il mondo contadino dalla subalternità al riscatto.


GIORGIO DA TERNI. Capitano in Patrica, Appare menzionato nella pubblicazione del 1769 Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell'istoria generale del Regno di Napoli, scritta da Alessandro D'Andrea.


ANTONIO DA PATRICA (Patrica ... - ... 29.3.1890). Chierico, Frate Francescano.


GIACINTO POSTA (Patrica 17.. - Alatri ...9.1838). Professore alla Cattedra delle Istituzioni del Diritto Civile, Canonico e Criminale, di Alatri.

ANDREA DI GIOVANNI (Patrica … - …). Prete, insieme con BOFFIDO da Patrica, ha fatto parte della Congregazione Celestina.

CATALDO PIZZOLA (Patrica … - … ...). E’ stato l’unico patricano ad arruolarsi nell’Esercito dei Garibaldini. Ha preso parte alla Battaglia di Mentana.


FRANCESCA BENIGNI STARNA (Patrica 1606 – Roma 1680?). Trasferitasi a vivere a Roma, sposa il Signor STARNA ed ha un figlio, FRANCESCO STARNA (Roma 1629 – Roma 1700?), che sceglierà il mestiere di pittore e che metterà su con successo, a Roma, una bottega di “Quadraro e Coloraro” tutta sua, nel Rione di Torre Trivigliana, Diocesi di Santa Maria delle Fratte. Alcuni documenti segnalano un pagamento di 200 scudi a suo favore per "aver aggiustato le cornici dei quadri grandi comprati dal Signor Principe LUDOVISI, tra cui una “Santa Cecilia” del Domenichino”. FRANCESCO sposa ANNA ANTONELLO, tredici anni più giovane di lui e ha un figlio, DOMENICO GIUSEPPE ANTONIO SEBASTIANO STARNA (Roma 1659 – Roma 1706). La bottega allora continuerà ad operare a conduzione familiare, con FRANCESCO E DOMENICO, con padre e figlio, per cui si amplierà al punto che sarà attiva nell’intera Isola di Propaganda Fide, dal 1662 al 1706, anno della morte di DOMENICO. Gli STARNA lavoreranno poi, per conto di diverse note famiglie romane, decorando Cappelle e Dimore Gentilizie, un po’ dovunque in città. FRANCESCA BENIGNI STARNA nel 1676 rimane vedova e qualche anno dopo muore. (Laura Bartoni, Le vie degli artisti: residenze e botteghe nella Roma barocca, Nuova Cultura, Roma 2012) 


Lega Contadina di Patrica. Dopo il Congresso delle Leghe Ciociare del 1911, le Leghe Contadine nel 1912 divengono protagoniste di un'azione offensiva generalizzata per la difesa dei diritti di uso civico sulle terre comunali. La Lega Contadina di Patrica avvia, in quell’occasione, un'azione di difesa del bosco. (Alfredo Martini, I contadini, la terra e il potere: economia, politica e cultura nelle campagne laziali tra Ottocento e Novecento, Bulzoni, Roma 1985)

Nel Purgatorio. Il Sommo Poeta DANTE ALIGHIERI e l’altro poeta VIRGILIO, terminato di colloquiare con MANFREDI DI SVEVIA, s’apprestano a riprendere il cammino. Ecco che allora alcune Anime indicano loro un passaggio. Ma la salita che si prospetta davanti ai loro occhi è irta e impervia. Allora, anche in questa circostanza, come ha già fatto nell'Inferno, DANTE ALIGHIERI paragona il luogo che ha davanti agli occhi, ad altre località analoghe. Qui, volendo evidenziare l’asprezza di certi siti, fa un elenco di luoghi a lui ben noti per averli attraversati quando, in veste d’Ambasciatore del Consiglio dei Cento di Firenze, percorre parte dell'Italia per tenere le relazioni diplomatiche con i vari Feudi e con il Papa BONIFACIO VIII o BENEDETTO CAETANI (Anagni 1230 – Roma 11/101303). Quindi elenca la Rupe di San Leo in Romagna, il Pendio per Noli in Liguria, il Monte Bismantova nell'Appennino Reggiano e il Monte Cacume nel Territorio di Patrica: "Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, / montasi su in Bismantova e 'n Cacume / con esso i piè; ma qui convien ch'om voli; / dico con l'ale snelle e con le piume / del gran disio, di retro a quel condotto / che speranza mi dava e facea lume". ("Divina Commedia" di Dante Alighieri, Volume secondo: Purgatorio, Canto IV, vv. 25-30).
N. B. Come risulta dai seguenti due passi del libro di FRANCESCO BAILO ALUNNO, dal titolo “La fabrica del mondo; nella quale si contengono tutte le voci di Dante”, stampato a Venezia nel 1548, ma anche in altri testi dei secoli scorsi, il termine “CACUME” sta a significare “CIMA” o “VETTA”:
PARNASO, La:et parnassus, è monte di Phocide, quantum que alcuni non si concordino coi due capi la CIMA dell’uno ad Apollo, il CACUME dell’altro è sacrato a Bacco. Nelle radici di questo furono Delphi castello libero per lo quale poscia il fiume Cephiso, in questo è il fonte Castalto, sacro alle Muse (come alcuni sentono) nel tempo del diluvio di Deucalione, insieme con la moglie Pyrrha et con più altri fu fermato. nedi ad Helicona a 1730. PET. L’oliva è secca et è rivolta altrove. L’acqua, che da Parnaso si deriva, per cui in alcun tempo ella fioriva. DAN: Insino a qui il giogo di Parnaso assai mi fu, etc.
OLIMPO, monte altissimo in Macedonia, questo tanto innalza il CACUME [la CIMA], che per isperienza è conosciuto superar le nuvole alla cui sommità non cade pioggia né vi vola uccelli, né venti vi soffiano e perciò alcuna volta è posto in vece del cielo.

DANTE ALIGHIERI (Firenze 22 /5/1265 – Ravenna 14/9/1321). Poeta, Scrittore e Politico, considerato il Padre della Lingua Italiana, è l'autore della Divina Commedia, ritenuta ‘la più grande opera scritta in italiano’ e ‘tra i più grandi capolavori della letteratura mondiale’. Figlio di ALIGHIERO DI BELLINCIONE e di GABRIELLA DEGLI ABATI, nel 1285, a venti anni, sposa la coetanea GEMMA DONATI, dalla quale ha quattro figli: JACOPO, PIETRO, ANTONIA e GIOVANNI. A Firenze, per un periodo, assume impegni politici. Scrive le opere: Fiore e Detto d'Amore, Rime, Vita Nova, Convivio, De Vulgari Eloquentia, De Monarchia, Commedia (Divina per BOCCACCIO), Epistola XIII a CANGRANDE DELLA SCALA, … Egloghe; dando origine così alla nuova Corrente Letteraria del “Dolce Stil Novo”, definizione che egli stesso mette in bocca al Poeta BONAGIUNTA ORBICCIANI in un Canto del Purgatorio.

SILVERIA PATRICIA (Patrica … – Patrica 1495). È la figlia di ROTRUDO PATRICIO, Signore di Patrica. Nel gennaio dell’anno 1495 Patrica viene attaccata, espugnata e messa a ferro e fuoco dall’esercito di Re CARLO VIII DE VALOIS e una leggenda vuole che la bella PATRICIA, fatta prigioniera, venga rinchiusa nel Mastio della Rocca, dove muore giovanissima.

DOMENICO SCHIERA (Milano 1700? - Roma 1780?). Geometra al servizio della Famiglia ORSINI nel Feudo di Roccagorga, probabile parente del Perito Milanese FRANCESCO SCHIERA. Dal 24 settembre al 5 ottobre 1723, con l'assistenza di ANGELO MARIA CANOBBIO, GIUSEPPE ZACCARIA e GIOVANNI TORLASCO, misura il Territorio della Pieve di Santo Zaccharia quarto di Rocca Susella Comune di Fortunago Feudo Imperiale progettato poi da FRANCESCO FERRADINI nel settembre 1724. Dal 1759 al 1766 è impegnato nelle progettazioni per prosciugare le Paludi Pontine e bonificare i Territori limitrofi sotto la Direzione del Signor PICCARD dell’Accademia Reale delle Scienze, durante il Governatorato Generale di Marittima e Campagna presieduto da EMERICO BOLOGNINI. Nell’anno 1772 viene eretta a Carpineto Romano la Chiesa dei Santi GIOVANNI BATTISTA e GIOVANNI EVANGELISTA su suo progetto, in seguito ad una Bolla di Papa CLEMENTE XIV. Qualche anno dopo DOMENICO SCHIERA ristruttura il Palazzo COLONNA in Località Tomacella sulle Cascatelle del Fiume Sacco, nel Territorio di Patrica. Nell’anno 1777, infine, viene nominato Perito presso il Catasto di Alatri.

JACOPO SANNAZARO (Napoli 28/7/1457 – Napoli 6/8/1530). Umanista. Autore del Poema "Arcadia", nell’Egloga Nona, Car 91, v. 12, ‘O Casta Venatrice’, pubblicata a Venezia nel 1725, egli afferma: “Ma come casta fu Diana, se amò Endimione, e lo baciò mentre ei dormiva sopra Lamio, over Latinio Monte di Jonia - come riferisce Tullio e per testimonio di Virgilio nel 3° della Georgica - amò, e fu amata da Pane Dio d'Arcadia ...”. Colle Lamio è lo stesso nome che si ritrova in certi documenti dove si dice che “In un Territorio del Lazio, folto di vegetazione e ricco di preziose sorgenti d’acqua, fra le montagne si erge Patrica, l’antica Patricum, sorta sul Colle Lamio”. Naturalmente il Colle Lamio o Latmo, abitato dal mitologico Endimione, a cui fa riferimento il SANNAZARO, non è la Collina di Patrica; esso, infatti, è la Montagna che si trova nella Caria o Jonia, dell'Anatolia, chiamata Asia Minore dai Romani, l'attuale Turchia.


Jacopo Sannazaro. Foto da Wikipedia


Elenco dei notai a Patrica dal XVI al XIX secolo: Dal 7.3.1673 – al 7.3.1713 ALEXANDER BUFALINUS; Dal 24.6.1703 – al 24.10.1732 FRANCISCUS ANTONIUS ROVAZZUS; Dal 5.2.1713 – al 12.7.1739 FEDERICO EVANGELISTA; Dal 21.1.1741 – al 16.12.1744 DOMINICUS DE ALEXANDRIS; Nel 1582 DOMINICUS/DOMENICO TROMBETTA; CATALDUS/CATALDO TROMBETTA; GASPAR/GASPARE TROMBETTA; JOHANNES BAPTISTA DE AMBROSIUS; LAURETUS/LORETO MONTINI (Archivio Notarile Distrettuale di Fosinone – II Vesamento – Inventario, a cura delle Dott.sse Giovanna Coppola e Maria Emanuela Gabrielli)

(www.asfrosinone.beniculturali.it/getFile.php?id=210)


Palazzo del Comune o Municipio. La necessità di un edificio pubblico per esigenze molteplici testimonia quindi che la comunità oltre al volersi rendere autonoma crea un suo centro di interessi e di potere in una zona ben precisa del paese. La costruzione pertanto deve essere collocata negli anni della ricostruzione che, ritengo, abbia significato anche una certa espansione verso il basso del paese stesso ponendo il palazzo comunale al centro della vita paesana. Un documento, recepito da un atto notarile e datato 15 settembre 1582, quando il paese era ancora soggetto ai De Comitibus, ci è prezioso testimone degli avvenimenti costruttivi del nostro edificio. Quel giorno, presso la solita residenza del Commissario tra la Comunità di Patrica, rappresentata dai tre Officiali PETRUS GEORGII, PETRUS SANTE, BENIGNUS BENIGNI e Mastro JACOMO CLERICI abitante in Fiorentino, si stipula un contratto per certi lavori che la Comunità di Patrica deve svolgere sopra « [...] de una Corti et logia in piazza... 8. »; il lavoro va svolto « secondo la discrittione facta dal conseglio » [...] 8. Intanto ci interessa far notare come già nel 1582 si parla di costruzioni già esistenti e cioè una loggia e una corte che Non c'è un importo totale per il lavoro da compiersi ma solo il prezzo a canna di muro. […] Dopo alcune clausole si specifica anche un ulteriore un obbligo delle due parti: mastro Jacomo fornirà solo la sua opera o lavoro [...] Dopo la stipula dell’atto il camerlengo della comunità COLA SPEZZA dette un acconto per il lavoro, scudi tre che il notaio DOMENICO TROMBETTA annota scrupolosamente alla fine della sua fatica. [...] 6). rispondono, la prima all'attuale portico sotto il palazzo, chiamata localmente 420 G. Giammaria. (Renato Lefèvre, Palazzi municipali del Lazio, Gruppo Culturale di Roma e del Lazio, Roma 1984). Sorge inglobando un tratto di vecchie Mura di Cinta, risale alla fine del Quattrocento, quando il centro abitato incomincia ad estendersi. Al suo interno, in una Corte, è raffigurato San CATALDO un tempo Protettore del paese. All’inizio del Settecento l’edificio viene rafforzato da quattro Speroni che attualmente si vedono avanti il Portico. Alla metà dell’Ottocento viene aggiunto il Balcone, si riveste la Facciata con Peperino locale e si costruisce il Portico ovvero la “Loja” con tre Volte a Vela e quattro Pilastri rinforzati da quattro Scarpe o Speroni. Nella parte destra del Palazzo è incorporata l'antica Torre. L’Orologio sopra la facciata è stato costruito da ISIDORO SOMMARUGA (Milano … - … ...). Le sue due Campane originali “Laiche”, una per le ore e l’altra per i quarti, vengono donate alla Patria poi, dopo una breve supplenza con qualche Bossolo, sono sostituite con Campane “Sacre”, una delle quali, la più grande, recuperata dal Campanile della Chiesa della Madonna della Pace, è del 1603, infatti reca incisa, all’esterno, la scritta “Ave Maria Gratia Plena Dms Tecum MDCIII” e, nel ventre, l’immagine della Madonna. La Campanella più piccola, invece, nella parte esterna, presenta inciso un Fregio di foglie e nel ventre un Crocifisso con il nome del fonditore, GIUSEPPE DI GIORGI (Ancona … - … ...). Di fronte, nella Piazza antistante, a metà Ottocento, viene posta la Fontana e, nel Novecento, il Monumento ai Caduti con in cima un'Aquila in Bronzo, opera dello Scultore CARLO PANATI.


DOMENICO TROMBETTA R. D. di Patrica, nel risolvere Sciarade e Enimmi n. 9 del 27 dicembre 1874, con la risposta “Pasto-re”, fu favorito dalla sorte, sulla Rivista “Antologia Illustrata” di Roma 1874-75

NICOLA TROMBETTA (Patrica 1776 – Roma 12/8/1845),  

di anni 69, reo di omicidio con animo deliberato in persona del caffettiere di Maenza con furto qualificato; «condannato alla morte» il giorno 12 agosto 1845 in Maenza suddetta. La Sentenza viene eseguita a Roma da GIAMBATTISTA BUGATTI, detto MASTRO TITTA, boia dello Stato Pontificio. 
(Giambattista Bugatti, detto Mastro Titta, Boia dello Stato Pontificio dal 1796 al 1864, Mastro Titta, il Boia di Roma Memorie di un Carnefice scritte da lui stesso, Perini, Roma 1891)


GIOVAN CARLO TOMBETTA, Alfiere, di Patrica, Diocesi di Ferentino in Campagna, per più di un mese continuo tormentato da fiera doglia nella spalla destra non potendola muovere; portossi il giorno 9 Luglio 1722 a visitare la Santa Imagine di Maria Santissima dello Spirito Santo a [Villa] Santo Stefano (*) e segnato con olio della di Lei Lampada, restò del tutto libero. [come anche Colomba moglie di Giovan Maria Tommaso di Patrica che guarì di un dolore al petto, il 4 maggio del 1721 e ancora un Giovan Carlo Trombetta, sofferente ad una mano da 14 anni per una ustione e poi divenuto quasi cieco, fu graziato anch’egli, il 4 maggio del 1721]
(*) Nel 1872 “Santo Stefano”, l’antica "Castrum Sancti Stephanii", cambiò denominazione in “Villa Santo Stefano”. Nel 1927 venne istituita la provincia di Frosinone, per cui Villa Santo Stefano passò dalla provincia di Roma a quella di Frosinone.
(Giacinto Popolla, Ragguaglio della miracolosa immagine di Maria Santissima detta della Spirito, Cannetti, Roma 1821)

Quadro di Maria Santissima dello Spirito Santo,  scomparso nel 1938,
come appariva da una foto del 1901 di Pompeo Leo



(Materiale illustrativo tratto da; http://www.villasantostefano.com/villass/mdss/santuario/index.htm)

FERDINAND GREGOROVIUS (Neidenburg 19/1/1821 – Monaco di Baviera 1/5/1891). Storico. Nel suo trattato “History of the City of Rome in the Middle Ages”, dichiara che intorno alla metà del XVIII secolo, il Cardinal GIUSEPPE AGOSTINO ORSI (Firenze 9/5/1692 – Roma 13/6/1761), Domenicano, in un suo scritto, parla di un Atto di Donazione del Territorio di Patricum, nell’anno 817, tra LODOVICO IL PIO - Imperatore Carolingio, figlio di CARLO MAGNO - e PASQUALE I Pontefice.

Parrocchie di Patrica e Centri di Spiritualità: Chiesa di San Pietro Apostolo, Chiesa di San Rocco, Chiesa di San Francesco Saverio dei Missionari del Preziosissimo Sangue, Chiesa della Madonna della Pace, Chiesa dell Immacolata sul Monte Cacume, Chiesa di San Giovanni Battista, Chiesa di San Giorgio Martire in contrada Tufo, Chiesa di San Giovanni Paolo II alle Quattro Strade, Chiesa di San Cataldo Vescovo, conosciuta come Chiesa di Sant’Anna alla Tomacella, Casa di Spiritualità delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo.


Patrico: Gli storici CARLO SIGONIO (Modena 1520 – Modena 28.8.1584), LODOVICO ANTONIO MURATORI del XVII secolo e l’anonimo milanese autore di „Italia Medii Aevi” del XVIII secolo: Patrica, nell’VIII secolo fino al Medio Evo, faceva parte del Ducato Romano ed era menzionata sui documenti e nelle mappe, in italiano come „Patrico” e in latino come „Patricum”.


CARLO SIGONIO e LODOVICO ANTONIO MURATORI (Foto da Wikipedia)

GIUSEPPE MAROCCO (Milano 1773 – Milano 13/3/1829). Avvocato e Storico, nel suo “Monumenti dello Stato Pontificio”, pubblicato nel 1834 a Roma da BOULZALER, rivela che durante il XVIII secolo, nei pressi del Paese vengono rinvenuti i Resti della Villa Romana appartenuta nel IV secolo a. C. a LUCIO ANNIO di Sezze. Di questa stupenda Villa, con i suoi pavimenti di Mosaico e con i suoi Acquedotti, oggi non resta che qualche Rudere sparso; ed essa sembra essere già semi-scomparsa nel Medioevo, quando a Patrica, nei pressi, sorgono tre Chiese che, in successione, andranno a formare, ognuna, un Capitolo a sé: San Pietro, infatti sarà retta da un Arciprete, San Giovanni, da un Curato e Santissima Maria a Piè di Monte (già dei Benedettini), da un Abate. Nel Territorio di Patrica vengono rinvenute anche tracce della Bonifica d’una antichissima Palude (ma non completamente prosciugata, dal momento che, dove sorge oggi un Ostello per la Gioventù, fino a qualche tempo fa, c’era ancora uno Stagno) e vengono alla luce anche Resti d’una Necropoli. Infine, se è vero che i Conti di Ceccano sono discendenti dei Longobardi, allora è possibile che già nel IV secolo sul Monte Cacume esistesse una Grotta con dentro un Altare dedicato a San Michele Arcangelo, Figura Cristiana, fatta propria e venerata da quel Popolo Germanico subito dopo la loro Conversione al Cristianesimo.

LUCIO ANNIO (Sezze – Roma 340 a. C.). Fondatore della Gens Patrizia ANNIA è un Politico e un Ufficiale dell’Esercito Romano. Divenuto ricco e potente, si costruisce una Villa nel tranquillo Territorio di Patrica. Nel 340 a. C., appena viene nominato Capo della Lega Latina, parte da Sezze per Roma e raggiunge il Campidoglio, nella veste di Pretore dei Latini, per chiedere la Parità dei Diritti tra i Romani e i Latini, ma muore improvvisamente, perché, si dirà, punito da Giove. In realtà viene ucciso, sulla Scalinata del Campidoglio, da un gruppo di Romani ostili, acerrimi nemici dei Setini.

DAMIANO PALMA (Patrica 19/5/1866 – Roma 30/12/1916) Frate Domenicano. Lasciata Patrica, nella Diocesi di Ferentino, va a studiare a Roma ed entra giovanissimo nell’Ordine dei Padri Predicatori. Frequenta un anno di Noviziato. Prende gli Ordini e svolge una intensa attività sacerdotale. Muore Converso, a Roma, presso il Convento delle Suore Domenicane della Presentazione, con serenità e fortezza religiosa, assistito dai suoi Confratelli e dal Maestro dell'Ordine.

NICOLA SPEZZA (Patrica … - Patrica ca. 1835). Con il titolo di Cavaliere e di Conte, è figlio del Conte ERCOLE SPEZZA. Nel 1739 sposa ANNNA MARIA FINATERI, sorella di Monsignor GIAN DOMENICO FINATERI. Nel 1759 FEDERICO COLONNA gli riconosce il Borgo di Patrica con “particolari esenzioni, privilegi e prerogative”. Poi, nel 1762, Don LORENZO COLONNA gli concede anche la Rocca e parte delle Terre Feudali. Con la sua intraprendenza, diviene presto un personaggio di spicco della Famiglia SPEZZA, antico Casato il cui Capostipite è il Cavaliere spagnolo ANTONIO DE SPEZA del XIV secolo, mentre il primo della Famiglia a lasciare la Spagna per stabilirsi nel Regno di Napoli, sarà BENEDETTO D’ORLANDO DE SPEZA. Il Conte NICOLA instaura uno stretto rapporto d’amicizia con il Cardinal GIAN VINCENZO ANTONIO GANGANELLI, il quale, nel maggio del 1769, salirà al Soglio Pontificio con il nome di CLEMENTE XIV. Nell’anno 1793 prende la decisione di apportare delle modifiche al suo Palazzo Baronale, così affida allo zio della sua sposa, Monsignor GIAN DOMENICO FINATERI, appena giunto da Parigi, la responsabilità della ristrutturazione. Subisce un sequestro a scopo di riscatto da un gruppo di Banditi Patricani capeggiati da FRANCESCO DEL GRECO detto “IL CECCHETTO”, ma presto viene rilasciato. Nel 1816 perde ogni potere feudale su Patrica, perché essa, da questa data, viene a dipendere dalla Camera Apostolica, Organo Amministrativo dello Stato Pontificio. Con una Cerimonia spettacolare, l’anno 1834, NICOLA SPEZZA, in veste di Priore di Patrica, accoglie, alle porte della sua Cittadina, Papa GREGORIO XVI, che è giunto lì, perché in visita ufficiale ai diversi Paesi facenti parte della Diocesi di Ferentino. Muore qualche tempo dopo e viene sepolto a Patrica.
Il Palazzo SPEZZA davanti alla Cittadella – parte culminante della Fortezza Medievale che un tempo dominava Patrica - sorge su quella parte delle Rovine della Fortificazione del XVII secolo, che i COLONNA smantellano in parte, per crearvi una sontuosa Residenza. Questo Palazzo, alto tre piani, che poi essi vendono agli SPEZZA, comprende, ancora oggi, un Parco con Giardino all’Italiana, Cantine, una doppia fila di Saloni arredati ed adornati negli stili Settecento e Ottocento, la Sala del Ballo, Saloncini Inglesi Settecenteschi e una Cappella Domestica.
Il giardino pensile "all'italiana" di Palazzo Spezza è originario del XVI secolo ed ha assunto la forma attuale nel secolo successivo. Esso comprende Bossi risalenti ad oltre seicento anni, ma anche Bagolari, Pini e Cipressi di almeno trecento e cinquecento anni. Gli Elementi Architettonici di Peperino, dalle Sculture ai Bassorilievi, fino alla Fontana detta “del Leoncino” e alla Balaustra, invece, risalgono tutti al XVIII secolo. 

“Il Conte VINCENZO e il Conte ERCOLE SPEZZA sono rientrati a Roma provenienti dal loro Castello di Patrica e hanno lasciato ...” (Lettura, illustrazioni, disegni, eleganze, lavoro, Lidel, Milano 1935)

GIAN DOMENICO FINATERI (Patrica … - Patrica 1805). Monsignore. È parente dell’Arciprete di Patrica Don FINATERI, deceduto nella seconda metà del XVIII secolo, un Prelato particolarmente amato da tutto il Popolo, per aver fatto costruire in Paese un Ospedale per i vecchi, per gli storpi e per gli infermi e un altro per gli accattoni. Monsignor GIAN DOMENICO FINATERI è un parente del Conte NICOLA SPEZZA, dal momento che costui ha sposato nel 1739 sua nipote, ANNA MARIA FINATERI. Ordinato Sacerdote, diviene Abate a Roma. Presto ottiene la nomina di Diplomatico Pontificio e i titoli di Commendatore, Cavaliere di Malta, Priore Gerosolimitano e dell'Ordine di San Lazzaro, nonché quello di Segretario della Nunziatura Pontificia in Francia. Diviene Rettore della Chiesa di Sant’Anna a Sezze e, in una sua dichiarazione amara, ma realistica, asserisce che: «un sezzese vescovo di quelle diocesi unite dovrebbe alla fine crepare», offrendo così una significativa riflessione intorno alla condizione del Clero nel basso Lazio, alla vigilia della rivoluzione francese e “le ragioni di fondo” della sua opposizione ai principi rivoluzionari. Sarà quindi Uditore presso le Corti di LUIGI XV e di LUIGI XVI a Parigi, Uditore del Cardinal DE BERNIS o FRANÇOIS-JOACHIM DE PIERRE DE BERNIS (Saint-Marcel-d'Ardèche 22/5/1715 – Roma 3/11/1794) e del Cardinal DE ROHAN o LOUIS-RENÉ-ÉDOUARD DE ROHAN-GUÉMÈNÉE (Parigi 25/9/1734 – Ettenheim, 16/2/1803), che ha conosciuto a Roma e che ha seguito a Parigi, portandosi dietro suo nipotino BASILIO. Si reca più volte a Londra e viaggia per l’intera Europa. Nel 1793 però, per avere salva la vita, deve fuggire dalla Francia giacché lì è scoppiata la Rivoluzione. Così torna in Italia e, dopo una sosta a Torino, raggiunge la sua Patrica. Qui viene ospitato dagli SPEZZA nel loro Palazzo Baronale. Avendo portato con sé un abito appartenuto a MARIA ANTONIETTA Regina di Francia, che gli è stato affidato a Parigi dal Cardinal DE ROHAN, prima che venisse condannato agli arresti domiciliari, dona questo prezioso cimelio al Conte NICOLA SPEZZA in segno di riconoscenza per l’ospitalità ricevuta. Però, subito dopo il suo arrivo a Patrica, essendo in corso a Roma, il Processo presso il Tribunale del Santo Uffizio contro GIUSEPPE BALSAMO, Conte di CAGLIOSTRO, egli viene convocato come testimone in quanto già testimone in tribunale a Parigi, insieme al Cardinal DE ROHAN, quando CAGLIOSTRO aveva subito l’altro Processo per l’‘Affare della collana di MARIA ANTONIETTA. Al processo di CAGLIOSTRO a Roma viene convocato insieme ad altri testimoni, come la Principessa LAMBERTINI,  l'Abate GIANFRANCESCO ROCCATANI, FRANCESCO FELICIANI e PASQUA FELICIANI, rispettivamente cognato e suocera del BALSAMO, e così via. Qualche tempo dopo, dietro commissione del Conte NICOLA SPEZZA, ristruttura l’intero Palazzo, introducendovi stili architettonici allora in voga in Francia e in Inghilterra, paesi, entrambi, a lui ben noti per esserci vissuto lunghi periodi. Monsignor GIAN DOMENICO FINATERI, malgrado durante tutta la seconda metà del Settecento venga considerato dai Patricani il personaggio più importante della Città, quando muore, viene sepolto a Patrica senza una adeguata Cerimonia e senza neanche una Lapide Commemorativa, nella Chiesa di San Giovanni Battista. Sì, muore in braccio ai parenti nel 1805: viene sepolto realmente nella Chiesa di San Giovanni Battista, ma malgrado lasci una grossa eredità testando però che si debba erigere in sua memoria un degno monumento funerario, nessuno dei nipoti eredi esaudirà mai quella sua volontà. 

SEVERINA PECCI (... ... - … ...). Nel 1851 sposa il Conte ERCOLE SPEZZA. È la nipote di Monsignor VINCENZO GIOVACCHINO PECCI il quale, nel 1878, sarà eletto Papa con il nome di LEONE XIII, il Pontefice noto, al mondo, particolarmente per la sua Enciclica “Rerum Novarum”. La Croce di Cacume, nei Monti Lepini, accanto alla preesistente Chiesetta, è un Monumento intitolato al Redentore, eretto per commemorare il Diciannovesimo Centenario della Nascita di Cristo; promotori sono stati FEDERICO SIMONI e ICILIO SIMONI, due fratelli Sacerdoti, in occasione del Giubileo del 1900 inaugurato da Papa LEONE XIII, nativo di Carpineto sui Monti Lepini. 


CLEMENTE VII ovvero GIULIO DE' MEDICI (1478 - 1534) (Pontificato 1523 - 1534), levate queste terre dalle mani di GIULIO COLONNA, ordinava che fosse sulle medesime mantenuto il sequestro, inviando li 24 luglio 1530 un breve ad Alessandro Paccio governatore delle provincie di Campagna e Marittima nel quale gli scriveva: «Dilecto filio Alexandro Paccio Nostrarum Provinciarum a Campaniae et Maritimae Gubernatori. Ut omnia et singula oppida in tuis Provinciis Campaniae et a Maritimae consistentia quae ad domum de Comitibus [...] Questo Alessandro Paccio, non era altri che ALESSANDRO DE’ PAZZI, come si legge chiaramente in un successivo breve diretto al medesimo li 3 agosto 1530, nel quale gli si ordinava di prendere possesso della terra di Patrica che era stata parimenti da GIULIO COLONNA occupata: «Dilecto filio Alexandro de Patiis Campaniae et Maritimae provinciae gubernatori» Era costui della Famiglia DE’ PAZZI fiorentina; ed a lui con breve del 19 settembre 1531 lo stesso Clemente VII sostituiva nella stessa [...] GIOVANNI DE’ PAZZI, canonico di Firenze e nipote di CLEMENTE VII. Possedeva molti beni nel territorio di Ceccano e di Patrica, fra i quali un forno. […] CLEMENTE VII il 4 aprile 1525 ordinò il sequestro dei feudi e nominò Commissario ANTONIO CARREGA col seguente breve “Dilecto filio Antonio Carrega familiari et commissario nostro”, perché li governasse. GIULIO COLONNA marito di Giovanna Conti (sorella del Cardinale), NAPOLEONE ORSINI abate di Farta, genero di GIULIO COLONNA e GIOVAN BATTISTA CONTI, fratello del Cardinale, occuparono colle armi non solo i detti castelli, ma anche Patrica, Cacume, Montelanico, Montelungo, Prossedi, Pisterzo di proprietà di STEFANO CONTI, altro fratello del Cardinale. Il papa ordinò di riprenderli. Furono ripresi […] Nel caso del piccolo Castrum di Patrica, la prima redazione statutaria pervenuta (le «Liberanze») è quella approvata nel 1696 da FABRIZIO COLONNA […]


LEONE X ovvero GIOVANNI DE' MEDICI (1475 - 1521) (Pontificato 1513 - 1521), per riconoscere la fedeltà di FEDERICO CONTI verso la S. Sede, con Motu Proprio del 1520 lo assolvè dall'obbligo di pagare le tasse del sale nella città di Segni e nei Castelli di Valmontone, di Montelanico, di Lugnano, di Patrica, di Prossedi […] 

LEONE XIII (Carpineto Romano 2/3/1810 – Roma 20/7/1903). Nato VNCENZO GIOACCHINO RAFFAELE LUIGI PECCI, è sul Trono di Pietro dal 1878 al 1903. Viene definito il Pontefice delle Encicliche, infatti ne promulga ben ottantasei e la sua più famosa è la Rerum Novarum. In seguito a questa Enciclica, la gente gli attribuisce il titolo di "Papa dei Lavoratori" e di "Papa Sociale". È lo zio della Contessa SEVERINA PECCI, moglie, dal 1851, del Conte ERCOLE SPEZZA, nipote, che egli va a visitare a Patrica in casa SPEZZA, quando è ancora Cardinale. Papa LEONE XIII è ancora legato a Patrica, per aver fatto erigere nel 1900, in occasione del Giubileo, la Croce di ferro sul Monte Cacume.

GREGORIO XVI (Belluno 18/9/1765 – Roma, 1/6/1846). Nato BARTOLOMEO ALBERTO CAPPELLARI, nel mese di maggio 1834, proveniente da Roma, lasciata Frosinone, percorre la via Casilina e traversa un Ponte in Territorio di Patrica, fatto erigere da Papa PIO VI, sul Fiume Sacco, circa cinquanta anni prima, in prossimità del Palazzo COLONNA nella Località Tomacella, laddove il corso d’acqua genera delle pittoresche Cascatelle. Improvvisamente appare dinanzi ai suoi occhi un Arco gigantesco, costruito da un ingegnere, formato da quattro Pilastri inframmezzati dalle Statue di San PIETRO e di San PAOLO, ornati con Velluti e Damaschi trinati d’Oro, con Panneggi di vari colori. Appeso al centro un Drappo con su raffigurato lo Stemma del Pontefice sostenuto da due Angeli, con due Guglie ai lati e le Statue della Speranza e della Carità con le Epigrafi “Spes Nostra” e “Caritas Tua” e sotto, al centro: “GREGORIO XVI PONT. MAXIMO PATRICENSIS POPULUS DICAVIT”. Ad accogliere Sua Santità c’è il Priore di Patrica NICOLA SPEZZA, al suono delle Campane a Festa, tra Scoppi di Mortaretti, Torce che illuminano tutte le strade del Paese e Falò accesi fin sul Monte Cacume. Tutto il Popolo esulta, mentre dieci bambini sorridenti, vestiti da Angioletti, lanciano fiori verso la Carrozze Papali che qui si sono arrestate. Tutto questo è raccontato da CAMILLO VITTORIO EMANUELE MASSIMO (Roma 14/8/1803 - Roma 6/4/1873) Principe d’Arsoli, nella sua “Relazione del viaggio fatto da N.S. PP. GREGORIO XVI alle provincie di ...”, edita da ALESSANDRO MONALDI a Roma nel 1843.

SPEZZA. Antica Casata spagnola esistente già dal XIV secolo, quando in alcuni documenti appare il personaggio ANTONIO DE SPEZA. Tra i momenti più rilevanti che caratterizzarono la storia di questa Casata, vi è quello dello stretto rapporto d’amicizia che, nella seconda metà del XVIII secolo, viene ad instaurarsi tra il Conte NICOLA SPEZZA e l’allora Cardinal GIAN VINCENZO ANTONIO GANGANELLI il quale, nel maggio del 1769, salirà al soglio pontificio con il nome di CLEMENTE XIV. Il motto latino riportato nello stemma degli Spezza, tradotto in italiano, dice [Questa Famiglia] “Si spezza, ma non si piega”.

 CLEMENTE XIV (Santarcangelo di Romagna 31/10/1705 – Roma 22/9/1774). Proveniente dall'Ordine dei Frati Minori Conventuali, è stato Papa della Chiesa Cattolica dal 1769 al 1774. Intorno alla metà del XVIII secolo, l’allora Cardinal GIAN VINCENZO ANTONIO GANGANELLI ha uno stretto rapporto d’amicizia con il Conte NICOLA SPEZZA e sarà questo Cardinale ospite nella dimora della Famiglia SPEZZA a Patrica, a commissionare al Pittore NICCOLÓ DELLA PICCOLA la splendida Pala d’Altare per la Chiesa di San GIOVANNI.

La Chiesa di San GIOVANNI IL BATTISTA è stata edificata nel 1760, sopra una Chiesa Medievale, su disegno dell’Architetto GIOVAN BATTISTA NOLLI. Ottemperando agli impegni presi con il Vescovo FABRIZIO BORGIA, promotore di interventi nella Diocesi di Ferentino, nel 1746 il NOLLI inizia a delineare, “con nobile disegno”, la matrice della Chiesa di San GIOVANNI IL BATTISTA. Ma egli non vedrà realizzato il suo progetto in quanto morirà prima. La Facciata, in Stile Barocco, sopra il Portale di Pietra Calcarea, presenta un Altorilievo che raffigura l'Agnello del Signore. La pianta della Chiesa è a Croce Latina con sei Cappelle laterali. Ha un Campanile sormontato da una Cuspide, alto sei piani, segnati da Marcapiani in Peperino e con Monofore. All'interno, sulla sinistra si trovano la Cappella di San CATALDO, e quella di Sant'ANDREA D'AVELLINO, con due Quadri del XVII secolo. Di seguito un Pulpito ligneo del Seicento e, ancora dopo la Cappella del Santo Rosario con la sua Pala d’Altare Secentesca. Da qui si accede alla grande Cappella Settecentesca della Confraternita della Buona Morte. Il lato destro è occupato dalla Cappella oggi dedicata a San GASPARE DEL BUFALO con una Tela di PIETRO GAGLIARDI e con una Statua Settecentesca del Cristo Morto. In Sagrestia è conservato Stiglio Ligneo, del XVII secolo, per la conservazione del Paramenti Sacri, nonché un Armadio-Sedile della stessa epoca. Interessante anche la Cappella di Sant'ANTONIO ABATE, con una Pala Seicentesca. L'Altare Maggiore è circondato da un Coro Ligneo della fine Settecento, con sopra la Pala Settecentesca di NICCOLÓ LAPICCOLA. Appese alla pareti della Navata i quadri della Via Crucis del XVII secolo. Sopra l’ingresso, infine, c'è una Cantoria di Legno decorata del XVIII secolo; ivi è collocato un Organo Monumentale a Canne, opera della prima metà del Settecento, degli SPADARI e dei CATERINOZZI. Gli SPADARI sono una famiglia, presente in Ciociaria già nel 1645, con GIOVANNI SPADARI di Bologna; e che continua ad essere presente in Ciociaria, ancora nel 1836, con VINCENZO SPADARI & Figlio, di Vicenza. I CATERINOZZI, invece, sono una famiglia di Affile composta dai Maestri GIUSEPPE, CESARE I, GIOVANNI e CESARE II, operanti in Ciociaria e nelle Marche, inventori d'un tipo particolare di Registro che oggi viene definito "Registro Principale CATTARINOZZI"). Uno spazio vuoto sotto il pavimento dell’Abside, per secoli, funge da Cimitero del Paese: attraverso una Botola, infatti, vengono depositati lì i corpi dei morti. Tra quei corpi dovrebbe trovarsi quello di Monsignor Giandomenico Finateri morto a Patrica nel 1805. Ancora oggi, in quei sotterranei, accatastate, giacciono le Ossa degli scheletri. All'interno di questa Chiesa è conservata la Statua Lignea di Maria Santissima Assunta in Cielo del XVIII secolo, con la sua Macchina, anch'essa di Legno, utilizzata per portarla in Processione; e una Targa marmorea incastonata nel muro, appena dopo l'ingresso a sinistra, avverte che ivi si trovano piccole Reliquie del Santo Gesuita Polacco STANISLAO KOSTKA. Il Campanone della Chiesa di San GIOVANNI BATTISTA, del 1893, è opera di GIOVAN BATTISTA LUCENTI (Roma - … ...), mentre era Papa LEONE XIII e Vescovo di Ferentino PIETRO FACCIOTTI. La Campana Media, del 1845, è stata fusa da VINCEZO CACCIAVILLANI (Agnone … - … ...), la cui famiglia aveva una Fonderia a Frosinone. La Minore, del 1889, è opera di GIOVANNI BATTISTA LUCENTI (Roma … - … ...). Divenuta Chiesa Arcipretale, nel 1847 è Parrocchia con tre Beneficiati.

GIOVAN BATTISTA NOLLI (Montronio di Castiglione/Como 9/4/1692 – Roma 3/7/1756). Cartografo e Architetto. Primogenito di CARLO NOLLI e di CATERINA SOLARI. Quando CARLO VI D’AUSTRIA inaugura, il nuovo Catasto del Milanese e assume oltre cento professionisti da formare all’uso della Tavoletta Pretoriana, strumento tecnico che consente una più rapida e corretta esecuzione delle Mappe rispetto allo Squadro Agrimensorio, egli, dopo la formazione, riceve la Patente di Geometra e, nel 1722, viene assunto. Il 14 febbraio 1724 sposa a Montronio ANNAMARIA NOLFI. Insieme a suo fratello ANTONIO esegue il Cabreo dei Beni dell’Abbazia di Santa Maria dell’Acquafredda di Lenno, poi quello dei Conti BETTONI di Bogliaco, sul Lago di Garda. Il 15 novembre 1724 nasce a Montronio il suo primogenito, CARLO. Intanto egli ha incominciato a lavorare a Roma alla realizzazione della Nuova Pianta della città. Nel dicembre del 1726 nasce, sempre a Montronio, il suo secondogenito, GIOVANNI ANTONIO, che invece avvierà alla carriera ecclesiastica. Dal 1728 al 1734 è impiegato al Catasto Generale dei SAVOIA per volere del Re di Sardegna VITTORIO AMEDEO II. Dal 1734 NOLLI, insieme a diversi suoi parenti, grazie al Vescovo FABRIZIO BORGIA di Velletri, viene invitato a lavorare nello Stato Pontificio, in particolare nel Lazio Meridionale, ovvero a Ferentino per il Convento di San FRANCESCO, a Velletri per la Chiesa di San FRANCESCO, a Ceccano per la Chiesa di San GIOVANNI BATTISTA e per il Castello COLONNA, a Patrica per la Chiesa di San GIOVANNI BATTISTA. Visti i successi ottenuti, decide di continuare l’attività di Geometra e Architetto, parallelamente a quella di Cartografo. Nel 1736 si trasferisce a Roma per realizzare la Nuova Pianta dell’Urbe Antica e Moderna, protetto da DIEGO REVILLAS, Padre Generalizio dei Girolamini di Lombardia e al servizio del Cardinale ALESSANDRO ALBANI. Questa sua Mappa dedicata al Pontefice BENEDETTO XIV, diventerà presto l’Icona di Roma per i Viaggiatori del Grand Tour e influenzerà il lavoro degli Incisori GIOVANBATTISTA PIRANESI e GIUSEPPE VASI. Sempre protetto da DIEGO REVILLAS, lavora ancora, per Villa Adriana a Tivoli, per la Bonifica delle Paludi Pontine, per i Musei in Campidoglio, per i Restauri della Cupola di San PIETRO e delle Mura Aureliane. Ancora a Roma, ristruttura la Chiesa di Sant’AGOSTINO, il Convento e la Chiesa dei Santi ALESSIO e BONIFACIO all’Aventino e la Chiesa di Santa DOROTEA in Trastevere. Muore a Roma durante un’operazione chirurgica, resasi necessaria in seguito ad un Mal di Pietra. Viene sepolto nella Chiesa di Santa DOROTEA.

NICCOLÓ LAPICCOLA (Crotone 2/1720 - Roma 1790). Pittore. Figlio di LEONARDO LAPICCOLA e di MADDALENA DATI, è un allievo di FRANCESCO MANCINI e diviene Membro Onorario dell'Accademia di San Luca. Sotto la protezione del Cardinal ALESSANDRO ALBANI, lavora con JOACHIM WINKELMANN e con RAPHAEL MENGS e, nei suoi Dipinti, spesso si rifà a MARCO BENEFIAL. È attivo soprattutto a Roma, oltre che a Bergamo e a Crotone. Nel 1761, a Roma, dipinge un "Paese" a fresco, nello stile arcadico del pittore ANDREA LOCATELLI, tre stanze a Villa ALBANI, insieme a ANTONIO BICCHIERAI e PAOLO ANESI. Dal 1765 al 1767 SIGISMONDO CHIGI con sua moglie MARIA ODESCALCHI, per il rinnovamento del Salone d'Oro nel suo palazzo di Roma, si serve dell'architetto GIOVANNI STERN e dei pittori NICOLA LA PICCOLA per dei chiaroscuri e GIOVANNI ANGELONI, poi degli scultori  LUIGI VALADIER e TOMMASO RIGHI, di LORENZO CARDELLI per l'intaglio dei marmi, GIOVAN BATTISTA STAZI per le dorature. La Tela del 1767 “Il Battesimo di Cristo”, nella Chiesa di San GIOVANNI BATTISTA a Patrica, Pala dell'Altare Maggiore, è opera sua. Nel 1768 gli viene assegnata la carica di Pittore dei Sacri Palazzi Apostolici. Lavora in cicli pittorici per SIGISMONDO CHIGI nei palazzi di famiglia a Roma e ad Ariccia. A Crotone dipinge "Gesù di ritorno dalla visita ai Dottori e la Madonna". Nel 1773 un collezionista raccoglie opere di diversi artisti nel suo gabinetto e commissiona a NICOLA LA PICCOLA gli affreschi sulla volta del Caffe-House con finti cammei da disporre tra girali di foglie d'acanto.

PIETRO GAGLIARDI (Roma 9/8/1809 - Frascati 19/9/1890). Figlio di FRANCESCO GAGLIARDI e ANGELA ZUCCHI, inizia a studiare Architettura a Roma, con il Professor FRANCESCO LANCI, ma, appena dopo la morte di suo fratello GIOVANNI, pittore affermato, inizia a frequentare i Corsi di Disegno e di Pittura presso l'Accademia di San Luca, studiando con i Maestri VINCENZO CAMUCCINI, GIUSEPPE LANDI e TOMMASO MINARDI. Sposa VITTORIA ROSCIOLI. Lavora prevalentemente a Roma, nello suo Studio a Palazzo GIUSTINIANI in Piazza San LUIGI DEI FRANCESI. Tra il 1834 e il 1871, esegue Dipinti Mitologici e Storici per il Principe FRANCESCO BORGHESE ALDOBRANDINI a Frascati, per la Famiglia TORLONIA e per il Principe ANTONIO BONCOMPAGNI LUDOVISI a Roma e infine per la Famiglia SANGERMANO-RAPPINI ad Arpino. Ma si afferma anche come Pittore di Dipinti Sacri a Roma nella Chiese o Basiliche di San GIROLAMO DEGLI  SCHIAVONI, di Spirito Santo dei Napoletani, di Sant'AGNESE in Via Nomentana, dei Santi QUIRICO e GIULIETTA, di San Salvatore in Lauro, di Santa Maria in Aquiro, di San PAOLO fuori le Mura, di Santa Maria Maddalena, di Santa Pudenziana, di San ROCCO DI MONTPELLIER, di Santa Maria dell'Orto, dei Santi VITO e MODESTO, di Sant'IGNAZIO, di San FRANCESCO SAVERIO, nonché nella Chiesa di Corneto Tarquinia. L'imperatore FRANCESCO GIUSEPPE gli conferisce la Croce del Merito in Oro e Papa PIO IX si complimenta personalmente con lui. Particolarmente pregevoli sono le Storie della Vita della Vergine nella Chiesa di Sant'AGOSTINO a Roma, i cui Bozzetti sono conservati al Museo di Roma di Palazzo BRASCHI. Diviene Membro della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon e Membro dell'Accademia di San LUCA EVANGELISTA a cui egli dona, nel 1883, il suo autoritratto. Si ha notizia di altre sue opere ad Albano, a Patrica, a Rieti, a Tolfa, a Viterbo, a Vigevano, a Ravenna e in America, in Irlanda, in Francia, in Spagna e a Malta. E' sepolto a Roma, con i familiari e la moglie, nella Chiesa di Sant'AGOSTINO, nella cappella di San GIUSEPPE da lui affrescata. Nella Chiesa di San GIOVANNI IL BATTISTA a Patrica, al lato destro nella Cappella dedicata a San GASPARE DEL BUFALO si trova una sua Tela dedicata al Santo.

La Chiesa di San PIETRO APOSTOLO è una maestosa Chiesa Pre-Romanica a Croce Latina, con Abside Semicircolare, che comprende otto Cappelle. Esistente certamente nel XIII secolo, potrebbe però risalire al IX-X secolo, ha la facciata rivolta verso Oriente. Nel corso del tempo, ha subito numerosi rimaneggiamenti. Parte della struttura medievale è visibile, ancora oggi, sul suo lato est. La Facciata della Chiesa attuale e il Campanile sono prevalentemente di Peperino Locale ed è arricchita da un Timpano e da uno Stemma Pontificio in Bassorilievo scolpito da GAUDIOSO GROSSI. Scultore di Bassorilievi e Stucchi, GAUDIOSO GROSSI, imparentato con lo Scultore GIOVAN BATTISTA GROSSI, entrambi ciociari, è molto probabile che abbiano collaborato, durante il 1759, nei lavori presso la Galleria COLONNA e negli anni 1761 e 1762, a “riattare la Scogliera, e il Vascone” nella Fontana di Trevi a Roma. La Chiesa è sormontata da una Cupola con Lanterna. Sopra l'ingresso, è visibile una Cantoria in Legno che un tempo ospitava un grande Organo, ma che oggi è stato sostituito da un Armonium. L’ampio interno, che può contenere fino a duemila persone, comprende un Coro di Legno e alcune Pale d’Altare tra cui la tela del XVIII secolo, "La Madonna che appare a San GIACINTO", di ignoto, opera voluta dagli adepti della Confraternita di San GIACINTO sorta in paese, dove regna anche la Confraternita del Santissimo Sacramento e la Confraternita delle Cinque Piaghe e della Beata Vergine Addolorata e la tela sull'Altare Maggiore che rappresenta San PIETRO. A sinistra, oltre la Cappella di San GIACINTO, si trovano, la Cappella del Battistero con un Crocefisso dell'Ottocento, quella del Santo Rosario, quella di San CATALDO e, nel Transetto, quella dedicata a San GIUSEPPE, con la relativa Tela. A destra sono allineate le Cappelle di Sant'ANNA con una Statua che la rappresenta, quella del Santissimo Sacramento, quella di San SEBASTIANO e quella dell’Immacolata con la sua Tela. L’Altare Maggiore, nel presbiterio, è circondato da un Coro di Legno dell'Ottocento, sormontato da pala raffigurante San PIETRO APOSTOLO. La Chiesa è a Navata Unica con Colonne laterali e con un interessante Tiburio Ottagonale, opera dell’Artista patricano vissuto nella seconda metà del XVIII secolo, GREGORIO GROSSI, Appaltatore della Fabbrica di San PIETRO di Roma e Mastro Muratore al servizio del Priore GIAMMARIA per i progetti relativi ai Palazzi di Patrica. Nel XVII secolo esistono in questa Chiesa almeno due Cappelle di proprietà della Famiglia SPEZZA e nei primi ventisei anni del XVIII secolo, Arciprete della chiesa è Don NICOLANGELO DEL GRECO. Al suo interno si trovano altre opere del XVIII secolo, come le Statue Lignee di San CATALDO e di San SEBASTIANO, con le loro Macchine, anch'esse di Legno, utilizzate per portarle in Processione. Nel 1837 questa Chiesa viene distrutta ed è ricostruita dal Capomastro GREGORIO GROSSI (Patrica … - … ...), così come appare oggi. Divenuta Chiesa Arcipretale, nel 1847 è Collegiata con cinque Beneficiati. Il Campanile della Chiesa Arcipretale di San PIETRO APOSTOLO, costruito, anche questo, dal Capomastro GREGORIO GROSSI, ha tre campane. Il suo Campanone è stato fuso nel 1886 durante il Pontificato di LEONE XIII dall’Artista GIOVANNI BATTISTA LUCENTI (Roma … - … ...). La Mezzana è opera dei fratelli ERNESTO LUCENTI (... ... - ... ...) e ORESTE LUCENTI (... ... - ... ...) e fu fusa nel 1906 per volere di Monsignor CESARE SPEZZA (Patrica ... - … ...), Canonico Vaticano e Presidente dei Luoghi Pii, utilizzando però una Campana più piccola e spaccata, fusa a Agnone nel 1745. La Piccola, di BIASIO CACCIAVILLANI (Agnone … - … ...), risale al 1776. Qui è conservato anche il “Busto Reliquiario di San Cataldo, Patricae Protector”, d’argento con incastonate pietre colorate, realizzato da PIETRO PAOLO MACCASTROPPI nel 1696.

La Chiesa di San ROCCO è stata eretta, dall’Architetto SIMONI, laddove un tempo esistevano due antiche piccole Chiese gemelle dedicate, una a San SEBASTIANO e l’altra a San ROCCO. Questa nuova Chiesa, caduta però in totale abbandono, addirittura con conseguente crollo del tetto, è stata ricostruita nel 1964, a Navata Unica e con un solo Altare, dietro il quale, in una Nicchia, è conservata la Statua di San ROCCO affiancata da due Cartoni che raffigurano due Angeli, un’opera di PIA REFICE (Patrica … - … ...), nota Artista di Patrica, nipote di LICINIO REFICE

PIA REFICE (Patrica 1918 - … ). È una pittrice. Nipote del compositore Licinio Refice. Ha decorato la Chiesa di San Rocco a Patrica.

La Chiesa di San FRANCESCO SAVERIO, detta “dei Frati”, ovvero dei Missionari del Preziosissimo Sangue, è stata eretta a Patrica a metà Ottocento, con l’arrivo in Paese di questi Frati. I recenti lavori hanno dato un’altra veste alla Facciata. Ora è a Mattoni grezzi, con due piani marcati da Lesene e con un Finestrone. L’interno è a Croce Latina. La Cappella a sinistra è dedicata a San FRANCESCO SAVERIO con una Pala che rappresenta il Santo. Al centro l’Altare Maggiore con un Crocifisso e con Paliotto di Marmo sotto il Tabernacolo. La Cappella a destra è dedicata a San GASPARE e presenta una grande Tela che raffigura il Santo. Sulla Crociera c’è una Cupola. Nel fabbricato accanto la Casa dei Missionari, sulla Facciata è posta una Scultura di Terracotta che rappresenta il Redentore e San GASPARE, opera dello Scultore ELIO TURRIZIANI (Frosinone - … ...).

La Chiesa della Madonna di Piè di Monte, ormai sconsacrata, è stata edificata nel Medioevo. Abbattuta poi intorno alla metà del XIX secolo, è stata ricostruita così come ci appare oggi. Essa è costituita da un unico ambiente rotondo con in cima una Cupola.

La Chiesa della Madonna della Pace. Antica Chiesetta, risalente almeno al XVI secolo, lo testimonia la Campana più grande di questa Chiesa che risale al 1603, la quale adesso batte le ore, collegata all'Orologio in cima al Palazzo del Municipio di Patrica. Un tempo era situata al centro della Piazzetta omonima, sul luogo dove oggi si erge la Colonna con sopra la Statua della Vergine Immacolata. A ricordarci le origini di questa Chiesa esiste ancora, incastonata nel Muro di Cinta, la Mansa dell’antico Altare con su scolpita la scritta: “Virginia a pace haec olim fuit ara sacellum”. FRANCESCO MARCHETTI, Prete Gesuita, fatta demolire l’antica Chiesa, nel 1890 ne fa costruire una nuova sul suolo di proprietà del fratello MACARIO MARCHETTI, un po’ più a sud, chiedendo l’intervento dell’Architetto BERNARDO LUNARIO (o BERNARDO LUGARI, Cavaliere, Monsignore, Ingegnere, Architetto e Archeologo, che insieme a suo fratello GIOVAN BATTISTA LUCARI, ha eseguito Scavi a Roma nella zona della Caffarella e dell'Appia Antica).
Quest’ultimo allora la fa decorare con eccellenti Affreschi e la dota di preziosi Arredi Sacri. L’edificio viene costruito con Blocchi di Peperino, estratto e lavorato sul posto, da Artigiani di Patrica. Sul retro si erge una Colonna, con la funzione, in passato, di Campanile, dotato di due Campane, ora conservate dentro la Chiesa. Cinque Affreschi del Pittore SALVATORE NOBILI, che rappresentano l’Annunciazione, l’Incontro al Tempio della Madonna con Santa ELISABETTA, la Natività, la Fuga in Egitto, la Madonna della Pace in Trono con le Sante APOLLONIA e LUCIA, decorano le pareti interne. I personaggi in essi raffigurati sono stati selezionati, dal Pittore NOBILI, tra la gente del posto: di alcuni si conoscono addirittura i nomi. Sotto questi Affreschi appaiono sei Rosoni con Scene che rappresentano Adamo ed Eva, il Demonio sotto le sembianze del Serpente, l’Albero con la Mela, il Fulmine che abbatte l’Albero, la Stella Cometa che illumina il Mondo, la Colomba della Pace, il Giglio con l’Arcobaleno. Tutti e sei questi Rosoni sono stati affrescati, nel 1977, dall’Arciprete Don MARIO MAURA. La Tela della Madonna e Bambino, invece, con la scritta “Funda nos in pace” ovvero “Mantienici in Pace”, appartenuta alla Chiesa demolita, è ora esposta sull’altare della nuova Cappellina nell’ex Sagrestia di San Pietro. All’interno della Chiesa, sul Portone, figura la scritta: “Aeden Virgini a pace sacram prope veterem situ vetustateque labentem Franceiscus Marchettius e soc. Iesu aere Macarii fra tris a fund. Erigendam cur. A. MDCCCXC concivibus optimis benemerentibus et Bernardo Lunario architecto ac patrono patricani grati animi aussa”, ovvero “Chiesa dedicata alla Vergine della Pace vicino al luogo, dove sorgeva un’altra Chiesa cadente per l’antichità, FRANCESCO MARCHETTI della Compagnia di Gesù, sul terreno del fratello MACARIO, ne curò la ricostruzione dalle Fondamenta. L’anno 1890, con le offerte degli ottimi e benemeriti concittadini e con il concorso e patronato dell’Architetto BERNARDO LUNARIO. Ai patricani, con animo riconoscente”. Per un certo periodo, la Chiesa viene affidata alla Confraternita dei Fratelli di San GIACINTO che lì tiene le sue Adunanze. Dopo la demolizione della vecchia cadente Chiesa, sul posto fu eretto un Monumento di Peperino Locale alto m.5 e con la base quadrata, circondato da un’Inferriata. Nel 1955, in cima alla Colonna che un tempo sosteneva un Globo di Pietra con incastonata la Scritta in Ferro, “AVE MARIA”, ma che un fulmine ha distrutto, è stata posta una Statua, in Marmo Bianco, della Madonna, realizzata da uno Scultore di Carrara; e sono state aggiunte tre Lapidi di Marmo che riportano questa Scritta: “Virginia heic olim fuit aedes nuper collapsas Coepit pulcrior arte locum” ovvero “In questo luogo, una volta, sorgeva una Chiesa dedicata alla Vergine. Da poco tempo demolita, ne ha preso il posto un’altra artisticamente più bella.  A.D. 1954. L’Arciprete e il Popolo Patricano. A perenne ricordo. A.MDCCCXCIII”. Oggi, due efficienti Parafulmini, collocati sul tetto, la proteggono da eventuali scariche elettriche.

SALVATORE NOBILI (Roma att. 1865 – 1912). Formatosi, dal 1865 al 1867, principalmente come Disegnatore presso una Bottega Artigiana di Roma dove vengono realizzate le Incisioni dell’Ottavario dei Morti per conto dell'Ospedale di Santo Spirito in Sassia, si dedica poi soprattutto alla Pittura Religiosa. Nel 1867 dipinge uno Stendardo con Il Martirio di San Pietro de Arbues; nel 1886 decora la Cappella dei Santi CIRILLO e METODIO nella Chiesa di San CLEMENTE; nel 1906 dipinge su una Volta della Chiesa di Sant’Andrea della Valle, due Tempere raffiguranti, una, La Cacciata dal Paradiso Terrestre e l'altra, L'Apparizione dell’Immacolata a Sant'ORSOLA BENINCASA. Decora, ancora a Roma, la Chiesa di Sant’ANTONIO dei Portoghesi, ma poi va a lavorare a Firenze. Nel 1886 succede, come Direttore della Scuola del Mosaico in Vaticano, a FRANCESCO GRANDI, suo amico e suo Maestro di Pittura. Atre sue opere sono, un'Assunzione della Vergine e Spirito Santo del 1893, olio su tela; un ritratto di FRANCESCO GRANDI, del 1894, per l'Accademia di San LUCA EVANGELISTA e uno Studio per Pala d'Altare, Olio su Cartone, conservato a Roma in una Collezione Privata. Questo Pittore è l’autore di cinque Affreschi che adornano l’antichissima Chiesetta di Patrica, ricostruita nell'Ottocento, dedicata alla Madonna della Pace. Quello dietro l’Altare Principale, in parte ancora originale e con la scritta “Virginia a pace haec olim fuit ara sacellum”, rappresenta la Vergine in Trono e il Bambino Gesù, con ai lati i Santi MARTINO, LUCIA e APOLLONIA accanto a due palme. Sulle pareti laterali, gli altri quattro Affreschi raffigurano invece l’Annunciazione, La Visita della Madonna a Santa ELISABETTA, La Nascita di Gesù con l’Adorazione dei Pastori, La Fuga in Egitto.

PIETRO PAOLO MACCASTROPPI (Roma 1631 - Roma 25/3/1702). Scultore, patentato nel 1660. La sua bottega si trova all’insegna del "Cavallo del Campidoglio". Dal 1701 è in società con il genero FRANCESCO MORELLI. Nel 1696 realizza il “Busto Reliquiario di San Cataldo, Patricae Protector”, d’argento a fusione inciso e cesellato, di cm. 74x44, con incastonate pietre colorate, (Ex Dono del 1704, Magn.cae COM.TIS Terrae Patricae Residentibus: D.D. MARCO PALOZZA, DOM.CO COALLO et HIACINTO DE COMITIBUS), conservato nella Chiesa di San Pietro a Patrica. Altra sua opera è una “Coppetta Porta-etrog (cedro)” in argento con due manici a forma due teste leonine, conservata al Museo d'arte ebraica di Roma.

ETTORE MARCHIAFAVA (Roma 3.1.1848 - Roma 23.10.1935). Figlio di Francesco Marchiafava e di Maria Anna Vercelli, entrambi di Patrica. Medico di tre Papi e dei Re di Casa Savoia, Senatore, Professore di Anatomia Patologica all'Università di Roma "La Sapienza", nonché Vice Presidente dell'Accademia dei Lincei e Vice Presidente della Croce Rossa Italiana. Insignito d’una Medaglia d'Oro, per il suo lodevole servizio presso l’Ospedale di Santo Spirito. Ha esercitato a Roma presso l'Istituto di Tommasi Crudeli, a Strasburgo presso l'Istituto Anatomopatologico diretto da F.D. Recklinghausen, a Berlino presso il Laboratorio diretto da Robert Koch e ancora a Roma presso la Sala Incisoria del Policlinico Umberto I. Come Studioso e Ricercatore si occupò e apportò fondamentali contributi per la terapia della Malaria, della Tubercolosi, della Scarlattina, del Cancro, della Verruca Pigmentaria, della Meningite, della Sifilide, della Demenza da Alcolismo detta "Malattia di Marchiafava e Bignami", della Emoglobinuria Parossistica Notturna detta anche “Sindrome di Strübing-Marchiafava-Micheli”. Per i risultati ottenuti fu insignito con la medaglia "Patrick Manson" della Royal Society di Londra. Durante la guerra del 1915-1918 prestò Servizi Antimalarici presso l'Esercito Italiano. Negli ultimissimi anni della sua vita ha anche pubblicato due Opere Umanistiche: "Il vino e le poesie di Orazio", del 1934 e "Orazio e Dante", del 1935.


FATTORINI (Patrica … - … …). Medico e chirurgo della Delegazione di Frosinone, cooperatore spontaneo degnissimo che ha sempre promosso l’inoculazione vaccina, lunedì 19 maggio 1823 - insieme ad altri 52 medici chirurghi - nelle Stanze del Quirinale a Roma, durante la pubblica e solenne adunanza in cui sono state effettuate oltre mille vaccinazioni, è tato premiato con una medaglia d’oro, dal Cardinale di Stato Consalvi Prefetto della Santa Consulta.

GIOVANNI DA PATRICA (Patrica ca. 1.100 – Anagni …) Architetto, sposato e con un figlio, ANDREA. Nel 1.133, dentro il Duomo di Santa OLIVA eretto ad Anagni nel 1.100 per volere del Vescovo ODDONE, Mastro GIOVANNI costruì un altare dedicato alla santa. Quest’altare, venne posto, poi, nella Cripta sotterranea e, dopo che con solenne pompa vi fu trasferito in processione il corpo di Santa OLIVA, l’Antipapa ANACLETO II, ovvero PIETRO PIERLEONI, lo consacrò, assistito dal Vescovo RAONE, con tutto il Clero, insieme ai Canonici.

Territorio di Patrica e Monte Cacume. Il Conte GIOVANNI DI CECCANO, nel 1202, dentro la Sala del Trono del Palazzo Pontificio di Anagni riceve da Papa INNOCENZO III, l'investitura di tutti i suoi feudi: da quello di Sezze a quello di Patrica, a quello di Cacume e viene da questi nominato "Ligiam Hominen", ovvero “Vassallo della Chiesa”. Alla sua morte, nel 1224, i Feudi di Patrica e Cacume vengono ereditati da suo figlio, il Conte LANDOLDO DI CECCANO. Nel 1264, alla sua morte, suo figlio il Conte GIOVANNI DI CECCANO eredita il Feudo di Patrica e il Castrum Cacuminis con l’Abbazia Secolare di Sant’Angelo de Cacumine. Nel 1298 tutto viene ereditato dal Conte ANNIBALDO DI CECCANO. … Nel 1425 Papa MARTINO V riconosce al Conte ILDEBRANDO POLI Castrum Patrice cum Turri e Cacumine. … Nel 1475 le terre dirute Cacuminis vengono assegnate parte a Patrica e parte a Giuliano.

Chiesa di Santa Maria de Cacumine. Era situata sul Monte Cacume, nella Valle di Santa Maria, ad est della Fontana Scocciapane. I suoi resti non sono ancora venuti alla luce, però risulta menzionata in uno scritto del 1209 e in alcuni documenti, dall’anno 1328 all’anno 1335.

Chiesa di San’Angelo de Cacumine. Era situata in Pede Latere Montis Cacumen, in corrispondenza della Fontana Scocciapane. Non vi sono resti sul terreno, ma sappiamo che il Romitorio, poi Monastero e Oratorio di San Michele Arcangelo fu fondato da San DOMENICO DI SORA nei primi anni dell’XI secolo. Risulta menzionata in un documento del 1289.

La Chiesa del Redentore sul Monte Cacume è una Chiesetta costruita nel 1903 sopra le Rovine del Catello Medievale di Cacume. Lì accanto, nello stesso periodo, viene eretta la Croce di Ferro. Abbandonata per circa un secolo, recuperata, ristrutturata e riconsacrata, oggi è meta di pellegrinaggi.

Croce di Ferro sul Monte Cacume. La costruzione della Croce inizia già sul finire del 1899; suddivisa in pezzi, è trasportata sulla vetta del Monte Cacume, dal popolo di Patrica, parte a spalla e parte in groppa a muli e asini. Alta 14 metri del peso di circa 50 quintali, viene inaugurata nel settembre del 1903. La Croce viene collocata su quella cima, anche in conseguenza alla disposizione del Papa, di far innalzare, come segno di Redenzione, venti Croci, contemporaneamente, sulle vette più alte d’Italia. 

CATALDO SAMBIAK (Irlanda 615 – Taranto, 8/3/685). I suoi genitori, EUCO SAMBIAK e AKLENA MILAR lo educano all’amore cristiano.  Alla loro morte egli dona tutto ai poveri. Diviene discepolo di CARTHAGH Abate del Monastero di Lismore, dove viene ordinato sacerdote. Nel 637, alla morte del suo maestro, gli succede nella conduzione del monastero. Nel 670 è ordinato Vescovo di Rachau e nel 679 intraprende un viaggio in Terra Santa, vestito da pellegrino. Durante il soggiorno in Terra Santa, presso il Santo Sepolcro, gli appare Gesù che lo invita di andare a Taranto a rievangelizzare la città caduta in mano al paganesimo. San CATALDO allora sbarca nel porto dell'attuale Marina di San Cataldo, località che ancora oggi porta il suo nome e raggiunge Taranto. Secondo la tradizione, per placare una tempesta, egli avrebbe lanciato un anello in mare e in quel punto si sarebbe formata una sorgente d'acqua dolce chiamata "Anello di San Cataldo", tutt'oggi esistente. A Taranto fa abbattere i templi pagani e soccorrere i bisognosi. A Corato, poi, in provincia di Bari, libera la città dalla peste. Muore a Taranto e viene sepolto nella Chiesa di San Giovanni in Galilea, Cattedrale della città. Il suo culto si diffonde presto, particolarmente nell’Italia meridionale; a Patrica, nel XII secolo, nasce un Romitorio, a lui dedicato. Il suo Busto reliquiario è conservato nella Chiesa Parrocchiale di San Pietro a Patrica. È un'opera in argento a fusione, inciso e cesellato, con pietre colorate incastonate, del 1696, di Pietro Paolo Maccastroppi (Roma 1631 – Roma 1702), recante la scritta “S. Cataldus/Patricae/Protector/AD 1704”. (Simone Rosati, Il Cammino delle Terre Comuni. Dalle leggi liquidatorie ..., 2019 - Mola Caniglia, [in:] I Santi Patroni..., 2006, - Benedetta Montevecchi, ‎Alessandra Acconci, ‎Dora Catalano, Sculture Preziose: Oreficeria sacra nel Lazio dal XIII al .., 2015, da cui: Cristiano Giometti, Busto reliquiario di San Cataldo)

CASTORE DURANTE (Gualdo Tadino 1529 – Viterbo 1590) Medico, botanico e poeta, nominato Archiatra, ovvero Primo Medico presso la Corte di Papa Sisto V. Nelle sue opere “Herbario Novo” e “Il Tesoro della Sanità” ha accennato alle castagne di Patrica, elogiandone la qualità.

Aliquippa. È una cittadina degli Stati Uniti d'America, Contea di Beaver, Stato della Pennsylvania, con oltre 10.000 abitanti. Nasce a metà del XVIII secolo come villaggio indiano, ma poi, dopo la guerra franco-indiana del 1754–1763 e l'acquisizione della regione da parte degli inglesi, il popolo indiano ne perderà il possesso, per cui essa verrà chiamata Logstown. Molti coloni bianchi allora, già dal 1770, vennero a stabilirsi qui, sviluppando così diverse industrie. Narra una leggenda che il nome di questa città avrebbe preso origine dal nome della famosa Regina indiana Aliquippa, la prima regina seneca che governò quel territorio alla foce del fiume Ohio e che, nel 1753, avrebbe addirittura avuto un incontro presso McKeesport, con il Presidente George Washington. Aliquippa, abitata fin dall’Ottocento, da italiani (soprattutto patricani), da serbi, da croati e da altri europei, è divenuta una delle grandi acciaierie degli Stati Uniti d’America e benché sia costituita una ridotta e modesta comunità, ha dato i natali a grandi personaggi dello sport, tra i quali, Peter Press Maravich (22 06/1947 – 5/01/1988), detto "Pistol Pete", famoso giocatore di pallacanestro, ma anche ad Henry Mancini (16/04/1924 - 14/06/1994), nato a Cleveland, cresciuto però, appena dopo a nascita, nella vicina Aliquippa. Enrico Mancini (originario dell’Abruzzo ai confini con la Ciociaria, non lontano da Patrica), compositore e direttore d'orchestra, vincitore di quattro Oscar, è ricordato in tutto il mondo per le sue colonne sonore di film come “La pantera rosa” o “Colazione da Tiffany”. Aldo Conti Presidente della Pro-loco e il Comune di Patrica sono particolarmente sensibili a mantenere vivo il gemellaggio Patrica-Aliquippa, così, di tanto in tanto, organizzano feste e manifestazioni.


Aliquippa: Regina indiana      Bandiera di Aliquippa a Patrica
            

Aliquippa ieri



                                                         Aliquippa oggi

URBANO SIMONI (Patrica ... - ... ...). Fratello di SIMONE, CAROLINA, BEATRACE e PAOLA, sposa la Levatrice di Patrica DOROTEA. Viene eletto sindaco di Patrica durante il periodo fascista, col titolo di Podestà.


FEDERICO SIMONI (Patrica … - … …). FEDERICO SIMONI e ICILIO SIMONI, due fratelli Sacerdoti, in occasione del Giubileo del 1900 inaugurato da Papa LEONE XIII, nativo di Carpineto sui Monti Lepini, si fanno promotori per la realizzazione d'una Croce di Ferro sulla cima del Monte Cacume. Don FEDERICO, che è stato Arciprete di Patrica, in un suo diario ha raccontato la sua esperienza di quando è andato in America, in visita ai suoi compaesani emigrati.

ICILIO SIMONI (Patrica … - … …). Sacerdote. Don ICILIO, detto «l'Arciprete zizzania», spinge a favore della riforma musicale in atto nella Chiesa. ICILIO e suo fratello FEDERICO SIMONI, entrambi Sacerdoti, in occasione del Giubileo del 1900, inaugurato da Papa LEONE XIII, si fanno promotori per la costruzione della Croce su Monte Cacume    

ROMANO SIMONI (… … - … …). Francescano. Cardinale in odore di Santità, Nunzio Apostolico negli Stati Uniti d’America, Cappellano militare decorato, confessore di Santa FRANCESCA CABRINI, fondatrice delle Suore Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. È amico del Console Marchese FERRANTE.

SCIPIONE SIMONI (Roma 2.8.1853 – Roma 30.1.1918). Pittore acquarellista. Figlio di ANTONIO SIMONI originario di Pratica di Mare (o di Patrica?) di mestiere barbiere in via Panisperna a Roma e di LUISA FABRIZI, casalinga, di Magliano Sabino. Allievo di suo fratello maggiore GUSTAVO SIMONI, a soli 17 anni, diviene Membro dell'Accademia di San Luca. Nell’Ottocento espone le sue opere a Monaco di Baviera, a Dresda e, nel Novecento, a Roma; nel 1903, infatti è entrato a far parte del Gruppo Acquarellisti Romani, sodalizio di pittori fondato da suo fratello insieme ad altri artisti. Con AUGUSTO CORELLI, PUBLIO DE TOMMASI, PIO JORIS, ENRICO NARDI, EDOARDO FORTI, DANIELE BUCCIARELLI, GIULIO ARISTIDE SARTORIO, LORENZO CECCONI e altri, entra, poi, a far parte del “Gruppo dei XXV della Campagna Romana” e, con loro, nel 1909, si trasferisce a dipingere a Anticoli Corrado. SCIPIONE SIMONI, nel corso della sua carriera artistica ha rappresentato minuziosamente le case e gli scorci dei diversi paesi nel Lazio, nonché gli abiti dei suoi abitanti, tutto con cura minuziosa. Il suo è un verismo lirico della seconda metà dell’ottocento che si rifà a suo fratello GUSTAVO, orientalista di successo e pittore anch’egli, autore di scene italiane e di scene arabe, sia del suo tempo, che di altre epoche storiche. Tra gli acquarelli più noti di SCIPIONE SIMONI, figurano: Ragazza che aspetta, del 1878 – “Incontro a Patrica”, del 1899, Venditrice di cavoli, del 1893 - Ceccano, del 1893 - Vicolo di Cori, del 1894 - Interno di cattedrale, del 1895 - Figure sui gradini, del 1897 - Scena di Subiaco, del 1900 - Scorcio di paese, del 1900 - Montecelio, del 1902 - Strada di Tivoli, del 1908 - Vicolo di Tagliacozzo, del 1912 - Arco sotto la torre, del 1912 o “Patrica”, un acquarello su carta di cm. 78x54, del 1898, che oggi fa parte d’una collezione privata. Nella casa d'aste Christie, viene veduto un suo acquerello datato 1897; Renato Mammuccari e Federico Zeri lo menzionano nei loro scritti.

SIMONE SIMONI (Patrica 24/12/1880 – Roma 24/3/1944). Generale di Divisione del Regio Esercito Italiano. Intrapresa la Carriera Militare come Ufficiale, a partire dal 1904 combatte nella Campagna di Libia. Nel 1908 quando si scatena il Terremoto di Messina, è a Reggio Calabria e qui sarà egli stesso a rintracciare il corpo della fidanzata sepolto sotto le macerie. Più tardi si sposa e si trasferisce a Roma. Ha quattro figli. Opera con il Tenente Colonnello ERMINIO BUFALINI. Al termine della Prima Guerra Mondiale, viene decorato con Medaglia d’Oro al Valor Militare e, per le gravi ferite riportate in combattimento durante la battaglia di Caporetto, è riconosciuto "Grande Invalido". Durante la Seconda Guerra Mondiale, poi, è tra i Membri del Fronte Militare Clandestino. Arrestato e imprigionato dalle S.S. tedesche, viene poi fucilato nell’Eccidio delle Fosse Ardeatine. Alla sua memoria sono dedicati diversi Istituti Scolastici di Roma, una Via nel quartiere Trionfale e una Caserma a Sora.

CARLO SIMONI (Patrica ... - Patrica 2.1.1825). Brigante facente parte della Banda di Luigi Minocci. Il 2 gennaio 1825, i Carabinieri e i Cacciatori Pontifici delle Provincie di Marittima e Campagna, al comando del Maresciallo Montignani, giunti a Patrica nella località Vallone di Calciano, hanno affrontato la famosa banda di malviventi capeggiata da LUIGI MINOCCI di Sonnino. Nel conflitto sono rimasti uccisi: lo stesso Minocci, CARLO SIMONI e TOMMASO GIAMMARIA di Patrica e Antonio Porcari di Carpineto. Tra i militi, invece, non c’è stata alcuna vittima.

TOMMASO GIAMMARIA (Patrica ... - Patrica 2.1.1825). Brigante facente parte della Banda di Luigi Minocci. Ucciso nella località Vallone di Calciano a Patrica, in un conflitto a fuoco con i Carabinieri Pontifici delle Provincie di Marittima e Campagna, al comando del Maresciallo Montignani. 


PIETRO ANGELO SECCHI (Reggio Emilia 28/6/1818 – Roma 26/2/1878) è un Padre Gesuita, Astronomo e Geologo, Fondatore della Spettroscopia Astronomica, impegnato per tutta la vita in Italia come grande studioso e come insigne Professore, ma che dal 1841 al 1849 è costretto ad emigrare in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America a causa del Bando che viene ad incombere sulla Compagnia di Gesù. Ospitato a Patrica dalla Nobile Famiglia STELLA, progetta l’Impianto che da Monte Cacume porterà l’acqua alla Fontana del Paese nel 1861.


DEMETRIO DE CAROLIS (Patrica II metà XVIII sec. - … I metà XIX sec.). Nel triennio giacobino che va dal 1796 al 1799, avevano preso il via le insorgenze antifrancesi in tutta Italia. A Patrica il Mastro Muratore DEMETRIO DE CAROLIS, già 16 anni prima veniva considerato un ribelle dalle autorità; infatti, durante tutti gli anni '80 e '90 del XVIII secolo, era stato alla testa delle liti tra la Comunità e il Barone feudatario del paese. Cessata la fase della Repubblica Romana, ecco quindi che a Roma, circa 16 anni più tardi, esattamente il 28 dicembre del 1814, le autorità ancora sospettavano di lui, tanto che il Cardinal PACCA ordinava al Delegato Apostolico di Frosinone di prendere segrete informazioni sull’operato del DE CAROLIS.

MARIO MARCHETTI (Patrica … - … …), è il primo Patricano, intraprendente, ad emigrare, nell’Ottocento, verso il Nuovo Mondo. Altri seguono il suo esempio e, dopo di lui, espatriano particolarmente in Argentina e negli Stati Uniti d'America. Qualche caso di Emigrazione, fino ad allora, a Patrica, c’era già stato, ma sempre dentro i confini del Territorio Nazionale.

JACEK ODROWĄŻ (Kamień Śląski, 1.185 – Cracovia, 15/8/1.257). Santo. Prete Polacco dell'Ordine Domenicano dei Frati Predicatori. Nasce nel Castello di Łanka, a Kamień in Slesia appartenente alla nobile Famiglia ODROWĄŻ. Studia Diritto Canonico e Teologia a Cracovia, a Praga e a Bologna, è ordinato Sacerdote e diviene Canonico della Cattedrale di Cracovia. Arriva in Italia e, dopo un incontro con DOMENICO DI GUZMÁN a Bologna, decide di diventare Domenicano e subito dopo il noviziato riparte verso l'Europa Orientale, per diffondere l'Ordine. Qui fonda i Conventi di Friesach, Cracovia, Danzica e Kiev; lavora per l'Unione delle Chiese d'Oriente e d’Occidente. Papa CLEMENTE VIII O IPPOLITO ALDOBRANDINI (Fano 24/2/1536 – Roma 3/3/1605) lo canonizza nel 1594 e nel 1686 Papa INNOCENZO XI o BENEDETTO ODESCALCHI (Como 19/5/1611 – Roma, 12/8/1689) lo dichiara Patrono della Lituania. Viene festeggiato il 15 agosto, ma i Domenicani lo celebrano il giorno 17. Święty JACEK, San GIACINTO in Italia, è rappresentato a Roma, a Patrica, a Sassari, a Brescia, come in tantissime altre Chiese. A Patrica, in particolare, alla fine dell’Ottocento si viene a creare la Confraternita dei Fratelli di San GIACINTO con sede nella Chiesa di Santa Maria della Pace, rimasta attiva per un breve periodo.

ANTON MARIA CAGIANO DE AZEVEDO (Santopadre/Frosinone 14/12/1797 – Roma, 13/1/1867). Figlio di OTTAVIO CAGIANO DE AZEVEDO, un cognome del tutto italiano, benché potrebbe apparire spagnolo. Ordinato presbitero il 10 agosto 1824. Da giovane inizia a studiare presso l’Abate CLARY, ma conclude gli studi all'Accademia dei Nobili Ecclesiastici. Nel 1832 viene nominato Governatore di Spoleto, poi Preside della Provincia di Perugia e infine Prolegato Pontificio a Ferrara. In segno di riconoscenza e di stima per il lavoro svolto, è nominato Nobile di Todi, di Ferrara e di Foligno. Il 22 gennaio del 1844 è eletto Cardinale e poi Vescovo di Sinigaglia con il titolo di Santa Croce in Gerusalemme in Roma. Segue il Papa GREGORIO XVI a Gaeta. Diviene Prefetto della Santa Congregazione del Concilio, Penitenziere Maggiore, Protettore dell'Ordine Francescano e del Comune di Patrica. Promuove lo Studio del Catechismo. Nel 1854 è nominato Vescovo Tuscolano e per tredici anni regge la Diocesi Suburbicaria. A Frascati però trova ostacoli da parte degli amministratori del Comune, per cui non può realizzare tutti i suoi progetti. Partecipa al Conclave del 1846 dove verrà eletto Papa PIO IX. È sepolto a Roma nella Chiesa di Santa Croce in Gerusalemme.

FRANCESCO DEL GRECO (Patrica 17.. – Roma 18..). Detto "IL CECCHETTO", capo d’una Banda di Briganti tutti Patricani, tra cui il Sacerdote NICOLA TOLFA e il Letterato PIETRO MASI. Pericoloso malvivente recidivo, fugge alla macchia con FRANCESCO NARDELLI. Nel settembre del 1820 è tra i diciotto che si presentano a Terracina e che vengono amnistiati dal Pontefice.

NICOLA TOLFA (Patrica ... - ... ...). Sacerdote, entrato a far parte della Banda di Briganti capeggiata da ANTONIO GASBARRONI o GASBARRONE (Sonnino il 12/12/1793 - Abbiategrasso 1/4/1880), quando questi, nel 1821, rinnova il suo gruppo con quindici elementi mantenendo solo quattro dei suoi vecchi compagni. Con loro si dirige verso Frascati dove assalgono la Certosa e sequestrano quattro Religiosi. Durante la richiesta di riscatto le cose precipitano per cui è coinvolto in uno scontro a fuoco dove perdono la vita un Religioso ed un Brigante.

TOMMASO MASI (Patrica 18.. - Patrica …). Taglialegna divenuto poi brigante, da tutti chiamato TOMMASONE per la sua enorme statura di gigante. Era sposato con NINA, una bella e giovane contadina dedita alla cura della vigna vicino casa. Da lei ebbe due figli gemelli. Forse era parente del famoso prete celestino TOMMASO DA PATRICA. Aveva sempre con se un’asina che in paese chiamavano “Asina di San Giuseppe”. Affamato – come tutti poveri disgraziati – dalle tasse esagerate, si rifugiò nei boschi e incominciò a chiedere forzosamente danaro a tutti quei ricchi possidenti che incontrava sul suo cammino. Diviene, poi, particolarmente amico del brigante FILIPPO ASCENZI da Prossedi, un altro povero Cristo che, come lui, s’era dato alla macchia. Morta sua moglie NINA, i figli vengono accolti in canonica e curati dalla sorella dell’Arciprete del paese RICCARDO GIAMMARIA. Tradito dall’ASCENZI, finì arrestato dai Carabinieri. Le autorità lo condannarono alla decapitazione, ma la sua testa, doveva essere tagliata dall’ASCENZI stesso, col suo coltellaccio. Sistemata dentro una gabbia di ferro venne esposta in paese al pubblico ludibrio. Bibliografia: Gianni D'Andrea, La misteriosa storia del ritratto di Oloferne, Robin, Roma 2006. È la storia di TOMMASO MASI di Patrica, detto TOMMASONE.

PIETRO MASI (Patrica 1801 – Roma 1871). Letterato. Per aver scritto “La mia vita di brigante”: redatta in Prigione da PIETRO MASI da Patrica, ergastolano, suo Compagno di Banda e di Pena, dalle Memorie di ANTONIO GASBARRONI, Capo dei Briganti in Ciociaria nei Territori di Frosinone”, si può definire il primo Sorico studioso del Brigantaggio. Monsignor Giuseppe Antonio Benvenuti, Delegato Straordinario delle Provincie di Marittima e Campagna, il 21 settembre 1825 fece pubblicare a Frosinone la seguente Notifica: “Le bande di malviventi della zona, compresa quella rinomatissima di Mezza Penta, sentendosi braccate dalle Forze dell’Ordine, si sono rivolte all’Abate Pellegrini, Vicario Generale di Sezze, per chiedere consiglio. Questi li informò che, per la loro salvaguardia, avrebbero dovuto consegnare le armi e attendere d’essere tradotti, a Roma. A questo punto soltanto otto di essi s’arresero realmente. Questi furono: il famoso capobanda di Sonnino ANTONIO GASBARRONE, Alessandro Leoni anch’egli da Sonnino, Costanzo Notargiovanni da Giuliano, Vincenzo Jannucci da Vallecorsa, SANTE MATTIA e PIETRO MASI da Patrica, Leone Pernarella da Monticelli e Domenico Antonio Fallovo da Fondi. Costoro, tre giorni dopo, giunsero, sotto scorta, nella capitale e furono rinchiusi nelle carceri di Castel Sant’Angelo.

SANTE MATTIA (Patrica ... - Roma? ...). Brigante facente parte della Banda di Antonio Gasbarrone.

PINEROLI (.... - ....). Geometra che nel 1819, arrivato a Patrica per prendere le misure relative al nuovo Catasto, venne rapito.

LIBERO DE LIBERI (Fondi 21/5/1903 – Roma 3/7/1981). Poeta, Critico d'Arte, Sceneggiatore e Narratore. Le sue opere sono pubblicate da Mondatori e dalla Nuova ERI/RAI. Particolarmente legato a Patrica, ha dedicato a questo Paese diverse sue composizioni poetiche. Nel 1973 De Libero scrive: "A pochi mesi dalla nascita la mia famiglia mi portò da Fondi a Patrica, e qui vi restai fino a vent’anni [...] le mie prime parole furono dette in Dialetto Patricano, la mia Poesia è sbocciata tra i tufi di quelle colline e montagne, nel Cimitero riposano, mia madre, due fratelli, due sorelle e vi porterò anche mio padre e un’altra sorella". È ospite a Patrica in Casa della Nobile Famiglia STELLA. Per il teatro ha scritto “Frangiallo”, “Ercole in Fondi” e “Don Giovanni o il burlone di se stesso”. Le sue opere sono presenti nel Museo di Palazzo MAGNI-MORETTI a Patrica, insieme ai documenti e agli strumenti di LICINIO REFICE e di RICCARO MORETTI.

ENNIO ERNESTO MONTINI (Patrica 23/7/1920 - … …). Sacerdote. Poeta. Per alcuni anni è stato Direttore della Libreria Francescana di Roma. Nel 1982 pubblica “Balcono beglio dulla Uallo”, “Inquietudini”, nel 1986 e “Aneliti d’Infinito”, nel 1993.

PIERINO MONTINI (Patrica … - … …). Poeta. Letterato. È docente di Filosofia presso la Pontificia Università Urbaniana. La Pro-Loco di Patrica pubblica due suoi scritti: “Poesia”, nel 1998 e “Raccolta di Fiabe Natalizie”, nel 1999. E’ anche autore dei libri “Uomo 2000: Poeti e Scrittori”, del 1988, “La libertà umana in San Bonaventura e in San Tommaso”, del 1995 e “Introduzione alla Filosofia”, del 1998.

CELESTINO CARPINETI (Patrica … - … …). Poeta. L’associazione Pro-Loco di Patrica pubblica una sua Raccolta di Poesie. È un entusiasta animatore dei vari incontri culturali a Patrica, oltre che Poeta-Declamatore.

MAGNI. Antica Famiglia Patricana, distintasi particolarmente nel XVIII secolo. Una Mostra Storico-Documentaria, allestita a Patrica dall’11 al 16 agosto dell’anno 1977, ha ripercorso la Stoia di questa Casata, ma tutte le informazioni relative alla nascita e al percorso di questa Famiglia, sono riportate nel libro di NICOLA ENZO MAGNI dal titolo “La Famiglia MAGNI di Patrica”, pubblicato a Patrica nell’anno 1977.

GROSSI. Antica Faniglia patricana che è pienamente documentata dal 1621 al 1808
Appartengono a questa famiglia GAUDIOSO GROSSI, scultore di bassorilievi e stucchi con lo Scultore GIOVAN BATTISTA GROSSI, entrambi patricani; è molto probabile che abbiano collaborato, durante il 1759, nei lavori presso la Galleria COLONNA e negli anni 1761 e 1762, a “riattare la Scogliera, e il Vascone” nella Fontana di Trevi a Roma. Un altro esponente, patricano, è GREGORIO GROSSI, appaltatore della Fabbrica di San Petro di Roma e Mastro Muratore al servizio del Priore GIAMMARIA per i progetti relativi ai Palazzi di Patrica. GREGORIO GROSSI, Capomastro, infine, anch’egli di Patrica, nel 1837 ha ricostruito il Campanile, con tre campane, della Chiesa Arcipretale di San Pietro Apostolo.


PILOTTI. Prestigiosa Famiglia di Patrica. Notai per generazioni, almeno dalla prima metà dell’Ottocento alla prima metà del Novecento. Eccone, qui di seguito, alcuni rappresentanti: GIOVANNI PILOTTI (Patrica I metà del XIX secolo). Notaio di Patrica. Il 21 settembre 1836 viene nominato dal Tribunale Civile di Frosinone, Amministratore del patrimonio ereditario del fu DOMENICO SINDACI di Ceccano; il PILOTTI ha così eletto come suo domicilio, la casa di LUIGI SINDACI in Ceccano. GIUSEPPE MARIA PILOTTI (Patrica II metà del XIX secolo). Notaio di Patrica. Il 4 luglio 1860 viene autorizzato a esercitare la professione anche a Ceccano. GIUSEPPE PILOTTI (Patrica I metà del XX secolo). Nominato Notaro nel Comune di Patrica, Distretto Notarile di Frosinone, il giorno 26 agosto 1905.

STEFANACCI. Nota Famiglia di Patrica. Un suo esponente, DOMINIQUE STEFANACCI (Patrica 12/12/1895 - ... ...) è un emigrante che, trasferitosi in Francia, va a vivere a Cannes divenendo un facoltoso commerciante tanto da essere menzionato nel "Journal Officiel de la République Française" del 1936. Sposatosi nel 1925, ha due figlie: Marie-Louise-Antoine e Jeannette-Antoinette. Un altro personaggio noto è SANDRO STEFANACCI, l’attuale Presidente dell’Associazione Musicale e Culturale “Licinio Refice" di Patrica.

VITELLI. Antica Famiglia Patricana, distintasi particolarmente nel XVIII secolo. Nella prima metà del Settecento i VITELLI costruiscono a Terracina uno splendido edificio in Borgo Cipollata, Località che domina sulla Via Appia, Porta di San Gregorio, successivamente denominata Porta Romana. Questo Palazzo, dal 1780 diventa Residenza di Papa PIO VI, fintanto che non viene completata la costruzione di Palazzo BRASCHI a Roma. Il Comune di Patrica ha dedicato una Via a GIOVAN BATTISTA VITELLI, uno tra i più illustri componenti della Famiglia; e oggi in questa strada ha sede il Museo di Storia Naturale.

STELLA. Antica Famiglia Patricana, distintasi particolarmente nel XVIII secolo. Ospita nella sua Dimora di Patrica, diversi Illustri Personaggi, tra cui, nel 1751, il Predicatore San PAOLO DELLA CROCE, nel 1860 il famosissimo Scienziato che ha progettato l’Impianto per portare l’acqua da Monte Cacume a Patrica, ANGELO SECCHI e, nel Novecento, il Poeta LIBERO DE LIBERI.
Famiglia PERSI. Antica Famiglia Patricana, distintasi particolarmente nel XVIII secolo, grande sostenitrice della Festa di San ROCCO e quindi della tradizionale Processione.

GIAMMARIA. Antica Famiglia Patricana, distintasi particolarmente nel XVIII secolo quando un GIAMMARIA, divenuto Priore di Patrica, si impegna sul Piano Urbanistico, incrementando la costruzione di nuovi Palazzi in Paese.

VALLECORSA. Antica Famiglia Patricana, distintasi particolarmente nel XVIII secolo. Oggi il Maestro GIUSEPPE VALLECORSA, un discendente della Famiglia, ha scritto e arrangiato la Canzone “Pratica” portata al grande pubblico dalla Corale “Le Voci”, di Patrica.

BUFALINI. Antica Famiglia Patricana, distintasi particolarmente nell’Ottocento, ma che ancora nel XX secolo vanta illustri rappresentanti nel mondo della Musica e della Poesia, come i Professori NATALINO BUFALINI e MARA BUFALINI e il Generale dell’Esercito, Poeta ERMINIO GIUSEPPE BUFALINI.

ERMINIO GIUSEPPE BUFALINI (Patrica 1899 - Roma 1968): Generale dell'Esercito, è il primo Poeta in Vernacolo di Patrica. Le sue Composizioni Poetiche sono raccolte nei due Volumi "Poesie Patricane" e "Ricordi di Patrica". La più nota delle sue Poesie è "Addo' stai meglio!"

ROCCO BUFALINI (Patrica 18/10/1932 - Reggio Calabria 1/8/2009): Sacerdote. Entra come seminarista nel Probandato di Patrica il 15 settembre 1944. Viene ordinato sacerdote a Tortona il 29 giugno 1960. In veste di Padre Maestro è impegnato nel Lazio e in Abbruzzo. Dal 1978 al 1985 viene inviato negli Stati Uniti d’America presso le Opere di Don Orione di Boston e di New York. Tornato in Italia, si dedica alla cura pastorale nella Parrocchia di Ognissanti in Roma, fino al 2003, anno in cui viene trasferito all’Opera Antoniana delle Calabrie. Noto a tutti come Don Rocco, muore all'età di 77 anni e oggi riposa nel Cimitero di Patrica.


Confraternita di San Giacinto a Patrica, appartenente alla Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica, del 22 febbraio 1949, n. 103. Dichiarazione formale dei fini delle Confraternite con sede in Patrica (Frosinone). Su proposta del Ministro per l'interno, viene provveduto alla dichiarazione formale dei fini delle Confraternite di San Giacinto, con sede in Patrica (Frosinone). Visto, il Guardasigilli: Grassi. Registrato alla Corte dei Conti, addì 29 marzo 1949. (Isnardo Pio Grossi, La Confraternita di San Giacinto a Patrica, Patrica 1976).


Confraternita della Morte ed Orazione a Patrica, appartenente alla Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica, del 22 febbraio 1949, n. 103. Dichiarazione formale dei fini delle Confraternite con sede in Patrica (Frosinone). Su proposta del Ministro per l'interno, viene provveduto alla dichiarazione formale dei fini delle Confraternita della, Morte ed Orazione, con sede in Patrica (Frosinone). Visto, il Guardasigilli: Grassi. Registrato alla Corte dei Conti, addì 29 marzo 1949. (Michele Colagiovanni, Seppellire i morti. Note sulla «Confraternita della Buona Morte e Orazione» di Patrica, Presso l'Autore, Roma 1985)

CLORINDA SOTTILI MACCHI (Patrica 10/7/1914 – Roma 13/10/2004). Primogenita di tre figli, per scelta dei suoi genitori, nasce a Patrica, anziché a Roma, dove da anni vivono suo padre NAZZARENO SOTTILI, nativo di Bolsena (ex Studente presso il Seminario Salesiano di Patrica), Funzionario delle Linee Tranviarie di Roma e sua madre PAOLA SIMONI patricana, casalinga, sorella del Sindaco-Podestà di Patrica URBANO SIMONI, nonché di CAROLINA SIMONI, moglie di CIMINI, il Fondatore delle Linee di Autobus che operano in tutto il Lazio. Soltanto qualche giorno dopo la sua nascita, è già a Roma per essere battezzata nella Basilica di San Pietro. Qui studia e si diploma all’Istituto Professionale d’Arte di Stato di Via Panisperna. Intanto vengono alla luce suo fratello Mario e sua sorella Jolanda. All'età di 26 anni sposa MARIO MACCHI, romano, direttore commerciale d’una Società Farmaceutica italo-francese, da cui ha un unico figlio: ALBERTO MACCHI. Lavora per qualche tempo nella stessa Società dove è impiegato suo marito, ma poi, quando suo figlio, Drammaturgo e Regista, fonda il Teatro 84, ella può esercitare la sua Professione Artistica impegnandosi come Sarta-Costumista in seno alla Compagnia Teatrale, creando così Abiti e Attrezzeria di Scena per i più importanti Spettacoli diretti da suo figlio, come “La Salomè” di Oscar Wilde, “L’Edipo Re” di Sofocle, “Il Custode del Sepolcro” di Franz Kafka o “L’Uomo Caravaggio” di ALBERTO MACCHI. Artista e donna di cultura, dotata di grande saggezza, impegnata e attiva fino all’ultimo momento, muore novantenne in una clinica a Rocca di Papa. Sepolta al cimitero di Patrica, riposa accanto ai suoi genitori e a suo marito.  Profondamente innamorata di Patrica, ogni anno è tornata nella casa materna a trascorrere le vacanze estive con la sua famiglia, insieme a sua sorella, trasmettendo questo suo sentimento a parenti ed amici.


La Cittadella, ovvero il Castello di Patrica o Rocca di Patrica, che fin dalle origini, è definita sulle mappe e nei documenti, semplicemente come Patricum e poi come Castrum Patricae - nell’Italia Bizantina del VI secolo - è menzionata, invece, come Kástron Patrikías. Nell’817, sotto Papa PASQUALE I, riappare nel Liber Censuum, come Castrum Patricae. Nel 1224 figura ancora come Castrum Patricae nel testamento di GIOVANNI DA CECCANO e anche nei successivi patti tra ADINOLFO e NICCOLO DI MATTIA, RINALDO e TOMMASO DE SUPINO ed i Comuni di Alatri e Ferentino contro PIETRO CAETANI, dove LANDOLFO dà a garanzia dei patti, diecimila Fiorini e il Castello di Patrica. Nel 1307 il Castello di Patrica è proprietà dei CONTI DI CECCANO, ma viene saccheggiato dagli abitanti di Sezze al servizio della Chiesa. CECCO DA CECCANO allora, con una sommossa, lo libera dall’occupazione delle forze papali e, qui, rinchiude i prigionieri nemici. Ma, presto viene confiscato dalla Camera Apostolica e appare nei documenti come Castra Patricae et Cacuminis, ossia, per la prima volta, insieme ad un altro Castello o Rocca, quello di Cacume. GERALDINO DI TOURS, infine, nell’Articulo Mortis dell’anno 1374, per definire l’intero territorio di Patrica, riporta, più genericamente, la definizione di Terre et Castrum. Però, poi, nel 1509 il Castello o Rocca o Castrum, quello che oggi è posto sulla sommità del paese e che è chiamato Cittadella, risulta già distrutto in quanto definito “Rocca Diruta”. 

Valle del Sacco. Detta anche Valle Latina o Valle dei Latini è quel territorio, tra i Monti Ernici e i Monti Lepini, attraversato dal fiume Sacco, che si estende parte, in provincia di Frosinone e parte in provincia di Roma. Essa abbraccia i comuni di Olevano Romano, Bellegra, San Vito Romano, Genazzano, Cave, Anagni, Alatri, Ceccano, Ceprano, Paliano, Colleferro, Artena, Ferentino, Morolo, Supino, PATRICA. Tutta quest’area è comunemente denominata Ciociaria.


Viabilità nel Medioevo. Durante il Medioevo, la Trasversale Casamari-Frosinone-Patrica costituiva il tratto interno dell'importante Via della Transumanza, che dai Monti Ernici conduceva al Mar Tirreno lungo la spiaggia tra Nettuno e Terracina. Questa via, detta “Tratture de la Transumanza”, per i pastori era percorribile soltanto a piedi o a schiena d’animali. La transumanza aveva lo scopo di portare le greggi in pianura, intanto che sulle pendici dei monti i contadini erano intenti a disboscare intere aree dove poter piantare principalmente olivi e viti. Invece la Trasversale Morolo-Supino-Patrica era costituita dalla Via Pedemontana, un percorso naturalmente più elevato, che era percorribile anche con i carri.


La Conca. Era un recipiente di rame battuto e lavorato, con due manici, con la bocca larga e il corpo a forma di anfora che, dal XVIII fino alla prima metà del XX secolo, a Patrica, ma anche in altri paesi del Lazio, dell’Abruzzo e dell’Umbria, le donne portavano poggiato al fianco o, più spesso, in bilico sulla testa, poggiato sopra un panno avvolto a forma di cerchio, detto Cercine

(Foto di Fabiosbaraglia in Wikipedia)

I diritti della scuola. Questo giornale edito a Roma da G. Martinelli. Nel 1928, nell’articolo 130 dice: “A Patrica (Frosinone), la gentile signorina FILOMENA TONA, insegnante benemerita del luogo con l'egregio signor VINCENZO FALLETTA. Alla coppia eletta, fervide, felicitazioni”.


Bollettino Politico. Il numero di questo giornale che va dal 4 all’11 febbraio 1852, riporta il seguente avviso: “Sospetti facinorosi. In Patrica il dì 8 andante venne da quella brigata di gendarmeria staccato il foglio satirico di cui si rimette copia. Si va indagando scrupolosamente per disvelare l’autore o autori”.  “Cittadini Patricani! Morte al Governo del Puttanieri Preti, e Truppa Papalina!!! Evviva il 1848!”. Invece il numero che va dall’8 al 14 aprile dice letteralmente: “In Patrica fu rinvenuta affissa la mattina del 6 detto uno scritto irreligioso del quale si vogliono autori LUIGI e GIOVANNI GROSSI, pregiudicati in linea politica. È stato inculcato al Governatore di Ceccano di assumere con tutta premura un incarico stragiudiziale sugli elementi che potranno essersi ottenuti sui di conto individui”. Antecedentemente, il Bollettino Politico del 1848-50, nel numero che va dal 28 novembre al 4 dicembre, comunicava: “In Patrica, la sera del 24 decorso mese fu ferito mortalmente ALESSANDRO NARDECCHIA da MASSIMO GUERRIERI reduce dalle orde repubblicane senza conoscersene ancora il motivo. Il governatore di Ceccano sta occupandosi del processo e il GUERRIERI è ricercato. È chiaro che qui si elencano solo pochi casi, mentre è certo che le persone coinvolte nella difesa della repubblica furono diverse centinaia”.

Congregazione di S. Giacinto. All’Archivio di Stato di Roma: Biblioteca, Collezione Statuti: Patrica (FR) Congregazione di San Giacinto stat. 0850/10. Capitoli da osservarsi dai confratelli di questa terra di Patrica nella Congregazione di S. Giacinto. L'anno del Signore 1784.

Statuti della Comunità. Manoscritto sec. 19. Copia realizzata in data imprecisata. In faldone con altri. - Patrica (FR) Stat. 0822/12. Statuti della comunità di Patrica [1696]. Manoscritto sec. 19. Si tratta di capitoli sui danni dati. Copia redatta nel 1856 da altra copia esistente nel comune. Sul dorso del vol. collettivo: Statuta urbium et oppid.

Fabrateria. Antico insediamento di Volsci (nome derivato dai Volsini etruschi) difeso fin dal nel 330 a.C., dai Romani contro i Sanniti. Nel 124 a. C., entro un certo perimetro vi fu stabilita da Gaio Gracco, in maniera definitiva, una Colonia romana; per cui da allora quest’area venne divisa in Fabraterni Novi, ovvero la parte romana e Fabraterni Veteres, quella rimasta volsca. I Fabraterni, menzionati da Plinio e da Strabone, abitavano non solo i due centri urbani, ma erano disseminati nel vastissimo territorio che comprendeva anche la città di Ecetra e che va dal fiume Sacco al Liri. Nel IX secolo, all’interno di questo vasto territorio, distribuiti nell’area dove sorgerà Patrica, esistevano già alcuni Castelli sparsi.

Viaggiatori del Grand Tour. Patrica, chissà, magari con una sua Posta dei Cavalli e Locanda nei pressi delle 'Quattrostrade', una volta potrebbe aver costituito un’importante sosta per quelle carrozze, per quelle diligenze, con quei viaggiatori che, dal Regno di Napoli
 passavano negli Stati Pontifici o viceversa e forse, più propriamente, per coloro che, nel percorrere la Via Appia attraverso la malsana e pericolosa zona malarica delle Paludi Pontine in direzione Terracina o in direzione Roma, decidevano di deviare imboccando la Via dei Lepini, per andare ad esplorare la Ciociaria o addirittura la Regione degli Abruzzi. Le autorità municipali di Patrica, da sempre ospitali, per secoli, hanno offerto un letto e del cibo ai pellegrini, un alloggio ai viaggiatori e da qualche tempo anche rinfreschi agli escursionisti. Da notare che nel 1878 Sir JOHN MURRAY IV (1851 - 1928), nella sua Guida A Handbook for Travellers in Southern Italy scriveva: “Patrica, near which is said to be a well-preserved volcano crater”. Anche ENRICO ABBATE, nel 1898, nella sua Guida della provincia di Roma, riporta: “A Nord-Est del Monte Cacume giace il monte calcareo di Patrica (564 metri sopra il mare), riunito col primo per mezzo di una meno alta costiera, ancor essa formata ... Dall'altra parte lo stesso tufo, posto in cima del ridosso che congiunge il monte di Patrica colla catena dei Lepini, compare in strati regolari. È chiaro che una volta il tufo ha riempito la valle del Sacco fino ad una ragguardevole distanza dal monte, e che tutto questo tufo proviene dal Vulcano di Patrica”.  Nel XVIII secolo, per i viaggiatori del Grand Tour, le antichità classiche erano indubbiamente al centro del loro interesse; ma poi succedeva che alle loro attenzioni verso le vestigia della civiltà romana, spesso si aggiungevano quelle verso le rovine delle civiltà precedenti disseminate un po’ dovunque, nel Lazio. Un particolare interesse lo suscitavano anche i parchi e le bellezze naturalistiche, come pure il fascino degli uomini e delle donne abitanti in quei paesini sperduti, come Patrica, tant’è che poi, molte di quelle ciociare, donne dall'aspetto sano e fiero, spesso diventavano modelle ideali per i pittori o muse ispiratrici per gli scrittori. Ecco qui di seguito alcuni passi e commenti trovati nei diari di viaggio di alcuni Grantouristi: Scrive nel suo diario di viaggio, Lord Byron, viaggiatore inglese del Grand Toour: «Roma, comunque meta principale del Grand Tour, è insieme il Paradiso e il Sepolcro, la Città e il Deserto; e protagonista assoluta è la vita della sua città, invasa da ciociari, frati, venditori ambulanti, burattinai, saltimbanchi, poeti, ecc. ecc. » - La ricerca degli aspetti storico-culturali di un'area quale la Ciociaria, basata sulle testimonianze pittoriche, pone in luce l'attenzione che è stata rivolta al costume e al paesaggio di quest’area nel Settecento, all'epoca del Grand Tour. - «Prenda la testa di una ciociara, la dipinga proprio come è; e farà la miglior cosa che in pittura sia stata fatta da qualche secolo in Italia». Io gli risposi: «Questo io cerco di fare. Quando ella verrà da me a Roma le mostrerò un quadro che io ho realizzato». - I pittori stranieri, Viaggiatori del "Grand Tour", nel Settecento, pagavano le ciociare e i pescatori che trovavano in Piazza di Spagna perché posassero per loro. - Anche i monili sono quelli tipici del costume ciociaro: la collana di corallo rosso e gli orecchini in oro a forma di cerchio. Questo è il genere di pittura, tra i più amati dagli artisti stranieri in Italia durante il Grand Tour. - «Nulla eguaglia certe Locande Ciociare nel Settecento», come quella a cui si riferisce MARIE-JEANNE ROLAND DE LA PLATIÈRE (Parigi 17.3.1754 – Parigi 8.11.1793), una viaggiatrice del Grand Tour che nel 1777 sul suo diario di viaggio osserva: «Il tutto si riduce ad una stalla enorme alla cui estremità si fa fuoco e cucina senza camino né fornelli; qui si mangia e ci si corica, o su certi ripiani di mattoni disposti verticalmente al centro della stalla, dietro i cavalli, o nella mangiatoia, quando c'è posto». Parte della lunga schiera di viaggiatori che nel XVIII secolo arrivavano in Italia da tutta l’Europa, si spingevano fino in Ciociaria alla ricerca di paesaggi pittoreschi, ma anche di modelle, tra le abitanti dei diversi paesi A Patrica, però, non abbiamo ancora testimonianze dirette di passaggi di questi viaggiatori del Grand Tour. A Ceprano, invece, ad esempio, il suo antico lavatoio è stato ritratto più volte da parte di qualche artista fra loro; a Segni la Porta Saracena è stata, anche questa, da costoro spesso ritratta; a Subiaco, poi, essi hanno immortalato i diversi cenobi ivi esistenti.
Incisione su acciaio del 1836 (Foto da: Enotrius)

MARIE-JEANNE ROLAND DE LA PLATIÈRE (Parigi 17.3.1754 – Parigi 8.11.1793), Viscontessa, nata MANON PHILIPON, chiamata spesso “Madame Roland” o “Manon Roland”, è moglie di JEAN-MARIE ROLAND DE LA PLATIÈRE (1734 - 1793), Visconte, Ministro dell'interno di Luigi XVI. È la consigliera di suo marito e animatrice culturale dei salotti girondini, dov’è conosciuta da tutti come "La Musa dei Girondini". Nel 1776 visita l'Italia per descrivere tutti quei luoghi meno noti, perché poco visitati dai ‘Grandtouristi’, come la Ciociaria; senza però rifarsi alle informazioni fornite dai notabili e ai governanti locali, ma facendo vere e proprie interviste alla gente del posto. Tutte queste sue esperienze di viaggio vengono pubblicate nelle “Lettres écrites de Suisse, d'Italie, de Sicilie et de Malthe”, Editeur Merkus, Amsterdam 1780. Dopo la caduta dei girondini, viene arrestata e condannata a morte: condotta alla ghigliottina, mentre passa davanti alla Statua della Libertà, pronuncia la celebre frase: «Oh Liberté, que de crimes on commet en ton nom!». Suo marito che è riuscito a sfuggire alla ghigliottina, per il dolore si suicida pochi giorni dopo la morte della moglie.

Patrica nel XVIII secolo. Realizzato tra il 1696 e il 1702, è un busto reliquiario in argento dorato di San Cataldo, conservato nella Chiesa di San Pietro. Esso è opera del Maestro romano PIETRO PAOLO MACCASTROPPI, composto da metalli e pietre preziose. Questo, come risulta da un’iscrizione sul piedistallo, è un dono dei patricani MARCO PALOZZA, DOMENICO COALLO e GIACINTO CONTI.
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I preti di Patrica, nel Settecento – come avveniva ormai, un po’ dovunque, nel Lazio – «quasi tutti vivevano “mollemente”, con male pratiche». Diversi addirittura si univano in concubinato senza minimamente nasconderlo.
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Durante tutto il Settecento, nei ‘Processi per Danni’, che avvenivano a Patrica, cittadina dentro lo Stato della Chiesa, il danneggiato aveva tempo solo nove giorni dall’avvenuto danno, per poter presentare una denuncia e, questo, soltanto nel caso vi fossero testimoni.
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Nel XVIII secolo, i monaci di Ferentino hanno abbandonato il loro Monastero ed hanno affidato la gestione delle loro proprietà – tra cui li Feudo di Patrica – ad affittuari e a coloni.
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Per tutto il Secolo dei Lumi, Patrica è appartenuta alla Famiglia Aristocratica romana dei COLONNA.
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I Signorotti di Patrica, nel XVIII secolo e di altri paesi della Ciociaria, per arredare le loro case utilizzavano particolari maioliche esagonali chiamate "Reggiole” o “Reggiolette", finemente decorate ed ancora presenti in alcune abitazioni e Chiese, come la Collegiata di Santo Stefano a Galluccio o la Chiesa dell’Immacolata a Vallemaio. Queste piastrelle erano prodotte da una prestigiosa Scuola di Ceramica Artistica sorta dentro un Castello al centro di Sant’Andrea del Garigliano e nella Fabbrica di Ceramiche di Vallefredda, oggi Vallemaio, entrambi paesini nella stessa Provincia di Frosinone.

(Foto: dal periodico “Prospettiva Vallefreddiana” dell’Assoc. Vallemaio e dalla Tesi di Laurea della Dott.ssa Ilaria Perrotta )
http://www.associazionevallemaio.it/AGOSTO%20%20SETTEMBRE%202010.pdf

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Foto: Andrzej Łojko - Spettacolo L'Uomo Caravaggio di Alberto Macchi

L'ANGOLO DELLA POESIA

"A mia nonna Paola Simoni"

Un uccelletto eri diventata,
un uccelletto
fiero, che non volava più
ed avea per nido un letto.
Le gambe sorrette dal cuore,
gli occhi,
ormai deboli,
guidati dalla luce dell'amore,
dell'amore per tutti.
Per me
avevi dimenticato il dolore,
per poter accarezzare i miei capelli
e con essi fare anelli.
Per loro, per gli altri,
avevi camminato con le mani
e diviso una briciola in più pani,
ma…
un uccelletto eri diventata,
un uccelletto
fiero, che non volava più
ed avea per nido un letto.
Hai guarito San Rocco dalla piaga,
proprio tu
ch'eri malata
e con le braccia tue vecchie, asciutte
ci hai raccolti tutti,
ci hai accolte tutte.
Un uccelletto eri diventata,
un uccelletto
fiero, che non volava più
ed avea per nido un letto.
Oggi, col tuo uomo,
col tuo compagno accanto,
scorderai il pianto
e a braccetto camminerete in pace
nel giardino di chi tace.
Un uccelletto diventerai
un uccelletto santo e luminoso
che volerà franco come mai
fra l'onde del silenzio e del riposo.

Alberto Macchi.
Devotamente.
Patrica, Maggio 1969.

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PARTICOLARITÁ

Roverella. È la Quercia più grande d’Italia, si trova nel Territorio di Patrica, in Contrada Tufo, Località “Casetta del Colle”. Essa è citata su diverse Riviste Naturalistiche ed appare nel primo Volume dell’Opera “Gli alberi monumentali d’Italia”, edito dal Corpo Forestale dello Stato. Meta incessante di curiosi e studiosi, ha un’età di 600/700 anni, raggiunge un’altezza di 35 metri, con un tronco di metri 7,20 di circonferenza.

Ophrys Lacaitae. È una rara Orchidea Spontanea presente sul Monte Cacume. Tra una cinquantina di Specie, comprese quelle Ibride e le diverse Sottospecie, rinvenute in zona, questa è certamente la più interessante. In giugno e in luglio, quando tale Specie Endemica è in piena fioritura, parecchi studiosi e appassionati, si recano sulla montagna appositamente per poterla fotografare.

Taxus Baccata. È, in genere il Tasso, un particolare esemplare di albero, detto anche ‘Albero della Morte’, ma questo, che ancora vegeta sul Monte Cacume, risalirebbe all’Era Terziaria, tanto da essere considerato dagli studiosi, un ‘Fossile Vivente’.

Celtis Australis. O Bagolaro, chiamato anche Romiglia, Caccamo, Lodogno, è un albero dal legno chiaro, resistente e durevole, utilizzato per mobili e per lavori al tornio. È conosciuto anche con il nome Spaccasassi, in quanto radica soprattutto in terreni sassosi. Dalla sua corteccia si estrae un pigmento giallo usato in tintoria. I suoi frutti, che ricordano l’Aronia, sono piccole drupe, prima di colore giallo, grigio o verde, che poi, con la maturazione, diventano viola, quasi nere. La loro polpa ha un sapore dolciastro, con proprietà vasodilatatorie e lassative e contiene Vitamina P, potente antiossidante. Questo spigherebbe la longevità di certi patricani d'un tempo, che di questi frutti ne facevano parecchio uso, gustandoli così, tanto per passare il tempo nei momenti di relax, come fossero lupini o bruscolini.

Carbonaia. La cosiddetta Carbonara in Dialetto Patricano, allestita, in passato, sul Monte Cacume, per produrre Carbone Vegetale, è costituita, fin dall’antichità, da una specie di Forno Provvisorio, ogni volta ricreato per l'occasione, costituito da Terriccio misto a Pietre, posto sopra ad un Fuoco, in cui la Legna deve bruciare lentamente trasformandosi così in Brace e poi in Carbone.
Calcara. Calcaria, in Lingua Latina e Calocara in Dialetto Patricano, deriva da Kalkara, che in Lingua Maltese significa Fornace. Esiste fin dai tempi dell'Impero Romano e a Patrica se ne trovano ancora Resti in prossimità della cosiddetta “Curva” nella Località chiamata appunto Calciano. La Calcara è una Fornace Cilindrica, alimentata a legna, in cui viene posta la Pietra Calcarea in modo tale che, una volta fusa, si trasformi in Calce Viva; ma è anche un Forno attraverso il quale, fondendo Sabbia mista a Soda, all'occorrenza, si può produrre il Vetro.

Castagneti. Distribuiti nel territorio di Patrica, in appezzamenti di terreno, ovvero nei cosiddetti Colli, sono posizionati solitamente tra i 200 e i 700 metri di altitudine; si affacciano sulla Valle del Sacco e sulla cosiddetta Valle. Ma a 150-200 metri sul livello del mare, si trovano ancora rimanenze di estese macchie selvose, come alla cosiddetta Macchia, ormai quasi completamente disboscate, per lo sfruttamento del legname tra il Settecento e l’Ottocento. Parecchi di questi Castani sono “Selvatici” e ancora oggi producono la Castagne “Porcine”, in dialetto “Furcine”, grosse, belle, ma immangiabili, quindi utilizzati soltanto come legname o come legna da ardere; quelli “Innestati” invece, producono le famose “Camiselle”, ottime castagne, gustose, grandi circa la metà del famoso “Marrone”. Da queste si ottengono le migliori “Mosciarelle”, “Caldarroste” e “Castagnacce”, frutti questi, che si possono raccogliere soltanto nel territorio di Patrica. Esistono ancora numerosi enormi castagni secolari che possono superare i 30 metri di altezza e i 3 metri di diametro al tronco. Dalla corteccia e dalle foglie un tempo si ricavava il Tannino usato per la Concia delle pelli, dai tronchi e dai rami, legna da ardere nelle Carbonare o nelle case, oppure legname per le falegnamerie. La caduta delle castagne inizia alla fine di settembre, per cui in questo periodo, i raccoglitori delle Contrade come la Cardigna o gli Illori sono impegnati per giorni a “scardare” i “palladi”, dopo averli trasportati con i sacchi, a dorso d’asino o sulle spalle degli uomini oppure nei cesti poggiati sulla “broglia” posta sulla testa delle donne, tutti diretti, attraverso le Mulattiere, verso il centro abitato.

Affumicamento. Delle carni, dei formaggi, della frutta o delle mosciarelle si svolgeva all’interno dei pagliai e il processo durava ininterrottamente per interi giorni e notti. Poi, per produrre più fumo possibile si usano frasche, ricci delle castagne e soprattutto felci fresche.

PATRICA: STORIE

Secondo quanto dichiarano i locali, accanto al fontanile, nella contrada Celleta, a Patrica, appare spesso la sagoma di un uomo che ciondola sulle proprie gambe, con la sua testa, ma senza il volto. 

 

LALA, siciliano d’origine, nella prima metà del Novecento era un bambino. Abitava a Patrica e tutte le mattine con la corriera si recava a Frosinone per andare a scuola. Gli erano morti il padre e la madre in tenerissima età, e lo zio materno, il dottor GRACULICI di Patrica, decise di non sposarsi, per poterlo adottare tranquillamente come zio padrino, secondo una antica bellissima usanza meridionale. Questo dottore era proprietario di un rifugio situato proprio sotto il cono di monte Cacume, dove LALA, me e altri amici un giorno, per giuoco, abbiamo pernottato. Una povera donnetta originaria di Patrica, per cui era chiamata PATRICANA, faceva la lavandaia ed aveva un mare di figli, che erano mezzi selvaggi. Questa donna, che litigava con tutti e per qualsiasi motivo, aveva un marito, GENNARINO, un napoletano, che faceva l’autista ed, al contrario della sua numerosissima famiglia coperta di stracci, lui andava sempre in ghingheri al modo dei cosiddetti “paini”, e la gente lo chiamava il PRINCIPINO. (Ludovico Ricciotti) http://www.comune.frosinone.it/pagina196_esseglie-spigolature-frusinati-di-un-giovane-ultraottuagenario.html

ELEMENTI ARCHITETTONICI:

Finestra Bifora
"Il Fiore della Vita": Bassorilievo (sul portone di Casa Simoni-Sottili-Tanzi)
"Il Fiore della Vita" è un simbolo che risale a culture antichissime, disseminato in tutto il mondo: nella tradizione celtica; nella cultura classica, greca e romana; nella civiltà assira; in quella egiziana; in quella ebraica; nella tradizione cristiano-copta; nella cultura Cinese; in Giappone; in India, in Marocco; in Messico; in Perù, fra le popolazioni italica; in quelle etrusche; in Turchia; in Bulgaria; in Spagna; in epoca vichinga; sui Monti Tatra nei Carpazi in Polonia.
Frequenti incisioni su legno nelle case di Zakopane sui Monti Tatra nei Carpazi in Polonia.

Mascherone

Finestra Gotica



MOBILI, UTENSILI, ABITI, PIATTI, PRODOTTI TIPICI, …

Conca / Surriglio / Madia / Scifa / Furno / Teglia / Fazzolettone / Maccaruni Fini Fini cu gli ricagli* / Polenta ciociara / Pasta i fasule / Nzini cotti / Gnocchi di patate / Minestra a zeppo / Strozzapreti / Acquata / Pane di farina e patata / Canascioi **/ Pangiallo / Giglietti / Ciammelle du San Rocco / Pomodori essiccati al sole / Bucce di melone essiccate al sole / Conserva di pomodoro / Caciottine / Ricottine / Salsicce di maiale con bucce d’arancio / Uva patricana / Olive patricane / Fichi settembrini / Prugne patricane / Visciole / Cerase / Noci / Mandorle / Caglinella / Cappuccio / Tutiro / Cigliano / Ovuli / Paparoni / Callaroste / Cardi / Ciuitta / Camesella / Fresta / Bumbo / Pizzotta / Mucco / Ulmo / Nfunna / Ciammotte / Ciammarughe / T'unfunni / Castagna Camesella / Citarella / Pippitille o Pippirille / Carozzo / Nzini cotti / Ruspo / Vallini / Palladi / Broglia / Amaro di castagne / Amaro di noci / 
* Ricetta “Maccaruni Fini Fini cu gli Ricagli: Stendere con il Mattarello la Sfoglia ottenuta dall’impasto di Farina, Uova e Sale. Impolverarla con la Farina e lasciarla riposare per un certo tempo. Arrotolare la Sfoglia così da formare il Pagnotto e tagliarlo con il coltello a fettuccine finissime in modo da ottenere i cosiddetti “Fini Fini”. Tagliuzzare Fegatelli e Stomaci di Pollo, Soffriggere con Olio d’Oliva, in una Teglia, Cipolla, Aglio, un pizzico di Peperoncino piccante triturato. Inserire i Fegatelli e gli Stomaci tagliuzzati. Salare. Aggiungere Conserva di Pomodoro e lasciar cuocere a fuoco lento. Condire la Pasta e cospargerla di Formaggio Pecorino grattugiato.
** “Canascioi" Grossi ravioli da mettere al forno. adottati come dolci di fine anno.

INSOMMA!

Patrica, detta il «Presepe dei Monti Lepini», con i suoi tufi e le sue lave, stando alle ricerche sulla Valle Latina, pubblicate intorno al 1845, da Giuseppe Ponzi (Roma 1805 - Roma 1885), sarebbe sorta sopra un vulcano attivo tra quelli di Tichiena, Pofi e Selva dei Muli e di Callame Giuliano. Già abitata dalla Popolazione Italica dei Volsci, nell’Età Romana in quanto luogo ameno per eccellenza, è menzionata nel IX secolo, da LUDOVICO I, figlio di CARLO MAGNO, nell’Atto di Donazione a Papa PASQUALE I (Roma ... – Roma 11/2/824) come «Castrum Patricae cum terre et Cacumine». Nel Medioevo Patrica è legata alla Famiglia CONTI di Ceccano, fin quando non passa alla Chiesa di Roma. Durante il Rinascimento il suo Borgo viene raso al suolo dai CAJETANI. Venduto poi, per un periodo, ai SANTACROCE, dal 1625 fino al 1816, quando vengono soppressi definitivamente i Feudi, Patrica è proprietà dei COLONNA. Alla fine del Settecento, la Rivoluzione Francese, superate le Alpi, arriva fino in Ciociaria, tant’è che anche a Patrica viene proclamata la Repubblica e issato l'Albero della Libertà. Nel periodo della Restaurazione in Paese si viene a creare una Banda di Briganti, capeggiati da FRANCESCO DEL GRECO detto «IL CECCHETTO». Intanto all'interno della Società Patricana comincia a farsi largo la Famiglia Alto-Borghese degli SPEZZA, residente nell’imponente Palazzo in cima al Paese. Durante il Risorgimento la gente, di indole pacifica, non si mobilita con grande partecipazione, ma un Patricano, CATALDO PIZZOLA, detto Zi’, ovvero Zio, arruolatosi nell’Esercito di GIUSEPPE GARIBALDI, prende parte alla Battaglia di Mentana. A fine secolo, in piena Monarchia, iniziano, in tutta Italia, le Emigrazioni di Massa verso l'America, così anche molti Patricani vanno a cercare fortuna nel Nuovo Mondo. Nel corso del Novecento, Patrica si trova ad affrontare, come tutti in Italia, la Prima Guerra Mondiale, il Fascismo e la Seconda Guerra Mondiale. Però finalmente, durante il Boom Economico del dopoguerra, quando anch’essa incomincia a conoscere il benessere, vede la sua Economia trasformarsi da Agricola e Pastorale in Industriale, ma senza per questo compromettere la sua serenità, caratteristica che l’ha sempre contraddistinta. E oggi il «Presepe dei Monti Lepini», benanche sia coinvolto anch’esso nella Crisi Economica diffusa in tutta Europa, resta ancora quel Paradiso, dei Poeti, dei Musicisti, dei Filosofi… degli Artisti che, malgrado tutte le vicissitudini sopportate, sembra non aver mai smesso di essere.

NOMI DAL IV SEC. A. C. AL XXI SEC. D. C., SOPRA MENZIONATI

DOMENICO DI SORA o DOMENICO DA CUCULLO o DOMENICO DA FOLIGNO, GIOVANNI, APA, GIOVANNI DA PATRICA, BERALDI, ONORIO II o LAMBERTO SCANNABECCHI, ALESSANDRO IV o RINALDO DEGLI JENNE, MICHELANGELO MERISI o CARAVAGGIO, RANUCCIO TOMMASONI, CARAFA, TARQUINIO SANTACROCE, BONIFACIO VIII o BENEDETTO CAETANI, ROCCO DI MONTPELLIER, URBANO VIII o MAFFEO VINCENZO BARBERINI, GIROLAMO TOMACELLI, IPPOLITA RUFFO, FEDERICO COLONNA, ANNA COLONNA, GIROLAMO COLONNA, CARLO COLONNA, MARCANTONIO COLONNA, VITTORIO COLONNA, GIOVANNI BATTISTA COLONNA, PROSPERO COLONNA, PIETRO COLONNA, IPPOLITA COLONNA, MARIA TERESA COLONNA, BONIFACIO IX o PIETRO TOMACELLI, GIACOMO LAURENZIANI, TEODORO DELLA PORTA, FILIPPO I COLONNA, LUCREZIA TOMACELLI, STANISŁAW PONIATOWSKI, STANISŁAW AUGUST PONIATOWSKI, CASSANDRA LUCI, COLONNA, ANDREA SPEZZA, LUBOMIRSKI, OLIVA DI ANAGNI, LEONE MASSIMO, MASSIMO DI LELLO DI CECCO, ANASTASIO I, PASQUALE I. CRISTINA DI SASSONIA, CAMILLO MASSIMILIANO MASSIMO, SANTACROCE PUBBLICOLA, ORSINI, MARGANI, SISTO IV, INNOCENZO VIII, ANTONIO SANTACROCE PROSPERO SANTACROCE, MARCELLO SANTACROCE e ANDEA SANTACROCE. CLEMENTE XI o ALBANI, SCIPIONE SANTACROCE, ANACLETO II o PIETRO PIERLEONI, RAONE, GIOVANNI DA PATRICA, PIER PAOLO GERARDI, STANISLAO KOSTKA, BENEDETTO XIII, PAOLO FRANCESCO DANEI o PAOLO DELLA CROCE, LUCA DANEI, ANNA MARIA MASSARI, ANDREA DI GIOVANNI, BOFFIDO, CATALDO PIZZOLA, DANTE ALIGHIERI, FRANCESCO BAILO ALUNNO, SILVERIA PATRICIA, CARLO VIII DE VALOIS, NICCOLÓ LAPICCOLA, FRANCESCO MANCINI, ALESSANDRO ALBANI, JOACHIM WINKELMANN, RAPHAEL MENGS, MARCO BENEFIAL, PIETRO GAGLIARDI, FRANCESCO GAGLIARDI, ANGELA ZUCCHI, FRANCESCO LANCI, GIOVANNI GAGLIARDI, VINCENZO CAMUCCINI, GIUSEPPE LANDI, TOMMASO MINARDI, VITTORIA ROSCIOLI, GIUSTINIANI, FRANCESCO BORGHESE ALDOBRANDINI, TORLONIA, ANTONIO BONCOMPAGNI LUDOVISI, SANGERMANO-RAPPINI, CAMILLO VITTORIO EMANUELE MASSIMO, ALESSANDRO MONALDI, SALVATORE NOBILI, FRANCESCO GRANDI, BERNARDO LUGARI, LUCARI, FRANCESCO SCHIERA, PICCARD, DOMENICO SCHIERA, JACOPO SANNAZARO, FERDINAND GREGOROVIUS, ORSOLA BENINCASA, CIRILLO, METODIO, GIUSEPPE AGOSTINO ORSI, GIUSEPPE MAROCCO, LUCIO ANNIO, CECCO DE CECCANO, PETRONIO CECCANO, LEONE DE’ CONTI, UBERTO DE’ CONTI e AMATO DE’ CONTI, MARIA DI SANT’EUSTACHIO, STEFANO DE’ CONTI, GIORDANO DE’ CONTI, INNOCENZO III, GIOVANNI DE GAETA, LOTARIO I, GELASIO II, CARLO II D’ANGIÒ, ALESSANDRO VI, LUCREZIA BORGIA, DAMIANO PALMA, LORENZO COLONNA, GIOVANNI VIII, FORMOSO, TEODORA, MAROZIA, TEOFILATTO, MARTINO V, NAPOLEONE BONAPARTE, BARBERINI, ANTONIO DE SPEZA, BENEDETTO D’ORLANDO DE SPEZA, ANNA MARIA FINATERI, LUIGI XV, LUIGI XVI, FRANÇOIS-JOACHIM DE PIERRE DE BERNIS, GIUSEPPE BALSAMO o CAGLIOSTRO, LOUIS-RENÉ-ÉDOUARD DE ROHAN-GUÉMÈNÉE, MARIA ANTONIETTA, GIAN DOMENICO FINATERI, ERCOLE SPEZZA, SEVERINA PECCI, FEDERICO SIMONI, ICILIO SIMONI, LEONE XIII o VINCENZO GIOACCHINO RAFFAELE LUIGI PECCI, CLEMENTE XIV o GIAN VINCENZO ANTONIO GANGANELLI, GASPARE DEL BUFALO, GIOVANNI IL BATTISTA, PIETRO L’APOSTOLO, ANDREA D'AVELLINO, ANTONIO ABATE, CATARINOZZI, SPADARI, GIOVANNI SPADARI, VINCENZO SPADARI, GIUSEPPE CATERINOZZI, CESARE I CATERINOZZI, GIOVANNI CATERINOZZI, CESARE II CATERINOZZI, GIOVAN BATTISTA NOLLI, FABRIZIO BORGIA, CARLO NOLLI, CATERINA SOLARI, CARLO VI D’AUSTRIA ANNAMARIA NOLFI, ANTONIO NOLLI,  BETTONI DI BOGLIACO,  GIOVANNI ANTONIO NOLLI, VITTORIO AMEDEO II DI SAVOIA, DIEGO REVILLAS, ALESSANDRO ALBANI,  GIOVANBATTISTA PIRANESI, GIUSEPPE VASI, AGOSTINO, ALESSIO, BONIFACIO, DOROTEA, CATALDO SEMBIAK, GREGORIO XVI o BARTOLOMEO ALBERTO CAPPELLARI, NICOLA SPEZZA, GREGORIO GROSSI, GAUDIOSO GROSSI, NICOLANGELO DEL GRECO, PIETRO ANGELO SECCHI, LUCA EVANGELISTA, MARIO MARCHETTI, NICOLA TROMBETTA, GIAMBATTISTA BUGATTI o MASTRO TITTA, JACEK o GIACINTO ODROWĄŻ, DOMENICO DI GUZMÁN, CLEMENTE VIII o IPPOLITO ALDOBRANDINI, INNOCENZO XI o BENEDETTO ODESCALCHI, ANTON MARIA CAGIANO DE AZEVEDO, CLARY, PIO IX, FRANCESCO NARDELLI, NICOLA TOLFA, PIETRO MASI, ANTONIO GASBARRONI, SIMONE SIMONI, RICCARDO MORETTI, NANNINA MORETTI, LIBERO DE LIBERI, ERMINIO BUFALINI, ROCCO BUFALINI, PAOLO IV, MARCANTONIO COLONNA, FELTZ, CONTI, CAJETANI o CAETANI, MASSIMO, MAGNI, VITELLI, STELLA, PERSI, GIAMMARIA, COLONNA, SPEZZA, NAZZARENO SOTTILI, PAOLA SIMONI SOTTILI URBANO SIMONI, CAROLINA SIMONI CIMINI, MARIO MACCHI, ALBERTO MACCHI, CLORINDA SOTTILI MACCHI, CIMINI, NICOLA ENZO MAGNI, PACIFICO GROSSI, ENRICO FERRARELLI, MICHELE COLAGIOVNNI, ENNIO ERNESTO MONTINI, GIOACCHINO GIAMMARIA, ISNARDO PIO GROSSI, LUDOVICO I IL PIO, CARLO MAGNO, PASQUALE I, FRANCESCO DEL GRECO o CECCHETTO, CATALDO PIZZOLA, GIUSEPPE GARIBALDI, WALTER REFICE, JSAIA BIASINI, NATALINO BUFALINI, MARIO BIASINI, MARIO CIARNELLA, LUCIANO BARTOLINI, ALDO CONTI,  GIOVANNI VALLE, GIOVANNI PANELLA,  ADELAIDA NEGRI, RENATA SCOTTO, RENATA TEBALDI, PLACIDO DOMINGO, LUCIANO PAVAROTTI, LUIGI ORIONE, GIOVANNI PAOLO II o KAROL WOJTYŁA, ADRIANO SIMONI, MARTNI, PIA REFICE, ELIO TURRIZIANI, ISIDORO SOMMARUGA, GIUSEPPE DI GIORGI, ERNESTO LUCENTI, ORESTE LUCENTI, BIASIO CACCIAVILLANI, PIETRO FACCIOTTI, VINCENZO CACCIAVILLANI, GIOVANNI BATTISTA LUCENTI, FRANCESCO SAVERIO, LUIGI BIASCHELLI, CESARE SPEZZA, GAETANO CAPORALI, FRANCESCO  MARCHETTI, MACARIO MARCHETTI, CARLO PANATI, ERNESTA PELLEGRINI, MARA BUFALINI, GIUSEPPE VALLECORSA, ENNIO ERNESTO MONTINI, PIERINO MONTINI, CELESTINO CARPINETI, ANGELO MARIA CANOBBIO, GIUSEPPE ZACCARIA, GIOVANNI TORLASCO, FRANCESCO FERRADINI, SCIPIONE SIMONI, STEFANACCI,  PIETRO PAOLO MACCASTROPPI, MARCO PALOZZA, DOMENICO COALLO, GIACINTO CONTI, CATALDO SAMBIAK, URBANO SIMONI, ICILIO SIMONI, CASTORE DURANTE, TOMMASO MASI, LUIGI GROSSI, GIOVANNI GROSSI, ALESSANDRO NARDECCCHIA, GIACOMO GUERRIERI, FILOMENA TONA, VINCENZO FALLETTA, MARIE-JEANNE ROLAND DE LA PLATIÈRE, JEAN-MARIE ROLAND DE LA PLATIÈRE, AURELIO TIBALDESCHI, AGOSTINO GOTTUZZI, GIORGIO DA TERNI.

QUALCHE IMMAGINE

Siti di Patrica


Palazzo Spezza in un Incisione del XIX secolo e in una Foto del XX secolo


Palazzo Spezza oggi

Personaggi nativi di Patrica

 

Nicola Spezza, Foto da http://palazzo-spezza.blogspot.com - Simone Simoni, Foto da: http://www.generals.dk/general/Simoni/Simone/Italy.html


Licinio Refice, Foto da Wikipedia



Riccardo Moretti, Foto dal libro "Riccardo Moretti, il pioniere dei radioamatori" - Ennio Ernesto Montini, Foto da http://digilander.iol.it/aldoconti/pro%20loco/page3.html


Rocco Bufalini, Foto da http://www.unangelo.it/figli%20della%20Divina%20Provvidenza/B/Bufalini%20Rocco.htm

Donne native di Patrica



 
Bellezza Patricana, da video I parte Pro-Loco Patrica - Clorinda Sottili Macchi, da Archivio Alberto Macchi, Roma

Artisti attivi a Patrica

Niccolò Lapiccola, Foto da: Wikipedia - Giovan Battista Nolli, 
Foto da http://www.parrocchiasantadorotea.com/storiadellachiesa.htmlhttp://arachne.uni-koeln.de/arachne/ind ex.php?view%5blayout%5d=buch_item&search%5bconstraints%5d%5bbuch%5d%5balias%5d=Nolli1748&search%5bmatch%5d=exact -



Pietro Gagliardi, Foto da http://www.archivitalia.it/Gagliardi%20Pietro.htm



Salvatore Nobili, suo dipinto, Foto da Sito Web Arcadja - Domenico Schiera, il suo luogo di lavoro: le Paludi Pontine, da incisione del XVIII secolo


Figli di Patricani


 
Ettore Marchiafava (Foto da Wikipedia)

Affezionati a Patrica


Libero De Liberi, Foto da http://www.laprovinciaquotidiano.it/poeti-da-tutto-il-mondo-in-ciociaria-per-ricordare-de-libero/Annamaria Tanzi-Fabbri e Alberto Macchi da Varsavia

Ospiti e visitatori di Patrica

Filippo I Colonna, Incisione del XVIII secolo - Foto da Wikipedia -  Lucrezia Tomacelli, di Scipione Pulzone - Foto da httpladyreading.forumfree.itt=60707892


  S
tanisław Poniatow, Particolare da un quadro di Angelika Kauffman  San Paolo della Croce, Partic. da un'Incisione del XIX sec. 


  
Marie-Jeanne Roland De La Platière, Foto da: Wikipedia

  
Renata Scotto, Foto da httpwww.gbopera.it201302interviste-dannata-renata-scotto - Adeaida Negri, Foto da httpwww.adelaidanegri.combio_eng.htm

Papa Gregorio XVI, Foto da Wikipedia - Luigi Orione, Foto da htt://pwww.vatican.va

Angelo Secchi, Foto da Wikipedia - Papa Leone XIII, Foto da Wikipedia


Dante Alighieri - Castore Durante - Entrambe foto da Wikipedia


Cartoline con un verso del IV Canto del Purgatorio ... Montasi su in Bismantova e in Cacume, prima foto da: http://www.florin.ms/VAPurg42.jpg

Alberto Macchi immagina Caravaggio ospite a Patrica, Foto di Angela Sołtys

LINK DI SITI WEB DEDICATI A PATRICA
(e da dove sono state tratte alcune foto)


















 





DA LEGGERE
Atti del Convegno Internazionale di Studi Reficiani "Licinio Refice e la musica sacra del primo Novecento" (Patrica, 24-25 settembre 2005), a cura di Aldo Conti e Marina Marino, Patrica, Associazione Pro Loco Patrica, 2006.
Grossi, Isnardo Pio, La Confraternita di S. Giacinto a Patrica, [Patrica: s.n.], 1976
Patrica: un secolo di immagini: mostra storico-fotografica: catalogo / a c. di Gioacchino Giammaria, Patrica 1977
La famiglia Magni di Patrica: mostra storico-documentaria: Patrica 11-16/8/1977, a c. di Nicola Enzo Magni, 1977
Giammaria, Gioacchino, Contributi alla storia di Patrica, 1, Gioacchino Giammaria, Patrica 1989
Mostra dei Documenti dell'Arch. Storico Comun. di Patrica, C. Serv. Cult, 7-17/8/1989: Cat. a c.Tommaso Cecilia, 1989
Grossi, Pacifico, Chiese ed ecclesiastici di Patrica: dal 1535 al 1816 in 224 atti notarili; a c. di Isnardo Pio Grossi, 1977.
Docum. di storia patricana sec. 15-20: mostra stor.-docum., a c. di E. Ferrarelli, G. Giammaria, P. I. Grossi, Patrica 1976
Gottuzzi, Agostino, Gli "Atti" del Commissario Agostino Gottuzzi: 25/8-16/12/1561, a c. di Isnardo Pio Grossi, 1975.
Giacomo Cirsone, Raffaella De Felice, Roberto Narducci, La Diocesi di Ferentino - http://www.academia.edu/7745912/La_Diocesi_di_Ferentino._Estensione_e_limiti_territoriali_tra_la_Tarda_Antichit%C3%A0_e_l_inizio_del_Basso_Medioevo_secc._IV-XII_d._C.
Mario Bevilacqua, Nolli e Piranesi all’Aventino, [in:] “L’Aventino dal Rinascimento a oggi”, Roma, Artemide 2010.
Michele Colagiovanni, Vacanze romane per Adelaida Negri - http://www.csscro.it
Michele Colagiovanni, Una Stanza per Refice, Stilgraf, Cesena 2006
Padre Ennio Ernesto Montini, Dedicato a Patrica, Pro loco, Patrica 1995
Gioacchino Giammaria, Addo' stai meglio?, Comune di Patrica, Patrica 1990
Grossi, Isnardo Pio, La Confraternita di S. Giacinto a Patrica, [in:] "Latium", 4, Anagni 1987.
Giuseppe Marchetti Longhi, ‎Gioacchino Giammaria, ‎Giampiero Raspa, Scritti in memoria di Giuseppe Marchetti Longhi, Istituto di storia e di arte del Lazio meridionale, Centro di Anagni, 1990.
AA. VV., Il dialetto e le tradizioni popolari del Lazio meridionale, Anagni, Isalm, 2001.
AA. VV., Pratiche e riti alimentari, Anagni, Istituto di storia e di arte del Lazio meridionale, 2006.
Bufalini, Erminio Giuseppe, Ricordi di Patrica, Frosinone, 1954.
Bufalini, E., Poesie patricane, Patrica Comune, 1983.
Colacicchi, L., Canti popolari di Ciociaria.
Montini, Ennio Ernesto, Balcono beglio dulla Uallo, s.l., Edizioni Terra Nostra, 1982.
Montini, E., Inquietudini, 1986.
Montini, E. Aneliti d’infinito, 1993.
Riccardo Moretti, Il pioniere dei radioamatori, 19..
Pier Andrea De Rosa, Palo Emilio Trastulli, Lazio Ottocento, Studio Ottocento, Roma 1994.

Michele Colagiovanni, Seppellire i morti. Note sulla «Confraternita della Buona Morte e Orazione» di Patrica, Presso l'Autore, Roma 1985




OPERE CHE RACCONTANO PATRICA:


  
"Patrica", del 1898 e "Incontro a Patrica", del 1899; 
entrambi acquarelli di di Scipione Simoni (Roma 1853 – Roma 30.1.1918)
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

PATRICA: l’attuale cittadina di Lavinio in provincia di Roma
Ferdinando Castagnoli, Lavinium: Topograifa generale, fonti e storia delle ricerche, De Luca, Roma 1972
PATRICA: l’attuale fiume Patrica in provincia di Taranto e di Brindisi
Giuseppe Cappelletti, Le chiese d'Italia: dalla loro origine sino ai nostri giorni, Giuseppe Antonelli, Venezia 1870, vol. 21
PATRICA: l'antica Lavinium, attuale Pratica di Mare in provincia di Roma
Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma, Tipografia delle Belle Arti, Roma 1837, vol. 2
PATRICA: l’attuale cittadina di Patrica in provincia di Frosinone
Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, Tipografia Emiliana, Venezia 1844
Inventarium Honorati Cajetani
Antonello Angelucci, Guido Devoto, Geologia del Monte Caccume, Roma 1966
Bollettino del Regio Ufficio geologico d'Italia, Roma 1896
Vittorio Massimo, Relazione del viaggio fatto da N.S.PP. Gregorio XVI alle provincie di Marittima e Campania, Alessandro Monaldi, Roma 1843
Simoni Scipione, Ottocento. Catalogo dell’Arte Italiana, Milano 2008, p. 476
Giuseppe Marocco, Monumenti Dello Stato Pontificio, Tip. Boulzaler, Roma 1834
Aa.Vv., ‎Benedetta Montevecchi, Sculture Preziose: Oreficeria sacra nel Lazio dal XIII al XVIII secolo, Gangemi, Roma 2015.
Flavio Biondo, Lucio Fauno, Roma ristaurata, et Italia illustrata di Biondo da Forlì. Tradotte in buona lingua volgare da Lucio Fauno, Venezia 1543.
Sabrina Pietrobono, Carta archeologica medievale: Frosinone. Forma Italiae Medii Aevi, Editrice All’Insegna del Giglio, Borgo San Lorenzo/Firenze 2006, F°. 159-I, Quaderni di Archeologia Medievale VIII
Diario di Roma, Numero 1, Roma 1825
Gioacchino Giammaria, Le Liberanze o Statuto di Patrica del 1696, Patrica 2000
Monica Calzolari, Giorgina Scardelletti, Risorgimento e territori, Gangemi, Roma 2013
Gianni D'Andrea, La misteriosa storia del ritratto di Oloferne, 2006
Mémoires de Gasbaroni, ... par Pierre Masi, E. Dentu Libraire-Editeur, Paris 1867
P. Grossi, Alcuni atti notarili riguardanti la famiglia Grossi di Patrica dal 1621 al 1808, I. P. Grossi, Firenze 1975
Agricoltura, proprietà e società contadina a Patrica nei secoli 16-20: atti del Convegno: Patrica, 30 ottobre 1988, Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale, Roma 1989
Luigi Mezzadri, Le missioni popolari della Congregazione della missione nei secoli XVII-XVIII: Studi, CLV, Roma 1999
Osservazioni letterarie che possono servire di continuazione al Giornal de’ Letterati d’Italia, Jacopo Vallardi, Verona 1737.
Dizionario Enciclopedico Delle Scienze, Lettere ed Arti, Antonio Bazzarini, Venezia 1834.

S. P. Q. R. Bullettino della Commissione Archeologica Municipale, Salviucci, Roma 1871.
Isnardo Pio Grossi, La Confraternita di San Giacinto a Patrica, Patrica 1976.
Gioacchino Giammaria (a cura di), Patrica: un secolo di immagini: mostra storico fotografica: catalogo, Patrica 1977
Tommaso Cecilia (a cura di), Mostra dei documenti dell'Archivio Storico Comunale di Patrica: Patrica, Centro Servizi Culturali, 7-17 agosto 1989: catalogo, Patrica, 1989
Enrico Ferrarelli, Gioacchino Giammaria, P. Isnardo Grossi (a cura di), Documenti di storia patricana secoli 15-20: mostra storico-documentaria: 13-16 agosto 1976, Patrica 1976
Nicola Enzo Magni (a cura di), La famiglia Magni di Patrica: mostra storico-documentaria: Patrica 11-16 agosto 1977, Patrica 1977
Giammaria, Gioacchino, Contributi alla Storia di Patrica, Patrica 1989
Isnardo Pio Grossi (a cura di), Chiese ed ecclesiastici di Patrica: dal 1535 al 1816 in 224 atti notarili / Pacifico Grossi, Patrica 1977

Isnardo Pio Grossi (a cura di), Agostino Gottuzzi <1577m.>, Gli "Atti" del commissario Agostino Gottuzzi (25 agosto - 16 dicembre 1561), Edizione. I. P. Grossi, Firenze 1975 
Clemente Ciammaruconi, ‎Massimiliano Di Pastina, ‎Sergio L. Mecocci, Quei giorni spaventevoli della rivoluzione: fr. Bonifacio da Sezze, 2001.
Monumenti dello Stato Pontificio e relazione topografica, 1834.
Michele Colagiovanni, Il triangolo della morte: il brigantaggio di confine nel Lazio, 2000.
"Patrica" di Peppino Vallecorsa


1 Agricoltura, proprietà e società contadina a Patrica nei secoli 16 - 20: atti del Convegno: Patrica, 30 ottobre 1988 – 1989
2 Giornate di storia a Patrica <9; 1989; Patrica> Gli anni rivoluzionari nel Lazio meridionale: 1789-1815: Patrica 29 ottobre 1989: atti del convegno 1990                    
3 Benedettini ed insediamenti castrali nel Lazio meridionale: atti del Convegno: Patrica 26 ottobre 1986 - 1990            
4 Il brigantaggio nel Lazio meridionale: atti del Convegno, Patrica, 25 aprile 1984 – 1985
5 Convegno sugli anni rivoluzionari nel Lazio meridionale (1789-1815): atti del convegno, Patrica, 29 ottobre 1989 - 1990               
6 Il mondo contadino dalla subalternità al riscatto: atti del Convegno: Patrica, 28 ottobre 1984 – 1988
7 Patrioti e Papalini nel Risorgimento ciociaro: atti del Convegno: Patrica 30 ottobre 1983 – 1985
8 Per il centocinquantesimo delle Adoratrici del Preziosissimo sangue: (oggi del sangue di Cristo): atti del convegno 1983               
9 San Gaspare del Bufalo in Campagna e Marittima: la fondazione delle case di missione: atti del Convegno: Patrica, 27 ottobre 1985 - 1986 (Università La Sapienza, Roma)





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Per avere una visione completa di Patrica è bene visitare alcuni dei Siti Web “Itinerari Laziali”, i cui link riporto qui appresso. Essi descrivono, con grande cura e con il supporto di straordinarie immagini, sia dal punto di vista storico che da quello paesaggistico, l’intera regione di cui fa parte Patrica:




Patrica - Processione del Patrono San Rocco

Video di Aldo Conti



Patrica "Come eravamo" Video Album I Parte 
Pro Loco Patrica - Aldo Conti



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FATA SILVA
Biografia di una figura storica patricana di fantasia 





"PATRICA" 
PRESEPE NATURALE ITALIANO



"PATRICA" 
CENTRO DI INIZIATIVE CULTURALI





TESTO DELLO SPETTACOLO

“CANZONI E CARAVAGGIO A PATRICA”

ARALDO: Signore e Signori, lo spettacolo che sta per incominciare si apre con una breve scena di prosa scritta e diretta dal drammaturgo e regista teatrale di Roma Alberto Macchi. Seguirà, subito dopo, il concerto di canzoni romanesche e napoletane del gruppo “Filuccio e Fattacci” di Roma. Tale proposta musicale intende ripercorrere, idealmente, il percorso che il pittore Michelangelo Merisi detto il Caravaggio fece, realmente, da Roma a Napoli quattro secoli fa. La scena in prosa è costituita da una breve lettera immaginaria del pittore, scritta da Patrica (dove, in verità, nessun documento afferma che egli, qui, abbia sostato!), ai Colonna, suoi protettori, per tenerli informati circa i suoi spostamenti nei vari possedimenti dove, di volta in volta, egli viene da questi nobili ospitato o in quelli di famiglie a loro imparentate o amiche, come i Carafa, i Santacroce o i Tomacelli. Il Caravaggio, che deve viaggiare in incognita, sotto falso nome, per aver ucciso a Roma Ranuccio Tommasoni, è inseguito dalle guardie papali giacché pesa sulla sua testa la pena capitale. Fuggito da Roma, risulta, infatti, che si sia già rifugiato a Marino, Zagarolo, a Palestrina e a Paliano, diretto verso Napoli, città per lui più sicura in quanto fuori dalla giurisdizione dello Stato Pontificio”. Buon divertimento a tutti!

COSTANZA COLONNA: Michelangelo Merisi detto Il Caravaggio, nato a Milano il 29/9/1571 e morto a Porto Ercole il 18/7/1610, è un pittore, ormai famoso in tutto il mondo, che si forma tra Milano e Venezia, attivo a Roma, Napoli, Malta e in Sicilia tra gli anni 1593 e 1610. Per aver ucciso Ranuccio Tommasoni da Terni, è condannato dal Papa alla morte capitale Quindi deve fuggire da Roma e, grazie alla protezione del Principe Filippo I Colonna che gli offre asilo all'interno dei suoi Feudi di Marino, Palestrina, Zagarolo e Paliano, … fino a Napoli, riesce a far perdere le sue tracce. Il Nobile Romano Filippo I Colonna mette in atto anche una serie di depistaggi, grazie anche alla collaborazione degli altri componenti della sua Famiglia, i quali vanno comunicando la presenza del Pittore in diverse Città d’Italia, disorientando così le Guardie Papali che lo stanno ricercando dovunque. La scena che adesso seguirà è tratta da un appendice a “L’Uomo Caravaggio” di Alberto Macchi, il testo teatrale pubblicato a Roma nel 1995, giacente nella Biblioteca di Patrica e già portato in scena in diverse città in Italia e in Europa.

SCENA; Patrica, anno 1607. Caravaggio, seduto ad un tavolo, a lume di candela, con una pergamena in mano, sta rileggendo a bassa voce, tra sé e sé, una lettera appena scritta a Filippo Colonna suo protettore. Il pittore s’è qui rifugiato in incognita, sotto la protezione di Tarquinio Santacroce, padrone di questo feudo, su richiesta dei Colonna famiglia amica. Infatti Caravaggio è rincorso dalle guardie papali per aver ucciso, durante una partita alla pallacorda, Ranuccio Tommasoni da Terni, condannato dal Papa alla pena capitale, fugge da Roma e, di paese in paese, si dirige verso Napoli, oltre i confini dello Stato Pontificio. In Ciociaria, dopo Paliano, potrebbe aver fatto sosta a Patrica.

BAGLIONE: (Entra dalla quinta in fondo a sinistra e legge) Michelagnolo fuggì da Roma diretto a Napoli – città per lui più sicura in quanto fuori dalla giurisdizione dello Stato Pontificio – durante il percorso, andò a rifugiarsi, dietro suggerimento dei Colonna suoi protettori, presso i loro feudi e presso quelli dei loro dei loro amici che incontrava durante il percorso, ovvero in paesi come Marino, Zagarolo e Palestrina, ove qui dipinse una Maddalena. Sostò a Paliano e successivamente, magari, chissà, a Patrica (dove nessun documento afferma che qui egli abbia sostato!), da dove potrebbe aver scritto al Principe Filippo I Colonna, certamente il suo protettore più fedele, la seguente lettera: È l’Anno Domini 1607.

CARAVAGGIO: (Seduto ad un tavolo, sta rileggendo, tra sé e sé) Patrica, anno 1606. Eminentissimo Principe Filippo Colonna, ho lasciato ormai da qualche giorno, anche questa volta in incognita, sotto le spoglie d’un pellegrino, la residenza della Vostra Famiglia a Paliano. Confortato, durante il soggiorno colà, dalla Vostra adorabile Sposa, Madama Lucrezia Tomacelli e, come da Vostra indicazione, mi son traferito attraverso la Strada Consolare Latina, nel prossimo paese più a sud, sempre in direzione Napoli. Ecco che ora, pertanto, Vi sto scrivendo da Patrica fra i Monti Lepini, sotto Cacume, la montagna delle orchidee, menzionata, ahimè! finanche, da Dante Alighieri nel IV Canto del suo Purgatorio. Qui, a Patrica, in questo sito ameno, d’una quiete infinita, che dovrebbe ispirare pace e serenità, sono sì come immerso tra i silenzi più profondi, ma da dentro di me invece affiora soltanto amarezza. Infatti mi ripeto nella mente: “Chi avrebbe mai pensato che un giorno mi sarei ritrovato in un simile garbuglio per una lite, io che di liti ne ho affrontate, d’ogni genere, ogni giorno!” E son già fortunato ché son sotto la protezione di Vostra Signoria e della Vostra Nobilissima Famiglia, Casa Colonna, di parte imperiale – che, come me, sta con gli Spagnoli contra i Francesi e ‘l Papato – in questa Universitas di Patrica, oggi dominata dai Nobili Santacroce, ma che fu Feudo della Vostra Casata come parte del sistema difensivo nella Giurisdizione del Regno dei Papi. Et avegna che nel vivere esiliato in questa terra murata, dove ho da affrontare, come tutti qui, ogni giorno, le guardie alle porte dei bastioni, Guardie del Marchesato, ma pur sempre birri; e rispettare scrupolosamente, al suono della scarana, il ritorno seratino imposto dal Governatore, benché io sia ospite qui in questo borgo, grazie a Voi, del Vostro amabilissimo amico il Signor Marchese Tarquinio Santacroce. Non avendo molto da fare e, soprattutto, non potendo dipingere per non destare sospetti, mi ingegno ad osservare i comportamenti di questa popolazione. Qui, dentro le Mura del Feudo, la gente è costantemente dedita alle faccende quotidiane. Gli abitanti, ogni giorno, sono anche impegnati ad affrontare una infinità di scale. Qui asini, muli ed esseri umani, sempre carichi di pesi d’ogni genere, salgono e scendono scalini di pietra: una sola strada e una sola piazza s’estendono in piano. Questo è un paese interamente abbarbicato sulla roccia della collina. Sotto la Loja, ovvero sotto la loggia in piazza, ogni venerdì del mese, i macellai sgozzano quegli animali che hanno acquistato giù nella piana, al mercato delle Quattrostrade, le cui carni espongono appese a ganci di ferro. Chi invece vive fuori le mura, lontano dalle Torri Fortilizie, sono quelli del Castello di Monte Cacume, su un territorio scosceso, e quelli della campagna disseminati fino alla sponda del Fiume Sacco, in pianura. Questi, per lo più, si occupano di capre, di pecore, di mucche, ma soprattutto di asini e muli; dei campi d’ulivo, dei fichi, delle prugne e della vite. E producono una infinità di caciotte, ricotte e caci vari. Posseggono oche e galline. Gli uomini incidono il legno della mobilia e delle madie, il rame delle conche e il peltro delle brocche; le donne lavano panni, preparano scife di ortaggi, per lo più pomodori, conserva, bucce di meloni, da essiccare al sole oppure teglie di patate, zucche, cipolle e peperoni da cuocere al forno con carni e zazzicchie, impastano semole, farine e uova per preparar sagne, maccaruni, fini fini o ciambelle e giglietti; raccolgono fascine da ardere nei camini, castagne, da cui ricavano caldarroste e farina per la castagnaccia, lavorano al tombolo. I ragazzi, con candelotti di moccio al naso e a piedi scalzi, giocano in piazza alle pippidille, le ragazze alla campana. Gli anziani si sfidano alle carte, ai dadi, a ‘padrone e sotto’ nelle osterie mentre i giovani, divisi in fazioni, assistono. Poi c’è chi si dedica all’abbrucio della legna nelle carbonare, alla fusione delle pietre di calcare nelle calocare, alla raccolta delle olive e delle uve per ricavarne olio salutare e vino per l’acquata, alla mietitura del grano per la produzione di farine al Mulino Baronale. Tutti, armati di cesti, vanno alla ricerca di funghi porcini, di mazze di tamburo e di ovuli, ma anche di cardi e di ciclamini negli sconfinati boschi di castagni, di orchidee e di una specie di garofani fra le rocce, sempre impegnati, comunque, nel pascolo e nel legnatico. E tutti frequentano le chiese, da quella di San Pietro a quella della Madonna della Pace a quella di San Giovanni, tutte più o meno spettacolari come quelle di Roma. Pur tuttavia, dentro questo borgo chiuso, su questo colle in vista della Campania, la sensazione che ho, è quella del carcere; anche se qui non ho da convivere con attaccabrighe, zingari, criminali o plebe di campagna, ma mi trovo accanto a gente semplice, dignitosa e soprattutto pacifica, gente di chiesa, dedita alle processioni, profondamente devota a San Rocco e alla Vergine Maria. Credo, purtuttavia, sia giunta già l’ora che abbandoni questi luoghi. Magari oggi stesso! Ho appena conosciuto un mercante che sarebbe disposto ad accompagnarmi fin sul Mar Tirreno, in quel di Terracina, perché possa affidarmi alla barca d’un pescatore, diretta a Napoli. E poi, in ogni caso, ritengo sia necessario che io, comunque, mi trasferisca altrove, in quanto qui c’è già chi mi guarda con sospetto, che mi scruta come un rifugiato con la coscienza sporca, come un falso bordone; insomma, qui c’è chi potrebbe denunciarmi alla Guardie del Papa, magari solo ipotizzando di poter riscuotere, in seguito ad un Bando Capitale, una eventuale taglia che potrebbe pendere sulla mia testa. Anche perché sento voci, sempre più insistenti, a favore del Pontefice contra gli Spagnoli, malgrado che, un tempo, questa gente ricevette la scomunica di Bonofacio VIII e, sento dire ancora, che i privilegi ecclesiastici, di cui gode la Vostra Nobile Famiglia, sono utilizzati in modo scellerato e spregiudicato: accusano, insomma, Vostra Signoria Eccellentissima di continuare ad esercitare il Suo potere su queste terre, come quello d’assegnare alli benefici chi più aggrada a Vostra Signoria e qualche volta addirittura alli forestieri, anteponendoli alli patricani, a soddisfazione di qualche servizio che avranno prestato, anche se in opposizione alla volontà dei Vescovi diocesani e tacitando, in certi casi, perfino i Santacroce, creando così disturbi e risse, malgrado la proverbiale tranquillità e discrezione di questi cittadini, tutti con le cioce ai piedi e le donne con i fazzolettoni, attorcigliati a ciambella, in capo, dove sopra usano portare conche o ceste contenenti di tutto, dalla prune marce pu’ gli porco, ai figli neonati. Allora, prima che qualcuno mi denunci alle guardie pontificie per avermi ben identificato, sarà bene che fugga via, anche se qui l’acqua è speciale e puoi berla direttamente dal surriglio, come pure il pane, ottimo appena sfornato, ma buono anche se conservato nella madia. E che dire delle teglie ancora calde ricolme di ogni ben di Dio, dal pasto, al postpasto, al companatico! Ma sarà meglio che abbandoni certi pensieri … Il Vostro parentato, la Famiglia Carafa a Napoli, come m’avete già assicurato, non farà certo difficoltà ad ospitarmi. Vi ringrazio per aver messo in atto varie strategie, grazie anche alla collaborazione degli altri componenti della Vostra Famiglia che hanno benanche testimoniato la mia presenza in altre città d’Italia, facendo così perdere le mie tracce, depistando, insomma, chi mi sta inseguendo. Non dimenticherò mai quanto avete fatto e quanto state facendo per me. Vi avrò sempre nel cuore. In questo momento, in istrada s’odono voci di ragazzi che diffondono per le vie e per le scale del paese, un bando cantilenato, dopo aver agitato una piccola campana appesa ad una croce. Ripetono, come una litania: “Madri i padri, mannate i vostri figli a la Cuttrina a rènna conto a Dio!” Addio, mio Principe Signore! Vostro devotissimo per sempre. Michel Angiolo Merisi. (Buio).



Filuccio & Fattacci fanno tappa a Patrica (FR), e nel tardo pomeriggio di sabato 8 agosto, alle ore 18, inizieranno la loro consueta ma sempre diversa performance musicale. Questa volta, sotto la direzione di Alberto Macchi, verrà proposto un omaggio a Patrica attraverso la lettura di una epistola di Caravaggio indirizzata al Principe Filippo I Colonna durante una delle sue innumerevoli fughe dai "birri". Musica, teatro e atmosfere genuinamente romane e napoletane. Ovviamente, venite numerosi, perché più semo mejo stamo! (Raffaele Risoli)




 


Spettacolo musicale

“Canzoni e Caravaggio a Patrica”

Patrica (Fr) Sabato 8 agosto 2020, alle ore 18,00

 

NOTA DI REGIA

 

Insieme all’esecuzione di musiche e canzoni romane e napoletane da parte del Gruppo “Filuccio e Fattacci” di Roma, saranno lette in maniera drammatizzata, due brevi scene scritte e dirette da Alberto Macchi.

La prima è interpretata da Isabella de Paz, nel ruolo della Marchesa Costanza Colonna, la seconda da Raffaele Filuccio Risoli che assumerà il ruolo di Caravaggio.

Questo percorso di prosa e musicale vuol rappresentare l’itinerario che il pittore Michelangelo Merisi detto Caravaggio realmente fece da Roma a Napoli.

La prima scena riassume e rievoca la vita del pittore e il suoi rapporti con la Famiglia Colonna, in particolare con Filippo I.

La seconda scena è costituita, invece, da una breve lettera immaginaria del Merisi, scritta da Patrica (dove, in verità, nessun documento afferma che qui egli abbia sostato!) ai Colonna, suoi protettori, per tenerli informati circa i suoi spostamenti nei vari possedimenti dove, di volta in volta, egli viene da loro ospitato o in quelli di famiglie a loro imparentate o amiche, come i Carafa, i Santacroce o i Tomacelli.

Caravaggio, che deve viaggiare in incognita, sotto falso nome, per aver ucciso a Roma Ranuccio Tommasoni, è inseguito dalle guardie papali giacché pesa sulla sua testa la pena capitale. Fuggito da Roma, risulta, infatti, che si sia già rifugiato a Marino, Zagarolo, a Palestrina e a Paliano, diretto verso Napoli, città per lui più sicura in quanto fuori dalla giurisdizione dello Stato Pontificio”. Vedi blog “Patrica” al link: https://alberto-macchi.blogspot.com/2015/02/patrica-paradiso-dei-poeti-dei-filosofi.html

Buon divertimento.

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- REPLICA: Giovedì 12 agosto 2021 alle ore 21,00 Patrica Piazza Vittorio Emanuele II --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Alberto Macchi

https://www.controluce.it/notizie/canzoni-e-caravaggio-a-patrica/




15.11.16 - 0.550

15.04.17 - 2.135
01.05.18 - 2.510
01.08.18 - 3.000
15.10.18 - 3.075
15.11.18 - 3.100
01.01.19 - 3.130
01.01.20 - 3.385
10.08.20 - 3580

NOTA DI REGIA Insieme all’esecuzione di musiche e alle canzoni romane e napoletane interpretate da dal Gruppo “Filuccio e Fattacci” di Roma, saranno lette due brevi introduzioni da Aldo Conti e Tatiana De Alexandris. Questo percorso di prosa e musicale vuol rappresentare l’itinerario che il pittore Michelangelo Merisi detto Caravaggio realmente fece da Roma a Napoli. Il monologo, ovvero la scena centrale, interpretata da Raffaele “Filuccio” Risoli, è costituita da una lettera immaginaria del Merisi, scritta da Patrica (dove, in verità, nessun documento afferma che qui egli abbia mai sostato!) ai Colonna, suoi protettori, per tenerli informati circa i suoi spostamenti nei vari possedimenti dove, di volta in volta, egli viene da loro ospitato o in quelli di famiglie a loro imparentate o amiche, come i Carafa, i Santacroce o i Tomacelli. Caravaggio, che deve viaggiare in incognita, sotto falso nome, per aver ucciso a Roma Ranuccio Tommasoni, è inseguito dalle guardie papali giacché pesa sulla sua testa la pena capitale. Fuggito da Roma, risulta, infatti, che si sia già rifugiato a Marino, Zagarolo, a Palestrina e a Paliano, diretto verso Napoli, città per lui più sicura in quanto fuori dalla giurisdizione dello Stato Pontificio”. Buon divertimento Alberto Macchi
“La mia Notte” e “Ascolta la Ciociaria” Poesie di Libero De Libero con Edoardo Terzo Anna Petrucci al leggio e con il M° Fabio Antonucci alla tastiera Introduzione di Aldo Conti Regia di Alberto Macchi -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Domenica 4 Luglio 2021 alle ore 17,00 Patrica Sala di Palazzo Moretti ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- NOTA DI REGIA Libero De Libero, illustre poeta ermetico del XX secolo, nativo di Fondi, nella Terra di Lavoro, in occasione del 40mo anniversario della sua morte, si racconta, si confessa. Attraverso la poesia “La Mia Notte” egli ci confida il suo amore infinito per Patrica, paese dove è sepolto e dove, da ragazzo è vissuto all’interno d’una famiglia numerosa, nutrito con schiaffi, fette di pane e libri d'ogni specie. Un ragazzo che un giorno scrive una poesia e se ne vergogna più che d'un grosso peccato; che poi, da giovane, ci riprova e se ne vergogna di meno e che invece, da uomo, continua senza porsi più tanti scrupoli. Attraverso la poesia “Ascolta la Ciociaria” ci descrive, poi, l’intera provincia di Frosinone, territorio che adora per i suoi suoni, i suoi colori, i suoi odori, i suoi sapori. Questo Recital o Reading – qualcosa tra il Teatro di Parola e il Teatro Musicale – è una breve Pièce sufficiente però a farci viaggiare nel mondo onirico di una Ciociaria vista con gli occhi di chi ha subito la fascinazione di Patrica e di questa terra tutta. Buon ascolto, Alberto Macchi ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- LIBERO DE LIBERO si racconta e si confessa nel 40mo anniversario della sua morte Testo di Alberto Macchi Sono nato il 10 settembre del 1903 a Fondi: adesso in provincia di Latina, ma allora provincia di Caserta o, più precisamente, nella ‘Terra di Lavoro’. Insomma, sarei campano di nascita! Sono, poi, morto a Roma, a 78 anni, il 4 luglio del 1981 dopo essere diventato un affermato poeta, un critico d'arte e uno scrittore. Vissuto dentro una famiglia numerosa, sono stato un ragazzo nutrito con schiaffi, fette di pane e libri d'ogni specie che, un giorno, scrive una poesia e se ne vergogna più che d'un grosso peccato; che poi, da giovane, ci riprova e se ne vergogna di meno e che invece, da uomo, continua senza porsi più tanti scrupoli. Quando ho compiuto tre anni, la mia famiglia s’è trasferita a Patrica per motivi di lavoro di mio padre. Così, in questo piccolo e ameno paese dall’aspetto d’un presepe, io ho vissuto felicemente tutta la mia infanzia. Raggiunta, poi, l’età scolare, sono stato costretto dai genitori a soggiornare in un convento-seminario a sud di Roma con la promessa, per giunta, di farmi frate: ecco la prova di quanto fosse drammatica la situazione d’un intellettuale italiano sotto una certa latitudine, obbligato a simili scelte. Di quel periodo trascorso in convento, tra sottomissione e spirito ribelle, spavento e rabbia, affanno religioso e desiderio di fuga, ancora oggi, ne potete trovare una lucida e amara testimonianza leggendo il mio romanzo autobiografico dal titolo “Camera oscura”. Il mio migliore noviziato, invece, è stato durante tutto il periodo degli studi classici, tra Ferentino e Alatri, con letture sistematiche di Dante, di Petrarca e con la scoperta ubriacante dei poeti moderni, a partire da Leopardi fino a Baudelaire. A quest’ambiente solitario, ricco di pollini segreti e di quotidiane visioni, io debbo un'eccezionale vicenda di sentimenti e di pensieri che m'hanno aiutato a diventare uomo. A 24 anni mi sono trasferito a Roma, ufficialmente per frequentare i corsi della facoltà di giurisprudenza; ma in realtà, per uscire dal mondo della provincia da me tanto amato, che però m’era divenuto ormai un po’ troppo stretto. Una volta fuori dal paese, odoroso fantasma, ho incominciato a pubblicare i miei primi racconti sui giornali “Il Popolo” di Roma e su “L'Ambrosiano” di Milano. Ho dato vita, poi, al periodico letterario “L'Interplanetario” con le prestigiose firme di Corrado Alvaro e Massimo Bontempelli e Alberto Moravia e Leonardo Sinisgalli. Il giorno 19 febbraio 1929 Anton Giulio Bragaglia ha rappresentato al Teatro Sperimentale “Gli Indipendenti” di Roma la mia commedia “Frangiallo” che ha fatto scandalo, ma che alla fine è stata per me un'esperienza estremamente importante ed emozionante. Mentre frequentavo in città il Caffè Aragno, insieme a Vincenzo Cardarelli e Francesco Trombadori, dal 1928 al 1934, ho partecipato alla Scuola Pittorica Romana di Via Cavour lavorando a fianco al pittore Mario Mafai e al poeta Giuseppe Ungaretti. Prima di concludere gli studi ho introdotto in questa scuola il mio compaesano Domenico Purificato, allora appena diciottenne. Entrato, poi, nell'ambiente degli artisti romani – che darà inizio, per me, alla grande stagione dell'amicizia – ho incominciato a collaborare con “Italia Letteraria”, la rivista diretta da Curzio Malaparte. Dal 1935 al 1938 ho, quindi, diretto, sempre a Roma, la Galleria “La Cometa”, fondata dalla Contessa Anna Letizia Pecci Blunt, la ricca mecenate, nel cui salotto accoglieva, allora, i più illustri amanti dell’arte, della musica e della letteratura. Ho inaugurato quella galleria – che era sita nella Piazzetta di Tor de' Specchi, proprio a fianco a Palazzo Pecci in Piazza dell’Ara Coeli – con una mostra di disegni di Corrado Cagli, il giorno 15 aprile 1935. Successivamente vi hanno esposto Tosi, Manzù, Ziveri, Melli, fino a Carlo Levi. Nonostante le numerose difficoltà incontrate, ho proseguito mettendo in moto una moltitudine di attività, come Mostre d'Arte (Afro, De Chirico, Guttuso, Manzù, Menzio, Messina, Pirandello, Purificato, Severini, Tosi), Concerti, Conferenze, Pubblicazioni (con interventi di Savinio, Sinisgalli, Landolfi, Bontempelli, Papi, Brandi). Nell'intento, poi, di far conoscere all'estero l'arte italiana, nel dicembre del 1938 son riuscito ad inaugurare una succursale a New York, con il nome di “The Comet Gallery”; e avrei aperto una succursale anche a Parigi (con, in progetto, le Mostre di Picasso, di Cocteau, di Ensor) se, all’ultimo momento, le cose non fossero precipitate. Intanto avevo già pubblicato la mia prima raccolta poetica “Solstizio” nella Rivista “Quaderni” diretta da Ungaretti. Nel 1941 m’è stata affidata la nomina di Docente di Storia dell'Arte al Liceo Artistico di Roma. Così in estate durante le ferie, spesse volte mi capitava di ritornare a Patrica, quindi di rivedere i miei vecchi amici e d’incontrare persone estremamente gradevoli come il Generale Bufalini e in special modo la Signora Clorinda Sottili Macchi, figlia di Paolina Simoni, sorella di Urbano Simoni, Sindaco di Patrica, e sorella di Carolina Simoni moglie di uno dei fratelli Cimini titolare della più nota Ditta di Autobus del Lazio dell’epoca, che collegava i principali paesi della Ciociaria con Roma. La Signora Clorinda era diventata mia affezionata amica e ammiratrice da quando io, nella poesia “La mia Notte” avevo definito la Signora Tina Simoni, sua nonna materna, detta ‘Mamma Tina’ come ‘Mammattina vetusta nutrice di garofani’, nota a tutti per la cura che ella aveva nel mantenere sempre floride, appunto, alcune piante di garofani sul suo balcone che s’affacciava sulla via principale del paese e da quando avevo, inoltre, accennato a sua madre Paolina Simoni, figlia di Mamma Tina (la quale era solita lanciare, per gioco, quegli stessi garofani di cui prima ai suoi amici e corteggiatori che passavano in strada sotto quel balcone) all’interno di un’altra mia poesia dal titolo “Ascolta la Ciociaria”, con la strofa ‘stavolta Circe si chiama Paolina che butta garofani ai suoi compari’. Con la Signora Clorinda spesso mi capitava di discorre piacevolmente di vari argomenti durante le passeggiate che facevamo insieme la mattina lungo la strada per il camposanto. Era una donna molto colta. S’era diplomata, a Roma, in Studi Professionali d’Arte al Regio Istituto di Via Panisperna, lo stesso istituto che a quel tempo ospitava Enrico Fermi e Majorana, costoro, però, studenti presso il Dipartimento di Fisica. Nel 1956, in occasione d’una mia presenza alla VII Quadriennale di Roma presso il Palazzo delle Esposizioni in Via Nazionale, ho incontrato Mario Dell’Agata, una mia vecchia conoscenza, persona eclettica, che lì esponeva. In quella circostanza, ai miei compagni che, curiosi, mi chiedevano un parere su questo nuovo artista appena venuto alla ribalta, ricordo, io rispondevo che costui, per me, era già ‘un personaggio che non avrebbe mai fatto una cosa banale’. La sua affermazione nel mondo della pittura, infatti, più tardi, mi ha dato ragione. L’avevo incontrato ben 20 anni prima, nel 1934, al Caffè Aragno, insieme ai suoi tre colleghi di lavoro, i noti intellettuali Lionello Leonardi, Franco Ciliberti e Zef Schirò, quando egli, a quel tempo, insegnava Matematica ed era Aiuto Vice Rettore presso il Collegio “Principe di Piemonte” nella città di Anagni. Per concludere devo dire che quando ho parlato della Ciociaria – colto dalla ribellione e dalla pietà, dalle emozioni e dalle immagini – ho coniato espressioni e versi come: O mia patria decorata di scheletri, Storia funesta, oppure Povera figlia dei monti, povera madre dei fiumi, il tuo passato è una rosa appassita. E devo dire, che miei, infine, sono i racconti e i romanzi, “Malumore”, “Il guanto nero”, “Racconti alla finestra”, “Amore e morte”, “Camera oscura”. Insomma credo di aver lasciato ai posteri opere per tutti i gusti: Poesia (con la raccolta di versi “Di brace in brace” ho vinto il ‘Premio Viareggio 1971’!), Prosa, Critica Letteraria, Critica d'Arte, Drammaturgia, Traduzioni. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- REPLICA DELLO SPETTACOLO "CANZONI E CARAVAGGIO A PATRICA"
DEBUTTO A PATRICA DELLO SPETTACOLO "CANZONI E CARAVAGGIO A PATRICA" - ANNO 2020 Aldo Conti 10 ag, 2020· Un po’ del Caravaggio e un po’ di Patrica grazie al drammaturgo e regista ALBERTO MACCHI... da leggere tutta. MICHELANGELO MERISI (Milano 29/9/1571 – Porto Ercole 18/7/1610), detto CARAVAGGIO, è un pittore che si forma tra Milano e Venezia e che è attivo a Roma, Napoli, Malta e in Sicilia tra gli anni 1593 e 1610. Per aver ucciso RANUCCIO TOMASSONI DA TERNI è condannato dal Papa alla morte capitale, per cui fugge da Roma e, grazie alla protezione del Principe FILIPPO I COLONNA che gli offre asilo all'interno dei suoi Feudi di Marino, Palestrina, Zagarolo, Paliano, … fino a Napoli, riesce a far perdere le sue tracce. Il Nobile Romano mette in atto anche una serie di depistaggi, grazie anche alla collaborazione degli altri componenti della sua Famiglia, i quali vanno comunicando la presenza del Pittore in diverse Città d’Italia, disorientando così le Guardie Papali che lo stanno ricercando dovunque. Ecco, qui di seguito, una scena allegata a “L’Uomo Caravaggio” di Alberto Macchi, il testo teatrale pubblicato a Roma dalla Casa Editrice AETAS nel 1995 e messo in scena in Italia e in Europa. “Questa scena aggiunta”, specifica l’autore, è costituita da una lettera immaginaria di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, scritta da Patrica (dove, in verità, nessun documento afferma che qui egli abbia sostato!) ai Colonna, suoi protettori, per tenerli informati circa i suoi spostamenti nei vari possedimenti dove, di volta in volta, è da loro ospitato o in quelli di famiglie a loro imparentate o amiche, come i Carafa, i Santacroce o i Tomacelli. Caravaggio, che deve viaggiare in incognita, sotto falso nome, per aver ucciso a Roma Ranuccio Tommasoni, è inseguito dalle guardie papali giacché pesa sulla sua testa la pena capitale. Fuggito da Roma, risulta che si sia già rifugiato a Marino, Zagarolo, a Palestrina, a Paliano; quindi s’è diretto verso Napoli, città per lui più sicura in quanto fuori dalla giurisdizione dello Stato Pontificio”.

Scena: LETTERA

Patrica, anno 1607. Caravaggio, seduto ad un tavolo, a lume di candela, con una pergamena in mano, sta rileggendo a bassa voce, tra sé e sé, una lettera appena scritta a Filippo Colonna suo protettore. Il pittore s’è qui rifugiato in incognita, sotto la protezione di Tarquinio Santacroce, padrone di questo feudo, su richiesta dei Colonna famiglia amica. Infatti Caravaggio è rincorso dalle guardie papali per aver ucciso, durante una partita alla pallacorda, Ranuccio Tommasoni da Terni, condannato dal Papa alla pena capitale, fugge da Roma e, di paese in paese, si dirige verso Napoli, oltre i confini dello Stato Pontificio. In Ciociaria, dopo Paliano, potrebbe aver fatto sosta a Patrica.

BAGLIONE: (Entra dalla quinta in fondo a sinistra e legge) Michelagnolo fuggì da Roma diretto a Napoli – città per lui più sicura in quanto fuori dalla giurisdizione dello Stato Pontificio – durante il percorso, andò a rifugiarsi, dietro suggerimento dei Colonna suoi protettori, presso i loro feudi e presso quelli dei loro dei loro amici che incontrava durante il percorso, ovvero in paesi come Marino, Zagarolo e Palestrina, ove qui dipinse una Maddalena. Sostò a Paliano e successivamente, magari, chissà, a Patrica (dove nessun documento afferma che qui egli abbia sostato!), da dove potrebbe aver scritto al Principe Filippo I Colonna, certamente il suo protettore più fedele, la seguente lettera: È l’Anno Domini 1607.

 

CARAVAGGIO: (Seduto ad un tavolo, sta rileggendo, tra sé e sé) Patrica, anno 1606. Eminentissimo Principe Filippo Colonna, ho lasciato ormai da qualche giorno, anche questa volta in incognita, sotto le spoglie d’un pellegrino, la residenza della Vostra Famiglia a Paliano. Confortato, durante il soggiorno colà, dalla Vostra adorabile Sposa, Madama Lucrezia Tomacelli e, come da Vostra indicazione, mi son traferito attraverso la Strada Consolare Latina, nel prossimo paese più a sud, sempre in direzione Napoli. Ecco che ora, pertanto, Vi sto scrivendo da Patrica fra i Monti Lepini, sotto Cacume, la montagna delle orchidee, menzionata, ahimè! finanche, da Dante Alighieri nel IV Canto del suo Purgatorio. Qui, a Patrica, in questo sito ameno, d’una quiete infinita, che dovrebbe ispirare pace e serenità, sono sì come immerso tra i silenzi più profondi, ma da dentro di me invece affiora soltanto amarezza. Infatti mi ripeto nella mente: “Chi avrebbe mai pensato che un giorno mi sarei ritrovato in un simile garbuglio per una lite, io che di liti ne ho affrontate, d’ogni genere, ogni giorno!” E son già fortunato ché son sotto la protezione di Vostra Signoria e della Vostra Nobilissima Famiglia, Casa Colonna, di parte imperiale – che, come me, sta con gli Spagnoli contra i Francesi e ‘l Papato – in questa Universitas di Patrica, oggi dominata dai Nobili Santacroce, ma che fu Feudo della Vostra Casata come parte del sistema difensivo nella Giurisdizione del Regno dei Papi. Et avegna che nel vivere esiliato in questa terra murata, dove ho da affrontare, come tutti qui, ogni giorno, le guardie alle porte dei bastioni, Guardie del Marchesato, ma pur sempre birri; e rispettare scrupolosamente, al suono della scarana, il ritorno seratino imposto dal Governatore, benché io sia ospite qui in questo borgo, grazie a Voi, del Vostro amabilissimo amico il Signor Marchese Tarquinio Santacroce. Non avendo molto da fare e, soprattutto, non potendo dipingere per non destare sospetti, mi ingegno ad osservare i comportamenti di questa popolazione. Qui, dentro le Mura del Feudo, la gente è costantemente dedita alle faccende quotidiane. Gli abitanti, ogni giorno, sono anche impegnati ad affrontare una infinità di scale. Qui asini, muli ed esseri umani, sempre carichi di pesi d’ogni genere, salgono e scendono scalini di pietra: una sola strada e una sola piazza s’estendono in piano. Questo è un paese interamente abbarbicato sulla roccia della collina. Sotto la Loja, ovvero sotto la loggia in piazza, ogni venerdì del mese, i macellai sgozzano quegli animali che hanno acquistato giù nella piana, al mercato delle Quattrostrade, le cui carni espongono appese a ganci di ferro. Chi invece vive fuori le mura, lontano dalle Torri Fortilizie, sono quelli del Castello di Monte Cacume, su un territorio scosceso, e quelli della campagna disseminati fino alla sponda del Fiume Sacco, in pianura. Questi, per lo più, si occupano di capre, di pecore, di mucche, ma soprattutto di asini e muli; dei campi d’ulivo, dei fichi, delle prugne e della vite. E producono una infinità di caciotte, ricotte e caci vari. Posseggono oche e galline. Gli uomini incidono il legno della mobilia e delle madie, il rame delle conche e il peltro delle brocche; le donne lavano panni, preparano scife di ortaggi, per lo più pomodori, conserva, bucce di meloni, da essiccare al sole oppure teglie di patate, zucche, cipolle e peperoni da cuocere al forno con carni e zazzicchie, impastano semole, farine e uova per preparar sagne, maccaruni, fini fini o ciambelle e giglietti; raccolgono fascine da ardere nei camini, castagne, da cui ricavano caldarroste e farina per la castagnaccia, lavorano al tombolo. I ragazzi, con candelotti di moccio al naso e a piedi scalzi, giocano in piazza alle pippidille, le ragazze alla campana. Gli anziani si sfidano alle carte, ai dadi, a ‘padrone e sotto’ nelle osterie mentre i giovani, divisi in fazioni, assistono. Poi c’è chi si dedica all’abbrucio della legna nelle carbonare, alla fusione delle pietre di calcare nelle calocare, alla raccolta delle olive e delle uve per ricavarne olio salutare e vino per l’acquata, alla mietitura del grano per la produzione di farine al Mulino Baronale. Tutti, armati di cesti, vanno alla ricerca di funghi porcini, di mazze di tamburo e di ovuli, ma anche di cardi e di ciclamini negli sconfinati boschi di castagni, di orchidee e di una specie di garofani fra le rocce, sempre impegnati, comunque, nel pascolo e nel legnatico. E tutti frequentano le chiese, da quella di San Pietro a quella della Madonna della Pace a quella di San Giovanni, tutte più o meno spettacolari come quelle di Roma. Pur tuttavia, dentro questo borgo chiuso, su questo colle in vista della Campania, la sensazione che ho, è quella del carcere; anche se qui non ho da convivere con attaccabrighe, zingari, criminali o plebe di campagna, ma mi trovo accanto a gente semplice, dignitosa e soprattutto pacifica, gente di chiesa, dedita alle processioni, profondamente devota a San Rocco e alla Vergine Maria. Credo, purtuttavia, sia giunta già l’ora che abbandoni questi luoghi. Magari oggi stesso! Ho appena conosciuto un mercante che sarebbe disposto ad accompagnarmi fin sul Mar Tirreno, in quel di Terracina, perché possa affidarmi alla barca d’un pescatore, diretta a Napoli. E poi, in ogni caso, ritengo sia necessario che io, comunque, mi trasferisca altrove, in quanto qui c’è già chi mi guarda con sospetto, che mi scruta come un rifugiato con la coscienza sporca, come un falso bordone; insomma, qui c’è chi potrebbe denunciarmi alla Guardie del Papa, magari solo ipotizzando di poter riscuotere, in seguito ad un Bando Capitale, una eventuale taglia che potrebbe pendere sulla mia testa. Anche perché sento voci, sempre più insistenti, a favore del Pontefice contra gli Spagnoli, malgrado che, un tempo, questa gente ricevette la scomunica di Bonofacio VIII e, sento dire ancora, che i privilegi ecclesiastici, di cui gode la Vostra Nobile Famiglia, sono utilizzati in modo scellerato e spregiudicato: accusano, insomma, Vostra Signoria Eccellentissima di continuare ad esercitare il Suo potere su queste terre, come quello d’assegnare alli benefici chi più aggrada a Vostra Signoria e qualche volta addirittura alli forestieri, anteponendoli alli patricani, a soddisfazione di qualche servizio che avranno prestato, anche se in opposizione alla volontà dei Vescovi diocesani e tacitando, in certi casi, perfino i Santacroce, creando così disturbi e risse, malgrado la proverbiale tranquillità e discrezione di questi cittadini, tutti con le cioce ai piedi e le donne con i fazzolettoni, attorcigliati a ciambella, in capo, dove sopra usano portare conche o ceste contenenti di tutto, dalla prune marce pu’ gli porco, ai figli neonati. Allora, prima che qualcuno mi denunci alle guardie pontificie per avermi ben identificato, sarà bene che fugga via, anche se qui l’acqua è speciale e puoi berla direttamente dal surriglio, come pure il pane, ottimo appena sfornato, ma buono anche se conservato nella madia. E che dire delle teglie ancora calde ricolme di ogni ben di Dio, dal pasto, al postpasto, al companatico! Ma sarà meglio che abbandoni certi pensieri … Il Vostro parentato, la Famiglia Carafa a Napoli, come m’avete già assicurato, non farà certo difficoltà ad ospitarmi. Vi ringrazio per aver messo in atto varie strategie, grazie anche alla collaborazione degli altri componenti della Vostra Famiglia che hanno benanche testimoniato la mia presenza in altre città d’Italia, facendo così perdere le mie tracce, depistando, insomma, chi mi sta inseguendo. Non dimenticherò mai quanto avete fatto e quanto state facendo per me. Vi avrò sempre nel cuore. In questo momento, in istrada s’odono voci di ragazzi che diffondono per le vie e per le scale del paese, un bando cantilenato, dopo aver agitato una piccola campana appesa ad una croce. Ripetono, come una litania: “Madri i padri, mannate i vostri figli a la Cuttrina a rènna conto a Dio!” Addio, mio Principe Signore! Vostro devotissimo per sempre. Michel Angiolo Merisi. (Buio).


Commenti: 

Maria Teresa Que comenten historia del pasado de Patrica!!! Maria Teresa Muy lindo lo qué escribieron Tarquinio Tolassi.

Che fantasia Alberto! Magari fossero realmente successi questi accadimenti a Patrica, lo vorremmo tutti! 

Aldo Conti credere che quanto descritto da Alberto possa realmente essere accaduto non costa nulla. Eventualmente anche il contrario bisognerebbe dimostrarlo!😁 Erin Del Greco Lo adoro, grazie per la condivisione.
REPLICA A PATRICA DELLO SPETTACOLO "CANZONI E CARAVAGGIO A PATRICA" - ANNO 2021
NICCOLA TROMBETTA di Patrica nel Lazio, di anni 69, reo di omicidio con animo deliberato in persona del caffettiere di Maenza con furto qualificato; «condannato alla morte» il giorno 12 agosto 1845 in Maenza suddetta. (Mastro Titta, Memorie d’un Boia, 2009) La Gazzetta d’Augusta, in data 31 dicembre 1854 riporta: Ecco la lista, giunta da Roma, dei mandati d’arresto emanata ieri in cui, tra gli altri, viene denunziato alla polizia uno di Patrica presso Roma, colpevole di “Omicidio Barbaro”. (Italia e Popolo: Giornale Politico, Genova 1854, n. 1, anno IX, pag, 63) Nel 1789, mentre Patrica iniziava a onorare San Rocco con feste e cerimonie, inclusa la distribuzione di chiambelle e pane ai suoi abitanti; mentre nelle campagne intorno a Parigi, durante la Rivoluzione Francese, cresceva la ‘Grande Paura’ per l’assalto dei briganti e mentre nelle campagne a sud di Roma scaturivano i Moti Rivoluzionari, molte ragazze-madri, in Italia, troppo spesso, già da tempo, si vedevano costrette ad abbandonare le loro creature appena nate, senza neppure lasciare un biglietto scritto indirizzato al parroco, nella bussola di una chiesa, confortate dalla certezza che quelle pover’anime dopo essere accolte, verranno affidate all’Ospedale di Santo Spirito in Sassia a Roma, la più grande istituzione caritatevole, di accoglienza, del tempo, una donna di Patrica, invece, proprio nel febbraio del 1789 – è stata una delle poche che ha scelto di scrivere direttamente al Commissario di quell'Ospedale a Roma senza passare dal parroco del suo paese. Ha chiesto che sua figlia venga accolta, giacché teme, in caso contrario, per la sua stessa vita; e quindi ha dichiarato letteralmente: «Ho dato alla luce una fanciulla con illegitimo coito non avendo io un marito, la quale – per timore di non essere ammazzata da miei parenti – mando a nutrire per ora a Santo Spirito, con animo di riprendermela, quando avrò sedate le mie cose» (Quaderni storici, Edizione 121, Bologna 2006, pag. 115) Con i conti Spezza, famiglia di antica e nobile origine spagnola, nota fin dal XIV secolo, il Palazzo conobbe una nuova fase evolutiva: in particolare, nel XVIII secolo Nicola Spezza, investito da Federico Colonna di particolari privilegi, esenzioni e prerogative nel marchesato di Patrica, dette inizio alla costruzione della cosiddetta “ala nuova” la quale stravolse il progetto originario, donando al Palazzo l’elegante aspetto attuale Sempre al medesimo periodo risalgono la costruzione del cosiddetto “Palazzetto”, i lavori di sistemazione del giardino pensile all’italiana e la sistemazione del “cortile d’onore” del Palazzo con la creazione del magnifico “ninfeo” d’ispirazione francese, che designa l’ingresso al giardino. Palazzo Colonna sorge in località Tomacella ed è prospiciente il fiume Sacco, in un luogo strategico poiché lì era posto l’unico passaggio sul fiume sorvegliato da una torre già esistente nel Trecento. Attorno a questa costruzione agli inizi del Seicento, Filippo Colonna fece costruire un palazzo in onore della moglie Lucrezia Tomacelli. I lavori settecenteschi sono stati diretti dall’arch.Domenico Schiera ma l’edificio, oltre che residenza rurale dei Colonna fino ai recenti anni sessanta, è stato utilizzato soprattutto come centro della vasta azienda signorile. La costruzione sorge davanti al fiume, sopra una balza tufacea tagliata per rendere più arduo il passaggio del fiume. Attorno, su tre lati, il tufo è stato tagliato per fare un fossato, scavalcato da un ponte in pietra là dove è stato costruito l’ingresso principale caratterizzato da un grande portale. Da questo si entra nel palazzo e si arriva nel cortile che ha il prospetto frontale costruito come un atrio a doppia scalea. Dal cortile si accede ai numerosi locali, già scuderie e, più recentemente, usati come stalle dell’azienda Colonna. Il piano nobile è costituito da una lunga fila di saloni, due dei quali occupano in altezza due piani. Alla base della torre è stato ricavato un ambiente che sembra essere stato destinato a cappella domestica. Poche le decorazioni, per lo più costituite da grandi fasce rosse, qualche stucco ed elementi architettonici. Al di sopra del palazzo svetta la torre che ha sembianze settecentesche» 3832 - 01.01.22
MONTE CACUME, LA MONTAGNA DEL PURGATORIO DI DANTE ALIGHIERI
MECCANISMO OROLOGIO SUL MUNICIPIO (Foto da Aldo Conti)
“Madonna con Bambino in trono, Santa Lucia e Santa Apollonia”, dipinto del 1890 di Salvatore Nobili nella Chiesa della Madonna della Pace a Patrica. Foto di Anna Petrucci VIDEO https://www.youtube.com/watch?v=ojCsHwhpzXs






















CARAVAGGIO E PATRICA

(con Claudio Strinati e Francesca Ceci)